Corriere della Sera, 3 settembre 2022
Kirchner rischia una condanna a 12 anni per corruzione
«Se nascessi 20 volte, 20 volte farei la stessa cosa». Con i suoi capelli rossi, il trucco pesante, la voce infuocata, Cristina Fernández de Kirchner si difende e contrattacca per due ore, punta il dito verso la telecamera e sbotta: «Questo non è un processo contro di me, è un processo al peronismo». Una settimana fa, la vicepresidente dell’Argentina era apparsa così su tutti i social network. Furiosa con il pubblico ministero che ha chiesto di condannarla a 12 anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per i reati di associazione illecita e amministrazione fraudolenta. Una «persecuzione giudiziaria», secondo lei: «Vogliono vendicarsi. 12 sono gli anni del miglior governo che l’Argentina ha avuto negli ultimi decenni. Ecco perché mi condanneranno». Ci sono persone che o le ami o le odi. Cristina de Kirchner – ex presidente, vedova di presidente ed aspirante futura presidente dell’Argentina, per la terza volta – è una di queste. Da giorni fuori dalla sua casa, a Buenos Aires, una folla tifa per lei e contro il pm Diego Luciani. Giovedì, però, tra loro c’era un killer. D’altronde alcuni politici dell’opposizione estrema sono arrivati a chiedere la reintroduzione della condanna a morte per la «zarina» peronista.
L’avvocato «CFK», soprannome dalle sue iniziali, è donna di potere, uno dei politici piu influenti della storia dell’Argentina. La piu amata e odiata «mujer» del Paese, dopo Evita naturalmente. È stata la prima e per ora unica presidente eletta democraticamente – Isabelita si autoproclamò – dopo essere stata pure «primera dama». Si dice che dietro ogni uomo forte, ci sia una compagna altrettanto forte. In Argentina lo conferma la storia delle mogli di Juan Domingo Perón. Cristina, consorte del mite ex presidente Néstor Kirchner (2003-2007), conosciuto sui banchi dell’università, è andata oltre: ha dimostrato che si può essere molto più in gamba del marito, e riscuotere il consenso popolare oltre ad ereditare il «trono». Dopo una lunga carriera al Senato e alla Camera nelle fila del Partito Giustizialista (peronista), è stata eletta capo di Stato, nel 2007, quando Néstor ha gettato la spugna, e poi ancora nel 2011. Durante la sua presidenza, si è scontrata più volte con la lobby degli agricoltori e ha introdotto riforme sociali importanti, come i matrimoni gay.
Dal 2019 è la numero due e la spina nel fianco dell’attuale presidente Alberto Fernández, un leader non troppo carismatico che si è trovato a navigare nella tempesta del Covid e di una pesante crisi economica con una vice in tacco 12 sempre pronta a punzecchiarlo da sinistra.
Figura potente e divisiva, «CFK» è per i suoi estimatori una delle politiche più perseguitate dal ritorno della democrazia in Argentina, nel 1983, vittima di innumerevoli attacchi misogini da parte dell’opposizione guidata da Mauricio Macri. Per i suoi detrattori, è una corrotta. Colpevole di aver favorito in passato l’impresa edile di un alleato per gli appalti stradali nella provincia natale di Santa Cruz. La Procura della Repubblica l’accusa di aver frodato assieme al marito Néstor, morto nel 2010, oltre 5,2 miliardi di pesos, più di 39 milioni di euro. Il processo, iniziato nel 2019, dovrebbe arrivare a verdetto a fine anno. E contro di lei sono in corso altri cinque procedimenti giudiziari. I suoi sostenitori paventano quanto successo al «collega» Lula, che ha scontato 580 giorni di carcere per una condanna poi annullata dalla Corte Suprema. In Brasile si vota tra un mese. Lula è favorito, ma quella pistola che non ha sparato a Buenos Aires, nelle mani di un brasiliano, fa paura anche a lui.