Corriere della Sera, 3 settembre 2022
Il gioco dell’oca delle rinnovabili. Otto anni per un via libera
A Civitavecchia il ministero della Cultura si è chiesto se può dare fastidio un impianto eolico in mare a chi sta viaggiando su una nave da crociera e magari vuole godersi l’avvicinamento alla costa prima dell’ingresso in porto. Al Mugello solo ieri la presidenza del Consiglio è riuscita a sbloccare – grazie alla procedura di escalation che permette a Palazzo Chigi di dirimere una controversia tra due ministri che esprimono valutazioni difformi – un parco eolico fermo da anni anche per le proteste dei comitati locali che si opponevano alle pale sul crinale del monte Giogo.
Potremmo chiamarlo il gioco dell’oca delle rinnovabili. In cui spesso si torna alla casella zero se qualcuno dice no. Per approvare un parco eolico o fotovoltaico servono cinque passaggi autorizzativi: 1) la valutazione di impatto ambientale del ministero per la Transizione ecologica; 2) la «via» regionale; 3) la Conferenza dei servizi che mette al tavolo tutti gli enti locali; 4) l’autorizzazione per l’impianto specifico; 5) la licenza di officina elettrica. E poi altri sei passaggi per connetterlo alla rete nazionale di Terna. Tempo medio: sei, sette anni.
Bisogna fare i conti con i territori e la pressione del consenso, che determina un innesco di relazioni e voti. Difficile per un sindaco o un presidente di Regione rivincere le elezioni se approva progetti che i cittadini non vogliono. Eppure, dovrebbero contare solo i requisiti che la natura impone: le mappe dei venti, l’irraggiamento solare, oppure la densità dei pannelli installati in una determinata zona.
Entro giugno il ministero per la Transizione avrebbe dovuto stabilire i criteri con cui le regioni dovranno individuare le aree idonee per realizzare impianti da fonti rinnovabili. Eppure si è ancora fermi. Il governo aveva altre emergenze da gestire, certo, ma Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità futura, invita ad accelerare come sta facendo «la Germania che ha definito che ogni regione per il solo eolico debba destinare il 2% del territorio».
Potenzialmente l’Italia avrebbe 8 milioni di ettari da poter sfruttare. Davide Tabarelli, presidente di Nomisma energia, dice che «sbloccando i 421 progetti eolici e fotovoltaici sottoposti alla valutazione del Mite si realizzerebbero 39 gigawatt di potenza. Quasi 12 miliardi di metri cubi di gas». Di questi, finora ne è stato approvato solo uno. Ieri.