Corriere della Sera, 3 settembre 2022
Berlino guarda a Est
Era evidente dal 24 febbraio scorso: l’invasione russa dell’Ucraina ha aperto una stagione completamente nuova in Europa. Tra le altre cose, ne ha di colpo spostato il baricentro politico verso Est. I governi occidentali della Ue faticano a riconoscere questo slittamento, da sempre inclini a tenere un approccio di sufficienza, spesso prescrittivo, nei confronti dei Paesi che fino a tutti gli Anni Ottanta del Novecento erano costretti nell’orbita dell’Unione Sovietica. La realtà è però più forte delle cattive abitudini.
Il 29 agosto il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha tenuto un discorso che prende atto delle evoluzioni degli scorsi mesi e ne trae qualche conseguenza. Un discorso, all’Univerzita Karlova di Praga, importante per i contenuti e perché viene dal governo del Paese più rilevante d’Europa, quella Germania che oggi deve abbandonare molte delle politiche (che si sono rivelate miopi) portate avanti per 16 anni da Angela Merkel e per i precedenti sette da Gerhard Schröder.
Seppur condotto in tono monocorde, l’intervento praghese di Scholz è un salto di qualità nella posizione tedesca sull’Europa. Mosso dall’urgenza dei tempi e dalla necessità di tracciare «la linea di demarcazione tra questa Europa libera e un’autocrazia imperialista». È adesso – ha sostenuto – che le decisioni devono essere prese e al proposito ha ricordato la frase diventata il simbolo della Rivoluzione di Velluto dell’allora Cecoslovacchia, iniziata dai giovani di Praga la notte del 17 novembre 1989: «Chi, se non noi? Quando, se non ora?». L’idea del cancelliere tedesco è quella di andare adesso, subito verso una «Europa geopolitica», iniziando con il prendere atto dello spostamento degli equilibri nel continente: «Non c’è bisogno di dirlo – ha affermato —. Il centro dell’Europa si sta spostando verso Est».
Non si è trattato di una semplice presa d’atto teorica. Scholz è stato molto concreto su un terreno che non necessariamente riscuoterà applausi in tutte le capitali, Parigi in testa. «Vorrei aggiungere chiaramente che il fatto che la Ue continui a crescere verso Est è un vantaggio per tutti», ha detto. L’allargamento dell’Unione europea dovrà «includere i Paesi dei Balcani occidentali e l’Ucraina. La Moldavia e poi anche la Georgia». Una Ue «con 30 o 36 Stati membri», inevitabilmente diversa da quella di oggi, da adeguare ai tempi e alle sue dimensioni. «Le regole europee – ha aggiunto – possono essere cambiate in fretta, se occorre. Anche i Trattati non sono incastonati nella pietra». Già questo non è poco. Scholz, però, ha anche, finalmente, risposto alla proposta di Emmanuel Macron di creare una Comunità politica europea, di fatto un cerchio esterno alla Ue al quale potrebbero partecipare i Paesi interessati, soprattutto quelli che hanno chiesto l’adesione alla comunità.
I Paesi più esposti
all’aggressività di Mosca sono i suoi ex satelliti, liberati dal Patto di Varsavia
Scholz ha dunque tracciato quella che ha definito «la mia interpretazione della proposta di Macron»: un forum nel quale i capi di Stato e di governo della Ue si incontrano una o due volte l’anno con i partner europei esterni all’Unione per discutere di questioni rilevanti. Ma, ha chiarito, «un tale raggruppamento non è un’alternativa all’imminente processo di allargamento della Ue. In fondo, abbiamo dato ai candidati all’adesione la nostra parola», ai Balcani occidentali vent’anni fa. Se dunque Macron immaginava che la Comunità politica europea potesse essere un parcheggio di lunga sosta per chi vuole aderire alla Ue, ora sa che Berlino ha un’opinione diversa. E lo sanno anche coloro che sono contrari a un ulteriore allargamento della Ue per timore di annacquarla: è la geopolitica a imporre di espandersi a Est, nella lettura di Scholz.
Che il baricentro europeo si fosse inevitabilmente spostato verso Oriente è stato chiaro almeno dall’invasione russa dell’Ucraina. I Paesi più esposti all’aggressività di Mosca sono i suoi ex satelliti, liberati dal Patto di Varsavia dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Inoltre, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania e la stessa Repubblica Ceca sono il primo argine della Ue per frenare la pressione del Cremlino, politica oggi e forse militare domani. Non solo. Questi Paesi, assieme all’Ucraina, avevano ragione ad avvertire continuamente della pericolosità di Vladimir Putin; mentre Berlino, Parigi, Roma e altri avevano torto a negarlo. Avere ragione nell’analisi geopolitica non è poco per i governi, soprattutto di fronte a una potenza aggressiva.
Berlino sembra insomma muoversi e mettere sul tavolo la sua idea di Europa futura. In fondo, non uscita dal nulla. In passato, uno dei padri nobili della Germania post-Guerra Fredda, Wolfgang Schäuble, ha più volte sostenuto che il suo Paese ha una responsabilità e un attaccamento ai Paesi dell’Est europeo maggiori di quelli della Francia. E a chi obiettava che l’unione politica sarebbe impossibile da fare a fronte di un eccesso di allargamento, rispondeva che i Paesi che la vogliono fare possono farla, «ma dobbiamo anche fare attenzione a che non siano solo i grandi Stati a decidere, l’ho imparato da Kohl» (Helmut Kohl, il cancelliere della riunificazione tedesca). E oggi lo impariamo dai governi dell’Est.
Anche l’Italia, quando avrà un governo, potrà forse misurarsi con le idee per l’Europa futura e geopolitica.