La Stampa, 3 settembre 2022
La Chiesa e il potere
Il Concistoro appena concluso avrebbe dovuto essere una grande festa, a cui si è aggiunta la presenza del cardinale Becciu, “quasi” perdonato dalle accuse che gli erano state rivolte, nessuna delle quali ha peraltro resistito alla prova dei fatti. Ma nel Concistoro è mancato qualcosa e qualcosa non da poco. Non c’è stata la discussione promessa, la grande parresia, sulla nuova organizzazione della curia emanata da Francesco. E non c’è stata sia perché il documento è comunque già in vigore (!) sia per la mancanza di un luogo adatto e perché la circostanza di un vero dibattito non era prevista. Le proteste dei cardinali stanno serpeggiando qua e là, e anche se la maggioranza dei cardinali si è limitata a segnalare il suo scontento disertando il pranzo con il papa, c’è chi – come l’arcivescovo Delpini – da lontano ha dato voce al alle sue critiche con un linguaggio assai poco curiale.La grossa novità del documento è la possibilità per i laici – e addirittura, forse, per le donne – di dirigere alcuni ministeri vaticani. Detto in altri termini di occupare ruoli di potere entro l’organizzazione della Santa Sede. Su questo cambiamento c’è una discussione in atto che ha visto posizioni critiche anche da parte di persone di solito favorevoli alle scelte di Francesco, come lo storico Alberto Melloni. Costoro ricordano come quella che oggi può sembrare una clericalizzazione del potere, cioè l’esclusiva attribuzione della facoltà di governo ai vescovi, è stata una scelta risalente al concilio Vaticano II al fine di «spiritualizzare» l’esercizio del governo che, in mano a qualche laico – questo il timore – si poteva più facilmente macchiare di qualche eccesso indebito. Ma a dir la verità l’ininterrotta raffica di scandali e di abusi sessuali messi sotto silenzio dai vescovi sta mostrando una realtà ben diversa: sull’esercizio di governo spiritualmente cristiano da parte dei suddetti vescovi è lecito, infatti, nutrire molti dubbi. Oggi, paradossalmente, la sola speranza di rinnovamento sembra essere, invece, quella che proprio laici dal passato limpido possano venire in aiuto a una Chiesa in forte crisi.La grave crisi di governo che attraversa la chiesa cattolica non è solo dovuta alla clericalizzazione dei ruoli apicali, ma soprattutto da un problema di fondo: il rifiuto di affrontare senza falsi pudori la questione del potere. Ciò accade perché ufficialmente il discorso cattolico sulla Chiesa ha sempre evitato di affrontare il problema del potere al suo interno, preferendo sempre parlare e pensare solo in termini governo e di servizio alla comunità. Senza pensare che anche servire in modo esemplare la propria comunità significherebbe comunque l’esercizio di un potere con i problemi e i pericoli che ciò comporta. Nel linguaggio ecclesiastico la parola potere sembra ricorrere solo nell’espressione «abuso di potere» che oggi accompagna spesso le accuse di abuso sessuale. Quasi a significare che ogni esercizio aperto di potere sarebbe un abuso.Ma naturalmente, mentre nei documenti ufficiali e nel discorso pubblico ecclesiastico sulla Chiesa il potere non esiste, nei discorsi privati, nei conciliaboli, nelle indiscrezioni, il termine potere invece, ritorna continuamente. Il potere viene osservato e misurato con spregiudicatezza e non poche volte con invidia. Viene in aiuto a questo silenzio, senza dubbio venato da ipocrisia, anche il fatto che il potere ecclesiastico presume di essere benevolo per definizione, mostrandosi paternalistico e modesto. «Vedrò quello che si può fare» è la frase più spesso ripetuta, con palese bonarietà, dagli ecclesiastici che hanno potere. E nella Chiesa, per la verità ci sono molte occasioni di potere, a cominciare da quello, se pure modesto, di un parroco. Lo prova del resto la tensione verso la carriera che caratterizza quasi tutti i sacerdoti, di ogni paese e cultura. Naturalmente nessuno parla mai di potere, ma progredire nella carriera significa ovviamente acquisire potere. Anche adesso, per tornare al dibattito in corso sull’ammissione dei laici a posti direttivi del governo della Chiesa, il problema viene posto ufficialmente come pura questione teologica – come del resto nella cultura della Chiesa ogni cosa – mentre si tratta per una parte decisiva di una chiara questione di potere, cioè di concedere ai laici una parte di quel potere oggi in mano solo al clero. Che poi i laici esercitino meglio questo potere è certamente ancora tutto da vedere, e dipenderà anche da come essi verranno scelti o più verosimilmente cooptati. La Chiesa deve ancora fare proprio uno dei capisaldi del pensiero laico sul modo d’essere di qualunque collettività: un potere che rimane nascosto e non detto è per ciò stesso un potere che tenderà a sfuggire a ogni regola e un potere senza regole è inevitabilmente un potere ingiusto.