la Repubblica, 2 settembre 2022
Mille miliardi di export perso
MILANO – Non c’era bisogno della guerra dei russi in Ucraina per ricordare all’Europa che una politica comune per difesa e affari esteri sarebbe opportuna. Non solo a livello strategico e di sicurezza: The European House–Ambrosetti ha stimato anche le ricadute negative, in termini commerciali e industriali, calcolando un costo per “opportunità mancate” che nel solo ultimo decennio arriva a 914 miliardi di euro.
La ricerca sarà tra quelle presentate al 48° Forum annuale a Cernobbio, che inizia oggi e fino a domenica affronterà “Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive”. La ricerca enuclea 12 proposte per arrivare a una difesa comune europea, anche se il conflitto sta dando «una forte accelerazione al processo»: si va dai già sentiti obiettivi di strategia geopolitica comuni alla nomina di un ministro europeo per la politica estera e la difesa, dalla creazione di un comando di forze europeo a una revisione strategica dei rapporti con la Nato, fino alla provocatoria «introduzione di un servizio europeo di difesa popolare continuativo».
L’esigenza del «terzo blocco europeo». Fin dal Dopoguerra si è preparato lo spazio, anzi l’esigenza, di «un terzo potenziale blocco emergente sullo scacchiere», si legge nel rapporto. E già nel 2021, mesi prima del blitz russo del 24 febbraio, avvenimenti come la crisi in Afghanistan e le tensioni ai confini tra Polonia e Bielorussia avevano reso «evidente e inderogabile l’obiettivo di politica estera e difesa unitaria». Un modo, anche economico, di contrapporsi alle due superpotenze Usa e Cina, che dal 2009 si contendono alleanze e spazi con «una serie più o meno lunga di Paesi rispettivamente allineati o impegnati in una partita a sé». Proprio da più incisive relazioni con gli Stati meno “allineati” a Usa e Cina potrebbero venire i maggiori benefici a un’Europa più armonica e concorde. L’analisi di Ambrosetti si sofferma non solo sulle questioni «politiche o di sicurezza», ma anche su quelle «di interesse e crescita economica per l’Unione: sia sotto il profilo industriale sia dal punto di vista dell’espansione internazionale dei mercati europei».Quasi mille miliardi in 10 anni di opportunità perse La base finanziaria della costruzione sono gli investimenti richiesti per rafforzare e unificare il comparto. La ricerca stima tra 72 e 182miliardi di euro l’anno di spese militari extra (e fino a 20 miliardi circa per l’Italia), secondo che si voglia portarle al 2% o al 2,8% del Prodotto interno lordo dei 27 Paesi membri. Ma il tutto potrebbe generare una crescita di Pil fino al doppio, stimata nella forbice tra 115 e 357 miliardi di euro annui secondo l’investimento, e divisa circa in due tra impatto diretto degli investimenti e sull’indotto. Gli effetti sull’occupazione stimati dallo studio sono da un minimo di 556 mila a un massimo di 1,7 milioni posti di lavoro.
C’è un altro elemento, molto più rilevante a giudizio della ricerca: le cosiddette «lost opportunity, in termini commerciali e strategici, dell’assenza di una politica estera comune» in Europa. Il tentativo di calcolo è fatto «analizzando quelle aree di primaria rilevanza dove l’Europa ha sottoperformato nell’ultimo ventennio». Le sole opportunità commerciali perse negli ultimi 10 anni sono stimate in 914 miliardi di euro, di cui 368 – la prima fetta – nella più vicina Africa, ma anche 348 miliardi in Iran e 168 miliardi nel Sud Est asiatico.
In parallelo ci sono poi le mancate opportunità di tipo strategico, che influenzano l’economia e la sicurezza dell’Europa. Neanche il report prova a quantificarle in soldoni, ma redige un elenco di potenzialità. Stando all’Africa, un mercato interno in crescita, ricco di materie prime e con popolazione in grande crescita; per l’Asia Centrale, i settori strategici negli idrocarburi e nelle materie prime; idem per l’Iran, che in più è un potenziale «hub logistico e manifatturiero per tutta l’Eurasia»; per il Sud Est asiatico, infine, le manifatture avanzate e le potenzialità di hub economico e digitale.