Avvenire, 2 settembre 2022
Tornare a scuola a 94 anni
Anche se sono passati 84 anni, Ugo Foa ricorda come fosse ieri la rabbia, il senso di smarrimento e ingiustizia e le lacrime, tante, che versò quando sua madre gli comunicò che, lui e i suoi quattro fratelli, non avrebbero più potuto frequentare la scuola. Aveva voluto fare in un solo anno la quarta e la quinta elementare per entrare subito al ginnasio e, invece, la promulgazione del “Regio decreto legge 5 settembre 1938 n. 1390 per la difesa della razza nella scuola fascista”, gli impediva di coronare il suo sogno: i bambini ebrei dovevano restare fuori dalle aule italiane. Compreso lui, che aveva soltanto 10 anni e proprio non riusciva a capire che cosa mai avesse fatto di tanto grave per meritarsi una simile punizione.
Otto decenni dopo quella vergognosa pagina di storia italiana, per Ugo Foa e altri dieci ex-studenti, oggi tutti ultraottantenni, arriva una sorta di “risarcimento” postumo: lunedì torneranno in classe insieme ai 31 alunni del quarto anno della scuola realizzata da Rondine Cittadella della Pace di Arezzo, durante un evento promosso in collaborazione con l’Ucei, l’Unione delle Comunità ebraiche italiane.
«Ricordo quel giorno come fosse ieri», racconta Ugo Foa, nato a Napoli nel 1928 e residente a Roma dal 1976, padre di tre figli e nonno di 3 nipoti e quattro pronipoti e autore de “Il bambino che non poteva andare a scuola”, uscito nel 2021 per Manni editori. Da trent’anni, questo signore di 94 anni dalla memoria di ferro, gira per le scuole a testimoniare che c’è stato un periodo, in Italia, durante il quale non tutti i cittadini erano uguali e godevano dei medesimi diritti. E tanti sono stati ammazzati nei campi di sterminio. Non potendo frequentare le lezioni, Foa, come altre migliaia di ragazzini dell’epoca, è costretto a prepararsi agli esami da privatista. «Mi rivedo in quest’aula piena di facce sconosciute, mentre firmo il registro dove, accanto al mio nome, c’era scritto “Di razza ebraica”», continua a raccontare il testimone. «A un certo punto – aggiunge – mi sento chiamare: era la presidente della commissione d’esame che, vistomi seduto nei primi banchi, mi intimava di mettermi in fondo, lontano da tutti. Nessuno mi doveva vedere. Poi, la stessa insegnante, mi si avvicinò per sussurrami all’orecchio: “Coraggio, presto passerà”. Tre parole che mi hanno dato coraggio e ancora mi fanno commuovere, anche a distanza di tanto tempo».
A guerra finita, Foa sarebbe andato a cercare quella professoressa, scoprendo che aveva dovuto sostenere quella parte odiosa pur appartenendo a una famiglia convintamente antifascista.
Dopo le Quattro giornate di Napoli, l’insurrezione popolare che, tra il 27 e il 30 settembre 1943 liberò la città dai nazi-fascisti, il piccola Foa poté finalmente tornare a frequentare le lezioni, ritrovando quello che ancora oggi definisce il «profumo della scuola». «Fu un giorno bellissimo, l’inizio di una nuova vita», ricorda il testimone. Che dopo la Maturità Classica nel 1946, si iscrisse a Legge ma dovette quasi subito rinunciare perché col padre prigioniero in Africa, bisognava andare a lavorare per mantenere la numerosa famiglia. Tenuta insieme da mamma Ida, figlia del rabbino di Livorno e morta nel 2002 a 103 anni, di cui oggi sono ancora in vita quattro dei cinque figli. Il più anziano, Mario, emigrato negli Stati Uniti nel 1939, ha 101 anni e vive ad Atlanta. «Ci sentiamo tutte le sere via Skype e, quando ha saputo dell’iniziativa di Rondine, mi ha detto che, se avesse potuto sopportare il viaggio, avrebbe partecipato volentieri, perché anche lui ha subito l’enorme ingiustizia di essere escluso dalla scuola. L’oltraggio più grave per un bambino». A portare avanti questa preziosa opera di testimonianza tra gli studenti italiani è il Progetto Memoria, fondato da Piero Terracina e oggi presieduto da Lello Dell’Ariccia, che sarà presente a Rondine lunedì. «Venendo a mancare, per ragioni d’età, i testimoni diretti di quei fatti – spiega Dell’Ariccia – cerchiamo di coinvolgere i giovani, perché il cambiamento non può che passare da loro e perché non accada mai più che un governo possa pensare di appropriarsi, per legge, della vita altrui. Lo scorso anno scolastico, abbiamo incontrato 50mila studenti, trovando anche nuovi volontari per portare avanti il dovere della memoria».