la Repubblica, 1 settembre 2022
Cosa votano (o non votano) i giovani. Un sondaggio
Ci guardano, da lontano, e non è un bello spettacolo. Sanno che il voto del 25 settembre «sarà uno spartiacque, una data fondamentale » (64 per cento); e sono quasi tutti consapevoli del fatto che il voto è un dovere civico che va sempre esercitato» (88 per cento); molti hanno anche riscoperto il senso della distinzione fra destra e sinistra (53 per cento, in grande crescita); ma temono che «con questa classe dirigente le cose non cambieranno mai» (87 per cento); e lentamente, ma inesorabilmente, si stanno allontanando dalla politica: cinque anni fa, prima delle precedenti elezioni, era considerata «fondamentale» dal 59 per cento degli intervistati, oggi dal 41. Un crollo. Per questo molti, forse, non voteranno.
È la fotografia degli elettori fra 18 e 24 anni scattata il 29 agosto dall’istituto di ricerca Swg per Italian Tech, il content hub del gruppo Gedi. Una ricerca volta a capire come si collocano, i giovani, che valori hanno e come intendono tradurli in voti, il 25 settembre.
In generale, quello che emerge, è un desiderio di attenzione che evidentemente, se anche ci fosse, non viene percepita: per esempio l’87 per cento chiede che i partiti «aprano le porte ai giovani perché tutto il Paese ne trarrebbe beneficio », un dato che stride con le scelte che invece i partiti hanno fatto al momento della composizione delle liste dei candidati.
Il tema però non è di poltrone, bensì di valori: raddoppia in cinque anni il numero di quelli chevorrebbero «un leader politico capace di comprendere i problemi dei giovani»; e il 36 per cento vorrebbe che le proposte dei giovani fossero «prese in considerazione». Quali? Su tutte vincono l’ambiente e il cambiamento climatico (34 per cento) e la qualità della scuola e delle università (31), davanti a disoccupazione e sanità e molto davanti a immigrazione e tasse. Ma se andiamo a guardare quali temi sono considerati prioritari per il futuro governo, dopo il solito contrasto al cambiamento climatico (che però convince solo la metà degli elettori di centrodestra), ci sono la parità di genere, l’innovazione tecnologica, i diritti dei migranti e quelli Lgbt (in tutti questi casi i valori del centro destra sono la metà, segnodi una differenza di valori importante e percepita).
Sono disillusi ma non qualunquisti: si autodefiniscono in maggioranza ambientalisti (29 per cento), progressisti (27) europeisti (27) e antifascisti (25) — mentre i sovranisti sono solo il 3 per cento e i fascisti il 2. Un dato che trova conferma nella cosiddetta “affinità” ai partiti con risultati che sembrano in teoria poter ribaltare completamente le previsioni elettorali: il partito che a cui la maggior parte dei giovanissimi si sente “molto” o “abbastanza vicino” è il Partito democratico (41 per cento), subito prima della Alleanza Verdi e Sinistra (39) che è addirittura il primo partito se consideriamo solo quelli che si considerano “molto vicini” ad un partito; Azione e Italia viva superano M5s; chiudono Fratelli d’Italia, Forza Italia e infine la Lega.
Ma le affinità non sono automaticamente voti, anzi. C’è intanto un problema di leadership: e il primo, con ampio margine, è il presidente del Consiglio Mario Draghi. Al secondo posto Giuseppe Conte, che pure è stato il presidente del Consiglio della Dad, la didattica a distanza che gli studenti hanno tanto patito. Conte arriva davanti agli altri leader di partito in tutte le categorie (competenza, credibilità, affidabilità, simpatia e vicinanza). Ma se dovessero votare oggi i giovanissimi premierebbero nell’ordine il Pd (19 per cento), M5s e FdI (17), Lega (10) Azione e Iv (8).
Quanti andranno a votare e quanti invece si asterranno? Il dato dell’astensione giovanile, dicono a Swg, è in linea con quello delle altre classi di età: 34-38 per cento. Ma i potenziali astenuti che si collocano nel campo del centrosinistra sono il doppio di quelli che si collocano nel centrodestra e nel centro. Come se a sinistra non si sentissero rappresentati (Enrico Letta, che pure come “fiducia”, si piazza al quarto posto fra i leader, viene considerato lontano dalle questioni che interessano i giovani). Il che spiega il cosiddetto scanner emotivo: il 79 per cento dei giovani di centro sinistra si avvicina al voto con un misto di emozioni negative; per il 56 per cento di quelli di centro destra prevalgono «fiducia, tranquillità e gioia».
Ma se i giovani si allontanano dalla politica, se continueranno a non sentirsi considerati, sarà una sconfitta per tutti.