Il Messaggero, 1 settembre 2022
Intervista a Carlo Calenda
È appena rientrato da un tour in Sicilia («il ponte sullo Stretto? Sono favorevole, prima però spendiamo i due miliardi già stanziati per le altre infrastrutture sull’isola, se no di che parliamo?»). E domani ripartirà alla volta del Nord produttivo: Milano, Brescia, Bergamo, Verona e Cernobbio. È un fiume in piena, Carlo Calenda. Galvanizzato dai sondaggi che danno il Terzo polo in crescita, all’8% secondo l’ultima rilevazione di Antonio Noto (ma «faremo come a Roma, dove partivamo dal 6% e siamo arrivati al 19», assicura), il leader di Azione sente che la meta è a portata di mano: «Fermare questa destra sfascia-conti e chiedere a Mario Draghi di restare a Palazzo Chigi». Obiettivo: «Salvare le imprese che rischiano di scomparire. Anche imponendo una forzatura a Bruxelles».
Calenda, Confindustria lancia l’allarme: con l’energia a questi prezzi, si rischia una desertificazione delle aziende. Che fare?
«Il rischio è concreto. Da un mese propongo ai leader dei partiti di interrompere la campagna elettorale e incontrarci. Meloni dice lunedì in Parlamento: va bene. Vorrei però far notare che il centrodestra continua a chiedere a Draghi di investire decine di miliardi sulle bollette ma poi si arrabbia se il governo in carica per gli affari correnti vende Ita. Dobbiamo prenderci tutti un impegno».
Quale?
«Che siamo pronti a investire in modo massiccio contro il caro energia ma che dopo non butteremo altri soldi. Lo dicano tutti chiaramente: al governo non scasseremo i conti».
La leader di FdI non ha già dato rassicurazioni, su questo fronte?
«Non basta improvvisarsi responsabili per 10 minuti. Il programma che hanno presentato Lega, FdI e Forza Italia costa 200 miliardi. Così non siamo seri».
C’è chi accusa Draghi di essere stato troppo timido, in questa fase.
«La cosa assurda è che ad accusarlo sono gli stessi che lo hanno sfiduciato, come Conte, Salvini e Berlusconi. Se volevano un premier pienamente operativo, non dovevano mandarlo a casa. Detto questo, credo che l’esecutivo stia agendo con serietà».
Il tetto europeo al prezzo del gas è un obiettivo realizzabile?
«Realizzabilissimo: l’Europa può essere in grado di imporre alla Russia il prezzo del metano. E poi tutti i contratti di fornitura prevedono clausole di forza maggiore per frenare la speculazione. Ma è un’operazione complessa, ci vorrà tempo: prima servono altre misure».
Ad esempio?
«Primo punto: sganciare il prezzo dell’energia prodotta dalle rinnovabili da quella ottenuta con il gas. Secondo: un taglio secco da dieci miliardi alle bollette delle imprese energivore, a partire dal settore dell’acciaio e della ceramica. Terzo: rigassificatore a Piombino, su cui Pd e FdI hanno detto tutto e il contrario di tutto. Quarto...»
Quarto?
«Bisogna comunicare a Bruxelles la sospensione immediata dei crediti Ets, i cosiddetti certificati sulle emissioni che le imprese acquistano in base a quanto inquinano. Di fatto, una tassa in più. Non possiamo permettercela».
E come si fa a dire basta?
«Possiamo fare una forzatura. Una comunicazione unilaterale a Bruxelles. Non si può aspettare ancora: alla fine ci arriveranno anche le Istituzioni Ue. Nel frattempo, andiamo di fronte alla Corte di Giustizia europea, se serve».
Il resto della maggioranza sarebbe d’accordo?
«E chi lo sa? Ognuno dice cose strampalate. Di Maio propone di tagliare le bollette, ma da ministro ha bloccato le due navi di rigassificazione che ordinato io, ha cercato di fermare il Tap. Farebbe meglio a tacere e a vergognarsi un po’».
Però lei è favorevole allo scostamento di bilancio. Mentre Meloni, ad esempio, non lo vuole, come Draghi.
«Sono favorevole solo a certe condizioni, se necessario per salvare il Pil. Meloni fa il contrario di quello che promette: si professa atlantista e in Europa sta con Orban».
Pensa che l’Italia rischierebbe di essere isolata, con lei premier?
«A Bruxelles sta coi filorussi, c’è già un cordone sanitario verso di lei e il suo gruppo. Non credo che da premier avrebbe agibilità politica per chiedere più deficit o supporto monetario della Bce».
Non ha un curriculum da capo del governo?
«Né lei, né la sua classe dirigente, che ha lo stesso livello di preparazione del candidato che aveva schierato a Roma, Enrico Michetti, che parlava solo di bighe. Io ho fatto il ministro, ho esperienza gestionale in Ferrari e Sky, eppure penso che Draghi sia più adeguato di me a Palazzo Chigi. Qui invece tutti si credono Nuvolari, senza aver mantenuto tra le mani un volante».
Quali sarebbero le priorità, se ci fosse lei al volante?
«Costruire un Paese normale, niente bonus né promesse irrealizzabili. Ogni euro in più va messo sui giovani e sulla sanità: non si possono aspettare 22 mesi per una mammografia. E poi serve un piano shock per la scuola»
Cioè?
«Tempo pieno in tutti gli istituti, anche al liceo. Il 50% dei diplomati risulta impreparato, il doppio della media europea. Meno educazione nozionistica, più attitudine all’apprendimento. La maturità un anno prima proposta dalla destra non ha alcun senso».
E la leva obbligatoria?
«Un’imbecillità. Costerebbe moltissimo. Salvini la propone e Berlusconi si vanta di averla abolita».
Lei dice di puntare a una maggioranza Ursula. I cinquestelle potrebbero farne parte?
«I 5S non dovrebbero stare da nessuna parte, dovrebbero sparire. Penso a chi ha sostenuto il governo Draghi. Se fossi Meloni, poi, io sarei il primo a chiedere al premier di restare per superare questo momento di tempesta: dovrebbe rendersi conto di non poter fare meglio».
C’è qualcosa su cui Draghi ha sbagliato in questi mesi, dal suo punto di vista?
«Forse si poteva fare di più sulla politica industriale, sulle infrastrutture. Ma nel complesso è stato un esecutivo di grande efficacia. E Draghi il premier più autorevole dai tempi di De Gasperi»
Meglio di Renzi?
«Non lo chieda a me, visto che di quell’esecutivo facevo parte. È stato l’unico governo che ha abbassato le tasse, abbiamo fatto cose positive per le imprese».
A proposito di Renzi, come va il tandem con lui? È ancora contento di aver abbandonato il Pd?
«È il Pd che ha abbandonato se stesso, a forza di inseguire i populisti. Renzi ha fatto un grande atto di generosità dandomi la leadership. Ci sentiamo tutti i giorni, domani saremo insieme a Milano».
E la lavatrice, ha imparato a usarla? O sua moglie le lascia ancora le istruzioni?
«(Ride) Ho sempre saputo come farla. Era lei che non si fidava».