il Fatto Quotidiano, 1 settembre 2022
Bezos, Musk, Zuckerberg e Gates, i quattro gigacapitalisti che si sono fatti ricchi senza arricchire nessuno. L’ultimo libro di Staglianò
Ricchissimi, sfondati, all’inverosimile. Membri di un club degli avidi e degli stramiliardari (come una setta, dove quasi mai nessuno parla o interagisce con il vicino, se non per invidiarlo o ricattarlo): il famigerato “1 trillion dollar club” di chi ha superato una capitalizzazione di Borsa di mille miliardi di dollari. Questa è la loro dimensione di oggi: accomunata oltre che dall’immensa ricchezza, da stili di vita improntati all’idolatria del proprio ego, dalla costruzione di vere e proprie ideologie (e anche di smodate filantropie caritatevoli) per accalappiarci, dallo sfruttamento intensivo di chi lavora per loro, da un successo legato quasi sempre a internet e, comunque, agli sviluppi più avveniristici delle tecnologie e del digitale. Qualcosa che raccoglie i dati di tutti noi, crea una rete che è soprattutto commerciale (a loro favore), che distrugge molte realtà della nostra esistenza appena precedente (ancora una volta a loro favore) e che dispiega infine possibilità future e infinite di impadronirsi sempre più di noi.
Poi c’è il passato degli ultraricchi che, qui e là, rivela infanzie difficili, abbandoni, famiglie sfasciate. Ma anche piccole cattiverie e aridità nell’adolescenza, anticipatrici delle loro personalità spietate del presente: con il primo amico tradito, nel momento persino del primo bacio. Addirittura, dopo alla nascita del primo figlio. Quasi sempre con studi di ingegneria e di fisica alle spalle, una straordinaria capacità di lavoro accompagnata da atteggiamenti autistici e, soprattutto, la volontà assoluta di realizzare davvero delle idee: molti altri possono averle avute, ma vince chi sa portarle avanti sul serio.
Li racconta, ricostruendone la personale fedina (non penale, ma etica), il giornalista Riccardo Staglianò, inviato de Il Venerdì di Repubblica, nel suo Gigacapitalisti (Einaudi 2022, euro 12). Centoquaranta pagine dedicate ai quattro cavalieri della nuova Apocalisse: Jeff Bezos, Elon Musk, Mark Zuckerberg e al maestro di tutti loro, Bill Gates (più volte citato invece, ma ormai fuori da questa classifica, Steve Jobs). E, assieme, ai marchi che oggi incarnano la loro stessa esistenza e hanno invaso e catturato le nostre: Amazon, Facebook, Tesla, Windows. Lo fa con una scrittura colta segnata da un’ironia elegante, ma che traduce ricerche, riflessioni e colloqui che Staglianò conduce da almeno 15 anni, soprattutto negli Stati Uniti.
L’autore parte da una citazione di Thomas Piketty (“Siamo in una situazione che non è molto diversa da quella che portò alla Rivoluzione francese”), ma poi spiega subito di non essere mosso da invidia di classe o risentimento: “Sono decisamente sazio dei soldi che ho e non trovo niente di male nel fatto che ci siano persone che ne hanno tante di più”.
Per loro, rispolvera la vecchia definizione inventata negli Stati Uniti (non nell’Unione Sovietica di Lenin) per chi fece le prime fortune miliardarie tra la fine della Guerra Civile e il primo conflitti mondiale: robber barrows, baroni da rapina. Ma c’è una profonda diversità tra i capitalisti di allora e, appunto, i gigacapitalisti. Quelli producevano profitti enormi avendo sedi, fabbriche, migliaia e migliaia di lavoratori: si arricchivano in America, ma nel contempo ne facevano parte. Questi sono invece imprenditori immateriali, come i loro prodotti, non fanno crescere posti di lavoro, anzi (Staglianò smonta, numeri ed esempi alla mano, il mito di Amazon), sono fuori da qualsiasi dimensione nazionale. Un’extraterritorialità simboleggiata, adesso, dalla sfida tra Bezos e Musk, nella corsa verso la via privata ai viaggi nello Spazio: qualcosa che prima era dominio solo delle grandi potenze. Infine, possono stravolgere la politica stessa degli Stati, come lo scandalo di Cambridge Analytica sul voto a favore di Trump dimostra.
Di tutto questo, Staglianò parlerà sabato 3 settembre all’edizione del Festival della Mente di Sarzana. E lì spiegherà anche la sua ricetta possibile per cambiare le cose. Ancora una volta non ideologica, anche se il capitolo si apre con un leninista “Che fare?”: “Trattare con loro, per certi versi, è come con la Cina e l’India sul clima, eppure bisogna farlo”. La partita è nelle mani degli Stati e delle organizzazioni sovranazionali come la Ue. Quei quattro gigacapitalisti, e le loro aziende, condividono infatti anche altri due primati storici: sono i più grandi elusori fiscali del pianeta, per cifre anch’esse vicine alle enormità del loro club esclusivo, e hanno goduto, soprattutto negli Usa, di privilegi e incentivi che, riepilogati da Staglianò, formano uno scandalo immenso. Non c’è bisogno dunque di avere la loro intelligenza per capire quali potrebbero essere i rimedi.