il Fatto Quotidiano, 1 settembre 2022
Gorbaciov che con i soldi del Nobel per la Pace comprò i computer ai primi giornalisti liberi di Mosca
L’amico della Novaya Gazeta se ne va e un solo dasvidania non è certo abbastanza. Il leggendario quotidiano russo indipendente è stato chiuso dal governo Putin poco dopo l’avvio della guerra contro Kiev: ha riaperto però – nella sua versione europea – nei Baltici. Il suo nuovo direttore, Kirill Martinov, ricorda l’ultimo leader sovietico che usò i fondi del premio Nobel per la Pace vinto nel 1990 per comprare i computer ai primi giornalisti liberi di Mosca: “Oggi è difficile da immaginare, ma i russi suoi contemporanei hanno potuto parlare liberamente per la prima volta dei problemi del Paese, su giornali con tirature da milioni di copie e perfino in tv. Nei sei anni in cui è stato al potere ha avuto il coraggio di dare al Paese libertà di stampa e di associazione: le persone protestavano alle mura del Cremlino senza essere arrestate o processate. La sua è stata l’unica epoca in cui persone con diverse opinioni politiche non si consideravano nemiche”. Martinov elenca quelle vittorie, che a molti dei suoi connazionali sembrano sconfitte: “Ha fatto tornare i dissidenti e eliminato i processi politici. Ha messo fine alla Guerra fredda e alla politica aggressiva ed espansionistica dell’Unione Sovietica. In breve: con un leader come lui e quanti lo seguivano, la Russia sembrava potesse diventare un Paese normale. Questo vale la pena ricordarlo”. Per Martinov tutto ciò che i russi oggi possono ancora chiamare “vita normale”, è frutto dell’eredità dell’era Gorbaciov, proprio ciò che il potere russo ha tentato di eradicare con la forza. Oggi, riferisce il direttore fuggito da Mosca all’estero, la guerra in Ucraina non esisterebbe se Putin e la sua squadra non si fossero dedicati meticolosamente a smantellare ciò che lui ha tentato di costruire: “Nella sua essenza, il putinismo è questo: la decostruzione e distruzione di tutto ciò che ha fatto Gorbaciov”. Gorby, eroe dell’Ovest, mai amato e mai capito in una patria che adesso ama il suo tricolore sopra ogni cosa: “Molti non l’hanno amato perché il politico ideale della società russa è il cosiddetto leader forte dal pugno di ferro, ma una società che preferisce Stalin a Gorbaciov è una società malata, è una malattia che fa parte della storia del mio Paese ed è dettata dalla paura”.