Corriere della Sera, 1 settembre 2022
Quanto costa essere eletto
C’è listino e «listino». In questa forsennata campagna elettorale estiva c’è il primo, che indica la posizione blindata in lista, con elezione certa. E il secondo, che, tra virgolette, indica quanto costa la candidatura per ciascun partito. Ognuno ha le proprie regole, accettate su base volontaria o con tanto di firma ufficiale davanti al proprio tesoriere. La corsa più costosa, tra i principali partiti, è quella per Forza Italia: ogni deputato o senatore, una volta eletto, si impegna a versare 30 mila euro nelle casse del partito del Cavaliere, per di più in un lasso di tempo ristretto. C’è pure un documento sottoscritto davanti ad Alfredo Messina, ex manager Fininvest e guardiano delle casse forziste, ma non ricandidato con sua grande amarezza.
L’abolizione del finanziamento pubblico, mentre i grandi partiti ne chiedono il ripristino, costringe tutti i tesorieri a fare i salti mortali per finanziare campagne elettorali sempre più ravvicinate e non finire strozzati dai debiti. Perciò ogni candidato, in primis quelli con elezione sicura, è costretto a mettere mano al portafogli. In Fratelli d’Italia, previo patto tra gentiluomini, i parlamentari uscenti ricandidati verseranno 30 mila euro nelle casse del partito. La medesima cifra, a scaglioni, sarà pagata anche dai nuovi eletti, che partiranno da una prima tranche da 10 mila euro. Ogni mese ci sono poi da versare mille euro per il funzionamento della macchina guidata da Giorgia Meloni, che «raramente – fanno sapere da via della Scrofa – accetta dai privati più di 5 mila euro». Ma i soldi, stavolta, non dovrebbero mancare: oggi gli eletti sono 58 e, secondo le previsioni interne, dovrebbero diventare almeno 150.
La Lega, stavolta, dovrebbe tornare un po’ a respirare. La campagna del 2018, con i conti del Carroccio posti sotto sequestro dai pm, fu drammatica dal punto di vista economico. Chi potrà contare su un seggio certo verserà circa 20 mila euro. Poi ci saranno i contributi mensili da 3 mila euro, perché il partito di Matteo Salvini accentra internamente tutte le funzioni operative.
Il Pd, sotto la supervisione del tesoriere Walter Verini, ha varato un documento in cui tutti i «blindati» dovranno pagare preventivamente 15 mila euro; la stessa cifra che dovranno versare nel caso arrivi uno sbarco inatteso a Montecitorio o Palazzo Madama.
Nel M5S, anche se è improbabile che ciò avvenga su larga scala, ogni parlamentare uscente, come previsto dallo statuto, dovrà versare un’una tantum da 15 mila euro. I rieletti dovranno poi continuare a contribuire al finanziamento della macchina contiana con mille euro mensili.
C’è infine il caso del terzo polo. I renziani di Italia viva posizionati in maniera favorevole dovranno dare una mano elettorale con 15 mila euro, oltre ai 1.500 mensili. Orientativamente le stesse condizioni di Azione.