il Fatto Quotidiano, 31 agosto 2022
Le leggi scritte con i piedi dal governo Draghi
I Migliori fanno fatica a far quadrare i conti. Dopo la norma sulla tassazione degli extra-profitti energetici, ieri è stata la volta del Servizio Bilancio del Senato che ha fatto i suoi rilievi al decreto Aiuti bis in discussione a Palazzo Madama.
Il Servizio del Bilancio evidenzia che gli aumenti del prezzo dell’energia elettrica, il cosiddetto Pun, fanno sballare le previsioni del governo. Sul credito di imposta per le spese aggiuntive sostenute per l’energia, ad esempio, le coperture previste ammontano a 3,3 miliardi. Ma, scrive la relazione, “dal raffronto con i valori registrati per i mesi di luglio e agosto l’importo indicato nella Relazione tecnica pari a 237 euro/MWh parrebbe sottostimato”. E quindi servono nuovi chiarimenti.
Difficoltà anche per il bonus sociale per il quale sono stati stanziati 1,28 miliardi: “La tendenza all’aumento appena evidenziata – si legge – non consente di ritenere complessivamente ispirata a criteri di sufficiente prudenzialità l’ipotesi assunta dalla Relazione tecnica”. Anche per l’azzeramento degli oneri generali di sistema nel settore elettrico” e per l’1,1 miliardi stanziati, “appare opportuno che siano forniti maggiori chiarimenti” escludendo “qualsiasi onere aggiuntivo a carico della finanza pubblica”.
Nell’elenco delle misure a rischio anche l’articolo che impedisce alle imprese fornitrici di energia elettrica e gas naturale di trasferire l’incremento dei prezzi agli utenti con contratti sul mercato libero. Misura sacrosanta, ma avversata dagli operatori in nome del libero mercato. E il Senato scrive: “Andrebbe chiarito se tale misura possa determinare possibili alterazioni degli equilibri finanziari delle imprese” e quindi determinare “futuri interventi finanziari a carico della finanza pubblica”.
La giornata, per i “Migliori”, era cominciata male anche sulla norma relativa alla tassazione degli extra-profitti. Secondo il quotidiano La Stampa, che non è stato smentito, sarebbe pronta per essere riscritta. Su un totale di extra-profitti stimati in 40 miliardi di euro il governo aveva fissato una tassazione del 25% prevedendo un anticipo del 40% entro il 30 giugno e il saldo al 30 novembre. Sui 4 miliardi previsti a giugno, però, ne è stato versato solo uno. Ora si attende il saldo di stasera, 31 agosto, data entro la quale è previsto un ravvedimento operoso e oltre la quale, invece, la sanzione è del 60%. Ma nessuno crede che si possano raggiungere i 4 miliardi. E l’ipotesi di una riscrittura, per quanto improbabile, non è scartata ed è studiata dai tecnici.
Ieri non è sfuggito il fuoco di fila del Pd che ha chiesto al governo – con le capogruppo di Camera e Senato, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, ma anche con il responsabile economico Antonio Misiani – che la tassa venga onorata dalle aziende.
Ma da Palazzo Chigi, oltre alla precisazione che il governo Draghi ha stanziato come aiuti a famiglie e imprese, “49,5 miliardi di euro, una cifra seconda soltanto a quella investita dalla Germania” arriva solo l’indiscrezione della proroga degli incentivi per il costo dei carburanti dal 20 settembre al 5 ottobre e l’ipotesi che si lavorerà soprattutto all’extragettito fiscale di luglio e agosto.
Le richieste che salgono dal mondo dell’industria sono però molto più pressanti. I presidenti di Confindustria Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto sostengono che gli extra-costi per l’impennata del prezzo dell’energia ammontano a 36-41 miliardi di euro contro i 4,5 miliardi spesi nel 2019.
Giorgia Meloni ha voluto evidenziare la disponibilità ad approvare già da lunedì in Parlamento “delle norme che consentano ai cittadini di avere una situazione sostenibile”. Ma senza ricorso a nuovo debito. Semmai si può ricorrere al Pnrr: “Quei soldi, che già sono debito, li potremmo usare”, spiega la presidente di Fratelli d’Italia. E la ruota riparte.