Corriere della Sera, 31 agosto 2022
L’amore tossico di Tolstoj in un film
Frederick Wiseman è già qui. Accompagna il suo primo film di fiction. Ha 92 anni, è un grande documentarista, nel 2014 al Lido ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera. Una coppia (A couple), in gara, racconta, in un’ora, il tormentato rapporto tra Leo Tolstoj e sua moglie Sophia.
C’è guerra e pace. Dolore, crudeltà, malinconia, sacrifici, rimpianti, rabbia, gelosia, indifferenza, vanità, tenerezza: c’è la prosa della vita, le loro esistenze insieme. Le lettere dello scrittore (che vive nella sua mente), e i diari di sua moglie Sophia sono «rimontati» in maniera libera e restituiti dalla sola moglie, immersa in una natura ora selvaggia e sferzata dal vento, ora mite. Una voce, un corpo, non c’è altro. Nathalie Boutefeu è l’attrice e la coautrice (col regista) della sceneggiatura.
Perché il monologo, una scelta radicale? Perché ha rinunciato al dialogo diretto tra i due coniugi?
«Mi piace il monologo perché è l’opposto di quello che faccio nei documentari, dove il cuore della storia viene creato da centinaia di incontri. In un monologo il mondo è restituito da una sola persona».
Considera questo progetto più esigente e sperimentale di «Ex Libris»?
«Lei parla del mio documentario di oltre 3 ore sulla biblioteca pubblica di New York…Questo dura 63 minuti. Beh, non so come si misura un progetto esigente, dipende da chi sono gli spettatori, il loro interesse, la capacità di comprendere e pensare i problemi sollevati».
Che matrimonio è stato?
«Sono stati sposati per 36 anni, ebbero 13 figli (sopravvissero in 9), Leo ne ebbe un altro dalla vicina di casa. Quando si conobbero, Sophia aveva 18 anni».
Sophia vide la vita attraverso gli occhi di Leo.
«Tenevano un diario, si scrivevano quasi ogni giorno pur abitando sotto lo stesso tetto. Litigavano e si riconciliavano, e ricominciavano...Lei copiava i suoi manoscritti, gli scrive che non è un oggetto, e di essere collerica, intollerante e passionale come lui. E lui…C’è anche l’uomo anziano che non ama la vita e ha paura della morte».
Gli ambienti letterari sono divisi con una tifoseria da stadio su Leo e Sophia…
«Io non partecipo a questo gioco, non sto né con lui né con lei. Ho cercato una narrazione drammatica indagando alcuni aspetti delle loro vite.. I diari di Sophia sono una sorta di autoanalisi della condizione femminile, non descrivono solo i suoi sentimenti».
Sophia, moglie fedele e virtuosa, esuberante e appassionata, fu una vittima?
«La parola vittima è troppo legata al nostro tempo per un uso appropriato. Per il segretario dello scrittore era una borghesuccia non all’altezza di vivere accanto a un genio, ma io non la caratterizzerei così, era una donna intelligente e bene educata che ha scelto di vivere con Tolstoj».
Il ruolo della natura?
«Ho girato in Bretagna, 17 giorni sotto pandemia sulle scogliere, sulle spiagge. Gli animali, gli insetti, i fiori, gli alberi sono protagonisti. Il giardino visualizza e nasconde la bellezza e la violenza, che sono parte della vita».
È un film per cinefili?
«Spero che sia un film per un pubblico largo, i conflitti dei Tolstoj rispecchiano quelli di molte coppie di oggi».
Ricordi veneziani?
«È il più grande festival del mondo, per quel che mi riguarda è il più ricettivo fin dai miei inizi. Sono grato che continui a manifestare interesse per ciò che faccio».