la Repubblica, 30 agosto 2022
Consigli ai politici da Luca Bizzarri
Luca Bizzarri, attore, comico, conduttore televisivo, che campagna elettorale è questa?
«Osservo i politici e non mi capacito: sono tutti convinti che prenderà più voti chi fa più ridere».
Ma fanno ridere?
«Appunto. E soprattutto non è vero che l’essere divertente porti consensi, anzi è il contrario».
Si riferisce alla campagna goliardica del Pd?
«Anche. Ma anche dividere la lavagna in buoni e cattivi, tra rossi e neri, è un’idea che facevamo in seconda elementare. Con l’aggravante di fare poi dell’ironia su sé stessi».
Lei è stato criticato per avere espresso ammirazione per Giorgia Meloni diciannovenne.
«Non ho nessuna simpatia per le sue idee, notoriamente, ma lei aveva una maturità che io mi sognavo. Mi avrebbe fatto barba e capelli».
Non è inspiegabile questo
innamoramento per Meloni?
«No, affatto. L’Italia è un Paese culturalmente di centrodestra. E come avviene nel regno dei ciechi l’orbo con un occhio solo poi diventa premier».
Teme i rigurgiti fascisti?
«Avrà pure qualche nazista dell’Illinois in lista, ma non sono terrorizzato di vederla a PalazzoChigi. Abbiamo visto di peggio».
Meloni fa politica da vent’anni.
«Sì, ma è stata coerente più di altri, più attenta. Ha sbraitato di meno. Non ha inseguito l’elettorato. È stata fedele alle sue idee».
Salvini sembra in declino.
«Ma rispetto a lui chiunque è più attento».
Perché Renzi sta un passo
indietro?
«Sette passi indietro. E intanto ha mandato Calenda su Tik Tok».
Sì, ma perché?
«Ha preso troppe botte per esporsi ancora. E poi a lui interessa il potere non la politica, e il potere ormai sta da un’altra parte. Lo si è visto col gas: Putin chiude il rubinetto e manda tutti in crisi».
Draghi come se l’è cavata?
«Ha fatto il fattibile. Avrei voluto vederlo ancora lì, ha un’intelligenza e un’esperienza con pochi eguali. La Meloni non a caso lo ha attaccato meno di certi esponenti della maggioranza».
Lei è appena partito con un podcast, “Non ha un amico”, per raccontare la campagna elettorale.
«Sì, ogni giorno una puntata di pochi minuti, edita da Chora Media, su Spotify».
Cosa ha notato?
«La voglia dei politici di andare in tendenza su Twitter».
Ma le elezioni si vincono su Twitter?
«Quando mai? Quando leggo “bufera social” mi viene da ridere».
Sui social ormai passa la comunicazione.
«Ma su Twitter nessuno cambia idea. Ci si va per vedere confermate le proprie convinzioni. Sono tifoserie che si scontrano».
Calenda le sta simpatico?
«Sì, perché ne colgo le debolezze.
Però penso che i politici non dovrebbero starci sui social.
Calenda lì dà il peggio di sé».
Perché dice che i nostri politici sono scarsi sui social?
«Non hanno un amico che gli spieghi che stanno facendo delle stupidaggini. Penso a Meloni che posta il video dello stupro di Piacenza o a Civati che mette in rete la povera gente in fila per un pasto caldo a Milano. Ma il campione del mondo è Salvini: pubblica le facce dei candidati con la scritta Pd sulla fronte, tipo Jo Condor».
Berlusconi sbarca su Tik Tok
«Non vedo l’ora».
Lei c’è?
«Sì, ed è pericolosissimo».
Perché?
«Perché l’algoritmo vuole che tu veda quello che vuole lui, prescindendo dai tuoi gusti».
Andrà a votare?
«Mi sentirei in colpa se non lo facessi. Non so chi vincerà, ma da genoano sarà per qualcuno che alla fine perderà».
Ha simpatie per i Radicali?
«Voterei per il Partito radicale, se ci fosse. Credo che tutti quelli che hanno già deciso per chi votare dovrebbero astenersi dal guardare talk, tg, social, perché finirebbero per cambiare idea».
E quindi?
«Mi turerò il naso e questo per colpa dei social».
Che Italia andrà al voto?
«Molto destabilizzata. Non vorrei che diventasse più violenta di quanto già non sia».
Chi vincerà le elezioni governerà?
«Non credo. Chi va al potere si decide altrove. L’Italia deve stare dentro un contesto internazionale e la politica non ha la forza per imporsi».
È quel che teme Giorgia Meloni
«Vedremo».