il Fatto Quotidiano, 30 agosto 2022
Il candidato Lotito confuso sul Molise
Quel seggio al Senato che brama da tempo immemore, sfiorato in questa legislatura dopo una sfiancante controversia parlamentare, adesso è proprio lì, lo può quasi toccare. Tutto quello che deve fare Claudio Lotito – paracadutato da Forza Italia in un collegio blindato per il centrodestra, nel lontano Molise – è non fare proprio nulla, basta evitare danni catastrofici. Come in una partita: consolidare il possesso palla, far passare i secondi, aspettare il triplice fischio dell’arbitro.
Invece è più forte di lui: nella sua prima uscita molisana, il presidente della Lazio ha dato spettacolo. Per rompere il ghiaccio, con sportività, ha riconosciuto di ignorare il suo collegio: “È vero, io non conosco questo territorio, ma sono stato onorato perché le mie origini… mio nonno materno è abruzzese, di Amatrice, Campotosto. E sono zone che hanno delle peculiarità identiche a quelle del Molise”. Con una sola, potentissima espressione, il romano Lotito ha accreditato il principio che in fondo Molise e Abruzzo siano un po’ la stessa cosa (forse perché in origine la Costituzione italiana aveva previsto di incorporarli negli Abruzzi). E quindi di avere titolo a rappresentare il Molise perché suo nonno era abruzzese di Amatrice. Solo che nemmeno Amatrice è più in Abruzzo, da quasi 100 anni: dal 1927 non appartiene più alla provincia di L’Aquila, ma a quella di Rieti, è laziale proprio come Lotito. Malgrado questo, il presidente ha garantito di aver studiato a fondo il Molise e “non su Wikipedia perché io non uso i social e non ho nemmeno Google sul telefonino”.
La più luminosa perla di Lotito è un’altra ancora. Il presidente ha smentito le voci che lo vorrebbero interessato all’acquisto del Campobasso calcio (appena escluso dalla Serie C) per imbonire gli elettori, ma non è stato davvero convincente: “Dicono che vengo qui con la scusa del Campobasso a prendere i voti. Non è assolutamente vero. Dico solamente che sono a disposizione, anche con un coinvolgimento in prima persona. Voglio che il Campobasso torni nel calcio professionistico”. Anche per sanare un antico senso di colpa: “Voglio risarcirla, perché la Lazio, nel 1987, in uno spareggio a Napoli, determinò la retrocessione del Campobasso. Oggi la Lazio deve risarcire il Campobasso”. La partita a cui si riferisce Lotito è uno dei miti storici dell’identità laziale: la vittoria contro i molisani nello spareggio per non andare in Serie C è nel pantheon della Curva Nord, coincide con l’inizio della rinascita. Il quasi senatore l’ha trasformata in un torto da risarcire. Facendo incazzare sia gli elettori che i tifosi.