il Fatto Quotidiano, 30 agosto 2022
Morire o no sul palco: l’ultimo duello tra gli Who
I due vecchietti del Muppet Show, ma più incazzosi. Litigano da una vita, Pete e Roger, eppure eccoli lì. Il 2 ottobre riparte negli Usa il The Who Hits Back Tour, che di questo passo emulerà il Neverending di Dylan. Forza giovanotti, nel 2024 c’è da celebrare il sessantennale, mica vorrete arrendervi ora? Beh, dipendesse da Townshend, sordo com’è, di sicuro sì. “Voglio ritirarmi, piantarla con la routine! Daltrey, invece, morirebbe sul palco!”. Sarà forse perché sette anni fa al cantante fu diagnosticata una meningite che per poco non lo spedì all’altro mondo: e comunque, a questo punto, che ti metti a fare, l’umarell davanti ai cantieri? L’asso della bocciofila? Meglio restare il frontman di una band di cartello. Al contrario, il socio chitarrista avrebbe delle idee. Navigare a vela, gestire la sua casa editrice, chiudere l’album solista per il quale ha messo su una ventina di canzoni. Niente: Townshend è alla mercè del compare schiavista. Questione di soldi? Certo: anche se il catalogo degli Who è stato venduto una decina di anni fa, l’autore di quasi tutto è Pete, e tra gli imponibili c’è una cospicua differenza. Si detestano da secoli, i due superstiti del gruppo: ma il pubblico non accetta che cali il sipario sulla leggenda. Sentire dal vivo My generation, con il quasi-ottuagenario Daltrey che grida “voglio morire prima di diventare vecchio” come nel 1965, o l’opus di Quadrophenia dedicato ai Mods (fenomeno socio-culturale dei Sixties) è un elisir di lunga vita per i fans incanutiti accanto ai loro bizzosi eroi. Una dannazione epica, il revivalismo personale. Con la sola consolazione che lo scavo archeologico possa appassionare le nuove generazioni a Baba O’ Riley, i semi dell’hippie-rock sul campo allora incolto del punk. Pete aveva tentato, vanamente, di smarcarsi dalla dorata prigionia degli Who: nell’83, dopo una “tournée d’addio”. Si era lasciato andare, tra droghe ed emergenza psichica, dopo la morte del batterista Keith Moon: e come sempre nelle famiglione del rock, quando si spegne il motore nasce un problema. La scomparsa di John Bonham sancì la traumatica fine dei Led Zeppelin, mentre i Rolling Stones hanno pianto ma non si sono fermati per Charlie Watts. Gli Who sono sopravvissuti: dapprima con Kenny Jones; ora, e da lungo tempo, fruiscono del drumming di Zak Starkey. Il figlio di Ringo. Se i due coetanei chiudessero la ditta farebbe lui la telefonata di pace, prima di ritrovarsi con l’erede disoccupato.