il Giornale, 30 agosto 2022
Amazzonia, è morto l’«uomo più solo del mondo»
«L’uomo della buca» – come era chiamato da tutti – è morto e, da ieri, l’Amazzonia è in lutto. Questo misterioso e carismatico indigeno era l’ultimo membro della sua tribù e l’unico abitante della riserva di Tanaru, nello stato della Rondonia, nell’Amazzonia brasiliana occidentale. Il resto del suo popolo era stato massacrato dagli anni ’70 in poi. Mai identificato, era conosciuto solo come «l’uomo della buca» perché trascorreva gran parte della sua esistenza nascondendosi e riparandosi in fosse che scavava nel terreno. Per decenni, durante i quali la sua terra è stata attaccata e i suoi amici e familiari uccisi, lui ha resistito a tutti i tentativi di contattarlo, tendendo trappole e scagliando frecce contro chiunque si avvicinasse troppo. Un funzionario della Funai, la statale brasiliana che protegge gli indios, che lo controllava a distanza per proteggerlo, ha trovato due giorni fa il suo corpo disteso su un’amaca in stato di decomposizione. Poiché aveva messo intorno al corpo delle piume dai colori vivaci, si ritiene che l’uomo si fosse preparato alla sua morte e, secondo le stime, aveva circa 60 anni.
«Nessuno ha mai saputo il suo vero nome, e della sua tribù non si sa nulla» spiega Fiona Watson, direttrice del Dipartimento di ricerca di Survival International, il movimento mondiale per i popoli indigeni. «Con la sua morte – denuncia – il genocidio del suo popolo da parte di allevatori di bestiame affamati di terra e di ricchezza è stato completato».
Alcuni funzionari della Funai avevano notato «l’uomo della buca» per la prima volta a metà degli anni Novanta. Gli attivisti indigeni avevano trovato piccoli appezzamenti di terra coltivata andati distrutti dagli allevatori e i resti di abitazioni spazzate via dai trattori. L’area, lungo il confine brasiliano con la Bolivia, era e rimane sotto attacco da parte di allevatori, cercatori d’oro e taglialegna. La scoperta aveva spinto la Funai a recintare l’area dove l’uomo poteva vivere senza pericoli e, nel 1997, era stata creata la riserva di Tanaru, che oggi è oramai solo una piccola isola di foresta in un mare di vasti allevamenti di bestiame, in una delle regioni più violente del Brasile.
«Non si fidava di nessuno perché aveva avuto molte esperienze traumatizzanti con persone non indigene», ha detto ieri a The Guardian Marcelo dos Santos, un esploratore in pensione. Difficile dargli torto visto che negli anni ’80 alcuni allevatori illegali, dopo aver lasciato una prima offerta di zucchero, avevano somministrato alla sua tribù veleno per topi che uccise tutti tranne lui.
Survival International, insieme ad alcune organizzazioni brasiliane, ha condotto per anni una campagna per la protezione della terra dell’«uomo della buca» e, ieri, ha spiegato il vero significato di questa morte, che ha immediatamente commosso il mondo intero. «Era il simbolo sia delle crudeltà e delle violenze inflitte ai popoli indigeni di tutto il mondo nel nome della colonizzazione e del profitto, sia della loro resistenza. Possiamo solo cercare di immaginare gli orrori a cui ha assistito nella sua vita e la solitudine della sua esistenza dopo che il resto della sua tribù era stata uccisa, ma lui ha resistito con determinazione a tutti i tentativi di contatto e ha chiarito bene, anche a noi, che voleva solo essere lasciato in pace».
Le tribù la cui terra è minacciata sono aumentate da quando il presidente Jair Bolsonaro è al potere. Il numero di invasioni registrate sulle terre indigene è infatti passato da 109 nel 2018 a 305 lo scorso anno, secondo le denunce del Cimi, il Consiglio Indigeno Missionario.