La Stampa, 30 agosto 2022
Di Maio e i 13,5 miliardi per pagare le bollette
La crisi del gas, l’emergenza bollette, l’inflazione. La campagna elettorale entra nel vivo toccando temi che stanno già incidendo pesantemente sulla vita delle persone. E dalle scelte immediate che dovrà fare il nuovo governo – avverte il leader di Impegno civico, Luigi Di Maio – «dipenderà il futuro di 120 mila imprese e 370 mila lavoratori». Sarà dunque necessario, sostiene il ministro degli Esteri, «un decreto d’emergenza, da approvare subito dopo le elezioni, che consenta allo Stato di pagare l’80% delle bollette delle imprese fino alla fine dell’anno». Nell’intervista con il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, per la trasmissione “30 minuti al Massimo” (disponibile nella versione integrale su lastampa.it), Di Maio propone quindi una misura taglia-bollette «che costerà circa 13,5 miliardi, ma è un intervento necessario, perché se le imprese saranno invece costrette a chiudere, i costi per lo Stato saranno ben più alti, pari a decine e decine di miliardi di euro».In che modo pensate di finanziarla? 13,5 miliardi non sono pochi.«La misura verrebbe finanziata dall’extragettito che abbiamo ottenuto con la maggiore crescita registrata finora, quindi senza indebitarci. Per effetto dell’inflazione, poi, iva e accise pesano di più nelle casse dello Stato: pensiamo di prendere quei fondi, che sono figli dell’inflazione, e metterli su un intervento che la frenerebbe, permettendo alle imprese di abbattere i costi di produzione. L’80 per cento non è un numero a caso, è esattamente quello che stanno pagando in più le imprese».Questo dopo le elezioni. Ma ora? Salvini chiede un armistizio tra partiti per affrontare il problema. Calenda vorrebbe fermare la campagna elettorale.«Salvini, come tutti gli altri che hanno provocato la crisi, si sta accorgendo di averla fatta grossa e sta tornando in ginocchio da Draghi, ma con quale credibilità? Con il governo interverremo a settembre».In che modo?«Per neutralizzare gli aumenti in bolletta di agosto e di luglio, perché stiamo andando verso un autunno in cui ci sarà un ulteriore aumento delle bollette. Il problema è che adesso le Camere sono sciolte e il governo non può programmare interventi fino alla fine dell’anno».Quindi ha ragione Draghi a dire che si andrà nel solco del decreto precedente, ma senza fare scostamenti di bilancio?«Lo scostamento di bilancio è una parola gentile per non dire “debito”. Con Draghi non ne abbiamo mai dovuto fare. Sarà invece il marchio di fabbrica della destra. Il 2023, con Salvini, Meloni e Berlusconi al governo, sarà l’anno della bolla nera».Cosa intende?«Chiederanno di fare più debito, come hanno già fatto in questi giorni, e quel debito non sarà sostenibile perché non avranno la credibilità internazionale che ha Draghi. Come potrebbe averla un governo in cui la Meloni, ogni giorno, deve rassicurare il mondo in quattro lingue, mentre Salvini lo spaventa e Berlusconi è lo stesso che nel 2011 portò quasi l’Italia al default? Un governo di destra, per calmierare il debito, metterà mano ai risparmi degli italiani alzando le tasse».A proposito di tasse. La Cgil propone di portare quelle sugli extraprofitti delle aziende energetiche al 100%, ma – come abbiamo raccontato il 6 agosto su questo giornale – le imprese non pagano e fanno ricorso.«Se qualcuno non sta pagando, non sta osservano la legge. Dobbiamo riscuotere quei soldi. E tutti gli extragettiti che provengono dalla speculazione devono essere reinvestiti per aiutare famiglie e imprese, contrastando inflazione e perdita del potere d’acquisto».Crede al pericolo, lanciato dal Financial Times, di un’operazione speculativa degli hedge fund contro l’Italia?«Che i mercati stiano scommettendo contro l’Italia è evidente, seguono i sondaggi e si comportano di conseguenza. Io lavoro per smentirli, quei sondaggi».Potrebbe anche realizzarsi una non-vittoria della destra, come accadde a Bersani nel 2013. Se si dovesse tornare a uno schema con una maggioranza Ursula, lei vorrebbe Draghi a guidarla?«Noi, come Impegno civico, saremmo prontissimi a sostenere di nuovo Draghi alla presidenza del Consiglio».E se invece arrivasse una vittoria larga della destra?«In quel caso, il trio sfascia-conti durerà un anno. Salvini lavorerà con Berlusconi per logorare la Meloni, dopodiché andranno di nuovo da Draghi a pregarlo di tornare a palazzo Chigi. Sono caotici».Meloni dice che, se avrà più voti, dovrebbe avere l’incarico di formare il governo. Una mancanza di sensibilità istituzionale?«A dare l’incarico è sempre il Capo dello Stato, ma al di là di questo credo che la mancanza di sensibilità istituzionale nel centrodestra parta dal fatto che Berlusconi, da leader della coalizione, voglia un presidenzialismo all’italiana – con il potere tolto al Parlamento e concentrato nelle mani di una sola persona – e chieda le dimissioni di Mattarella. Il vero disegno è quello di buttare giù il presidente della Repubblica. Per me, se anche si arrivasse al presidenzialismo, dovrebbe esserci una norma transitoria che permetta al Capo dello Stato di restare in carica fino al termine del suo mandato».Prima ha parlato del tetto europeo al prezzo del gas come obiettivo di lunga distanza dell’Italia, ma la Germania, legata a doppio filo all’economia russa, non lo vuole.«Il ragionamento è diverso. Ai tavoli europei – e non parlo della Germania, ma in generale – c’è la paura che con un tetto massimo al prezzo del gas Putin possa chiudere ulteriormente i rubinetti. Ma lo sta già facendo. Agire tutti insieme e ridurre la dipendenza dal gas russo è la chiave».Anche in Italia c’è chi è contrario. Salvini non lo vuole.«È una cosa gravissima. In un altro Paese ci sarebbe uno scandalo maggiore, perché vuol dire aiutare Putin a finanziare la sua guerra. Ed è anche contrario alle sanzioni».Però è vero che le sanzioni stanno anche facendo del male all’Occidente.«Basta guardare i paesi che non le hanno imposte: hanno un’inflazione più alta della nostra. Il prezzo del pane in Mozambico sale come in Europa. Sono saltati tutti gli schemi economici. Ma Salvini non si ferma alle sanzioni. Voleva farsi pagare il biglietto aereo per Mosca in rubli. E ha fatto cadere il governo Draghi, con il numero due del Consiglio di sicurezza russo, Medvedev, che esultava per la caduta dell’esecutivo».Il leader della Lega ci sta portando in braccio a Putin?«Ci sono più ombre che luci e vedo tutte le condizioni per avviare una commissione parlamentare d’inchiesta che verifichi se ci sono legami finanziari e politici tra alcuni partiti italiani e la Russia. Non è un tema evanescente. Attiene alla libertà del nostro Paese, se qualcuno ci porta nelle braccia delle autocrazie».Meloni assicura che loro saranno saldamente europeisti e atlantisti.«Ma loro chi? I voti in Parlamento, se vince, glieli daranno Berlusconi e Salvini. Ed è alleata in Europa di quei partiti e di quei Paesi che ci hanno messo i bastoni tra le ruote su Pnrr, proposte economiche e interventi contro Putin. Non mi sento rassicurato nemmeno sapendo che vuole rinegoziare il Pnrr. A Bruxelles ci guarderebbero come la solita Italia, che non rispetta gli impegni e cerca soluzioni di comodo».Anche il suo vecchio partito, il Movimento, aveva qualche fascinazione per la Russia.«La scissione che ho provocato lo scorso giugno è nata dalla risoluzione sull’Ucraina che ha visto l’ambasciatore russo a Roma fare i complimenti a Conte per il testo che aveva scritto, contro la Nato e contro l’Unione europea».Beppe Grillo si fida di Conte?«Non gli ha fatto mettere il nome “Conte” nel simbolo, ha bloccato la deroga al secondo mandato e non sta dando una mano in campagna elettorale. Si è accorto, un po’ tardi, che Conte gli sta sfasciando il Movimento e stanno discutendo».E lei si fida di Letta?«Mi fido, ha mantenuto gli impegni della coalizione. Stiamo cercando di dare un’idea di governo. Con il Pd in questi ultimi tre anni abbiamo imparato a fidarci l’uno dell’altro. È stato un percorso, non una cosa improvvisata».