la Repubblica, 29 agosto 2022
La mostra sui sosia che ispira la scienza
Charlie Chasen e Michael Malone si sono incontrati ad Atlanta nel 1997, quando Malone ha cantato con la band di Chasen. Presto sono diventati amici, senza però rendersi conto di quello che per tutti intorno a loro era evidente. Avrebbero potuto essere gemelli.
Malone e Chasen sono sosia. Si assomigliano in maniera impressionante ma non sono parenti. I loro antenati più prossimi non hanno neanche la stessa provenienza; i genitori di Chasen vengono dalla Lituania e dalla Scozia mentre quelli di Malone sono originari della Repubblica Dominicana e delle Bahamas.
I due amici, assieme a centinaia di altri sosia, hanno partecipato al progetto fotografico di François Brunelle, un artista canadese, “I’m not a look-alike! ” dopo aver scoperto di avere un sosia nell’attore britannico Rowan Atkinson. Il progetto ha avuto grande successo e ha attirato l’attenzione degli scienziati che studiano le relazioni genetiche. Il dottor Manel Esteller, dell’istituto di ricerca sulle leucemie Josep Carreras di Barcellona, che aveva studiato le differenze fisiche fra gemelli identici, ha deciso di esaminare il fenomeno opposto: persone che hanno lo stesso aspetto ma non sono parenti. Si è chiesto: «Come si spiega questa somiglianza?».
Per lo studio, che è stato pubblicato sulla rivista Cell Reports , Esteller e la sua squadra hanno selezionato 32 coppie di sosia fra quelle fotografate da Brunelle, hanno prelevato campioni di Dna e li hanno sottoposti a questionari sul loro stile di vita. Per quantificare il grado di somiglianza, i ricercatori hanno usato un software di riconoscimento facciale. I punteggi complessivi di 16 delle 32 coppie sono risultati paragonabili a quelli di coppie di gemelli identici. Quindi i ricercatori hanno confrontato il Dna delle 16 coppie di sosia per vedere se c’era una somiglianza analoga a quella dei volti. Esteller ha scoperto che le 16 coppie avevano molti più geni in comune rispetto alle sedici coppie che il software aveva ritenuto meno somiglianti. «Queste persone sono simili perché hanno in comune parti importanti del loro genoma, ovvero la sequenza del Dna», ci ha detto. «Il fatto che due persone che si assomigliano abbiano in comune molti geni può sembrare ovvio, ma non era mai stato provato».
Il solo Dna però non racconta tutta la storia del nostro aspetto. Le esperienze vissute da noi e dai nostri antenati influenzano il grado di attivazione di alcuni dei nostrigeni, producendo quello chegli scienziati chiamano il nostro epigenoma. Inoltre, anche il microbioma, il nostro copilota microscopico composto da batteri, funghi e virus, è influenzato dall’ambiente. Esteller ha scoperto che i genomi dei sosia hanno molto in comune, ma i loro epigenomi e microbiomi sono diversi. «La genetica li avvicina, l’epigenetica e il microbioma li separano». Questa discrepanza ci dice che la somiglianza delle coppie di sosia ha più a che fare con il Dna che con l’ambiente nel quale sono cresciuti. Per Esteller una sorpresa, si sarebbe aspettato una maggiore influenza dell’ambiente.
Questo significa che, in qualche misura, le loro somiglianze sono solo una coincidenza fortunata dovuta all’aumento della popolazione. «Oggi ci sono così tante persone al mondo che il sistema finisce per ripetersi», commenta Esteller. È ragionevole presumere che ognuno di noi abbia un sosia da qualche parte.
Esteller spera che i risultati del suo studio possano aiutare le diagnosi mediche: se le persone hanno abbastanza geni in comune da assomigliarsi, potrebbero avere la stessa predisposizione alle malattie. «Sembra esserci un legame piuttosto forte in termini genetici, che fa sì che due individui che si assomigliano abbiano anche profili simili a livello genomico », ha commentato Olivier Elemento, direttore dell’Istituto Englander per la medicina di precisione allaWeill Cornell Medicine di New York.
Esteller ha ipotizzato che ci sia un collegamento anche fra i lineamenti del viso e gli schemi di comportamento, e che i risultati del suo studio potrebbero aiutare la medicina legale, ad esempio fornendo l’identikit di un criminale di cui si possieda solo un campione di Dna. Tuttavia Daphne Martschenko, ricercatrice allo Stanford Center for Biomedical Ethics ,consiglia prudenza: «Abbiamo già visto molti esempi di come algoritmi facciali siano stati usati per rafforzare un pregiudizio razziale in ambiti come l’affitto di una casa, un colloquio di lavoro o la profilazione di un criminale. Ci sono molte considerazioni etiche».
Nonostante i potenziali problemi derivanti dall’associazione dell’aspetto di una persona con il suo Dna e il suo comportamento, per Malone e Chasen il progetto dei sosia, e il fatto di sapere che tutti noi potremmo avere un gemello segreto da qualche parte, è stato un modo per avvicinare le persone. Loro due sono amici da 25 anni e la scorsa settimana, quando Chasen si è sposato, Malone è stata la prima persona che ha chiamato.
Traduzione di Alessandra Neve ©new york times 2022
Il progetto fotograficoLe immagini fanno parte del progetto fotografico “I am not a look alike!” di François Brunelle, e pubblicate dal New York Times