Corriere della Sera, 28 agosto 2022
La sinistra che perde e governa
Caro Aldo,
tutti dicono (da tempo) che la destra stravincerà e addirittura il primo partito è (da tempo) quello della destra-destra, tra l’altro l’unico con un leader donna. Essendo sempre stato un elettore del campo «progressista», mi chiedo come mai a sinistra non si chiedano mai perché. Lei che cosa prevede?
Gianfranco GiacomelliCaro Gianfranco,
prevedo che la vittoria di Giorgia Meloni sarà ancora più ampia di quel che indicano i sondaggi. Vedremo se il suo consenso sarà più duraturo di quello di Renzi, Grillo, Salvini. Il fatto che la destra torni a Palazzo Chigi, da cui è assente dal novembre 2011, è del tutto normale, in un Paese di destra come l’Italia. Vedremo, anche qui, se sarà una destra liberal-atlantista, oppure orban-sovranista. Ma lei, gentile signor Giacomelli, dovrà accettare una riflessione.
Da quando esiste la cosiddetta Seconda Repubblica, la sinistra non ha mai avuto una chiara affermazione elettorale. Mai. Nel 1994 Berlusconi vinse largo. Nel 1996 la destra perse perché divisa: la Lega da sola raggiunse al Nord il massimo storico, l’Ulivo vinse collegi con il 34%, avendo la Lega e il Polo al 33. Nel 2001 Lega e Polo si unirono, e negli stessi collegi presero il 66%; in Sicilia fecero un accordo con la Fiamma tricolore e conquistarono 61 collegi su 61; fu una vittoria schiacciante. Nel 2006 Prodi mise insieme di tutto, da Mastella a Turigliatto, per prendere 24 mila voti più di Berlusconi; non poteva durare, e non durò. Nel 2008 altra netta vittoria della destra. Nel 2013 la coalizione di Bersani di fatto pareggiò con quella di Berlusconi, conquistando il premio di maggioranza alla Camera di nuovo per poche migliaia di voti, senza neppure arrivare al 30% (con Grillo primo partito). Nel 2018 la grande vittoria dei 5 Stelle, con il Pd al minimo storico. Eppure, dal 1994 a oggi la sinistra è entrata prima o poi nella maggioranza di governo in tutte le legislature, tranne quella 2001-2006. Saranno bravi a manovrare, avranno cultura di governo, saranno il partito-sistema, punto di riferimento dell’Europa, dei mercati, dell’America (quando il presidente è democratico). Ma per governare servirebbero pure i voti e le vittorie chiare. Forse anche per questo il Pd è inviso alla maggioranza dell’elettorato, al di là dei suoi meriti e demeriti.