Corriere della Sera, 28 agosto 2022
Il problema del gas e le resistenze dell’Olanda
Sei mesi dopo l’esplosione della pandemia, due anni fa, l’Unione europea aveva già varato il più grande piano di rilancio della sua storia e la prima grande emissione di debito comune. A sei mesi dall’inizio della guerra in Ucraina niente di simile sta accadendo, benché l’Europa sia nella fase più acuta del ricatto di Vladimir Putin sui prezzi del gas.
Ogni Paese gareggia contro tutti gli altri per accaparrarsi forniture di gas da produttori diversi dalla Russia; le quotazioni in Europa indicate dal mercato di Amsterdam (Ttf) sono altissime e volatili aldilà di qualunque motivazione di fondo; nessun intervento coordinato è partito in Europa neanche per collegare i rigassificatori iberici, i più capaci d’Europa, alle reti degli altri Paesi; e Putin continua a soffiare sul fuoco dei prezzi tenendo le forniture a un terzo dei livelli normali e facendo annunciare continue interruzioni.
Se il fallimento dell’Europa nel reagire a questa crisi è definitivo lo si capirà negli incontri fra ministri e nei colloqui fra i leader in settembre. Non è detto che lo sia, perché il livello estremo della minaccia a questo punto potrebbe indebolire anche le resistenze più radicate. È probabile in particolare che tornino sui tavoli di Bruxelles due temi che in queste ora attraggono l’attenzione degli operatori di mercato: il primo riguarda le possibilità di arrivare a qualche limite concordato al prezzo del gas in Europa; il secondo – collegato – coinvolge il ruolo del Ttf, il mercato di Amsterdam al quale sono indicizzate gran parte delle quotazioni dei contratti all’ingrosso e dunque anche dei prezzi al dettaglio del gas e dell’elettricità.
Su entrambi i fronti, il passare delle settimane fa progredire le riflessioni almeno nel settore privato. Di recente un trader e analista molto esperto nel settore del gas e del petrolio, Salvatore Carollo, ha dettagliato sulla rivista “Energia” un modello di tetto mobile al prezzo: l’idea è di agganciare il valore del metano in Europa alla quotazione dello Henry Hub, l’indice del gas liquefatto in offerta sul mercato americano (che oggi tratta a una frazione del Ttf europeo, ma molto sopra ai prezzi di produzione del metano).
Non è chiaro se questa sia l’opzione preferita dall’Italia o da altri Paesi che continuano a inseguire un accordo europeo per un tetto al prezzo del gas. È plausibile però che ogni intesa, se ci si arriva, debba andare di pari passo a un coordinamento fra governi per ridurre i consumi di energia nel prossimo inverno. «Un tetto al prezzo del gas può funzionare solo se si accompagna a un contenimento della domanda – sostiene Chicco Testa, presidente di Assoambiente ed ex presidente di Enel –. In caso contrario la pressione degli acquirenti rischia di far saltare qualunque tentativo di contenere le quotazioni».
Un secondo fronte seguito dagli operatori è collegato invece all’anomalia olandese che si aggira in questi per l’Europa. Ciò che distingue i Paesi Bassi oggi è la bilancia con l’estero. L’esplosione della bolletta energetica ha drasticamente peggiorato le ragioni di scambio con il resto del mondo di grandi esportatori netti come Germania, Italia o Spagna. Fino al 2021 questi ultimi esportavano, in valore, molto più di quanto importassero; il loro surplus commerciale era così robusto da mantenere nettamente in attivo la bilancia delle partite correnti dell’intera zona euro. In tempi normali l’area aveva un surplus con il resto del mondo fino a oltre 40 miliardi di euro al mese. Oggi non più. Dopo l’esplosione della quotazione del gas sul Ttf da 20 a oltre 300 megawattora, il denaro che occorre spedire all’estero per comprare energia ha demolito l’attivo di Germania, Italia o Spagna nelle partite correnti. Solo a maggio di quest’anno, per esempio, l’area euro registra un deficit da 20 miliardi e uno choc negativo da 60 miliardi rispetto a periodi più normali del passato recente.
L’anomalia dell’Olanda sta nel fatto che i suoi conti reagiscono alla crisi dell’energia in direzione opposta: tra il primo e il secondo trimestre del 2022 il Paese ha raddoppiato il suo surplus, oltre ogni previsione. La spiegazione probabilmente è nell’impatto del Ttf. Quello di Amsterdam in realtà è un mercato di dimensioni ridotte, da uno o due miliardi al giorno per valore dei contratti scambiati (contro i duemila miliardi al giorno della borsa del Brent di Londra). Gli operatori vendono e comprano contratti a scadenza senza che sulla piattaforma sia disponibile la materia prima sottostante e proprio i limiti della piattaforma ne esasperano la volatilità: pochi ordini bastano a far saltare i prezzi, destabilizzando a cascata l’intero sistema europeo dell’energia. Eppure il boom dei prezzi sul Ttf permette all’Olanda di registrare crescenti surplus a spese della drammatica emergenza del resto d’Europa, mentre il governo dell’Aia si oppone a ogni forma di tetto ai prezzi: non proprio l’esempio più onorevole di solidarietà europea.