Corriere della Sera, 27 agosto 2022
Una montagna di soldi sui conti correnti degli italiani
Gli italiani non hanno mai smesso di risparmiare: in dieci anni, tra il 2011 e il 2021,la ricchezza finanziaria è salita a 5.256 miliardi di euro con una crescita di quasi 1.700 miliardi, più 50 per cento. Il risparmio è «un bene da tutelare» dice Lando Sileoni, il leader della Fabi, l’organizzazione sindacale bancaria che ieri ha diffuso il rapporto che dice tra le altre cose come il contante, «il più amato dagli italiani», sia la voce in maggior aumento.
In dieci anni il contante ha fatto segnare un progresso di 509 miliardi (+45%) raggiungendo quota 1.629 miliardi. Si è mantenuta stabile, tuttavia, al 31% delle masse, la percentuale di denaro lasciato su conti correnti e nei depositi. Piacciono meno le obbligazioni, drasticamente ridotte nel portafoglio dei risparmiatori (-67%, da 712 miliardi a 233 miliardi, con un crollo di 479 miliardi), anche a causa dei tassi di interesse a zero o negativi. Le polizze assicurative stanno conquistando, invece, uno spazio sempre più significativo tra le preferenze delle famiglie: con 680 miliardi erano, nel 2011, il 19% del totale degli investimenti, cifra cresciuta di ben 533 miliardi (+78%), a dicembre scorso a quota 1.213 miliardi, pari al 23% dei risparmi complessivi.
Solo nel 2021, il risparmio delle famiglie italiane ha generato un flusso di 320 miliardi, ma il 61% della nuova ricchezza accantonata (143 miliardi in termini assoluti) è stato destinato ad attività finanziarie (principalmente azioni), il 16% (72 miliardi) a liquidità, la restante parte a forme di risparmio alternative. Il peso delle azioni è dunque aumentato progressivamente: con 690 miliardi rappresentava il 19% delle riserve delle famiglie nel 2011, cifra salita a 1.107 miliardi nel 2020 (22%) e poi ancora a 1.251 miliardi nel 2021, sfiorando il 24% del totale dei portafogli finanziari.
I mutui
L’indebitamento delle famiglie italiane rispetto ai mutui è il più basso d’Europa
In questi ultimi dieci anni di grande incertezza, è cresciuta la necessita di una pianificazione patrimoniale assieme a a una più attenta gestione del rischio, da qui la scelta di affidare i propri risparmi a un fondo comune. Il settore nel 2021 è arrivato a sfiorare il 15% degli asset finanziari delle famiglie, a 661 miliardi; valeva 235 miliardi totali, il 6%, a fine 2010 e il 13% del 2020 a 681 miliardi. In termini percentuali si è trattato, nel decennio, della crescita più rilevante (+227%). Tuttavia, la dinamica ha favorito i fondi di diritto estero, passati, in questo lasso di tempo, da 89 miliardi a 536 miliardi (+60%), mentre quelli tricolore sono aumentati di appena 88 miliardi da 146 a 234 miliardi (+498%).
Rispetto al reddito disponibile, in Italia la percentuale di indebitamento è pari al 6%, mentre in Francia è all’1%, poco sopra lo 0,9% di Germania e Spagna. Ne consegue che la ricchezza finanziaria netta è, rispetto al reddito disponibile, pari al 3,4% in Italia, al 2,8% in Francia, al 2,6% in Germania e al 2,5% in Spagna. Alla fine del 2021, anche il tasso di indebitamento finanziario delle famiglie italiane rispetto ai mutui è il più basso d’Europa, con un distacco rilevante di 3 punti base rispetto a Francia, Germania e Spagna. L’Italia, con la sua percentuale del 39% investita in titoli azionari, è seconda sola alla Spagna, ma vanta il primato della quota di portafoglio destinata ai titoli di Stato, che rappresenta il 4,3% del totale, rispetto a una media europea dell’1,6%; ben più bassa per Paesi come Francia (0,6%) e Spagna (0,4 per cento).
«Le decisioni assunte per salvare l’euro a ogni costo, nel luglio 2012, dalla Banca centrale europea, allora guidata dal presidente Mario Draghi (che pronunciò l’ormai celebre “whatever it takes”) hanno tutelato i risparmi degli italiani cresciuti quasi del 50%. Quei provvedimenti, quindi, non soltanto hanno preservato la moneta unica, ma hanno anche rafforzato la ricchezza finanziaria delle nostre famiglie», ha detto ancora Sileoni chiedendo a tutte le forze politiche, in vista delle elezioni del 25 settembre, «proposte serie e concrete» per continuare a tutelare i risparmi. No, perciò, «a interventi fiscali dannosi, come per esempio la patrimoniale», che aumenterebbero il carico fiscale su denaro che «è frutto di risparmi sui redditi delle lavoratrici e dei lavoratori, quindi già ampiamente tassato dallo Stato».