Corriere della Sera, 27 agosto 2022
La strategia di Putin, un gatto che perderà il topo
Vladimir Putin sta spendendo l’ultima carta che ha a disposizione, per quel che riguarda l’Europa. Il gioco al gatto e al topo che conduce – chiudo un po’ i rubinetti del gas, li riapro, li richiudo – quasi certamente provocherà una recessione invernale nei Paesi della Ue e in altri. Un po’ per la scarsità di energia, un po’ per il prezzo del gas naturale salito ormai di oltre il mille per cento rispetto ai 25 euro per megawattora dell’estate 2021. Non è però detto che la recessione debba essere devastante, nel Vecchio Continente, tale da mettere l’uno contro l’altro i diversi Paesi (che è l’obiettivo del Cremlino). Dipenderà dalle politiche comuni che verranno adottate. Se, pur con sacrifici, l’Europa supererà l’inverno, per Putin sarà un brutto colpo. Ma occorre non illudersi ora con proposte demagogiche: la crisi è seria e non c’è magia che la faccia sparire.
Il mercato del gas non è globale come quello del petrolio, facilmente trasportabile. È in gran parte dipendente dai gasdotti, che sono rigidi e richiedono tempo e lavoro per essere posati. Per questo motivo, i Paesi europei faticano a diversificare le loro fonti di approvvigionamento per staccarsi dalla dipendenza russa.
A umentano gli acquisti di gas che arriva attraverso pipeline già esistenti con Paesi del Nordafrica e dell’Asia Centrale oppure comprano gas liquefatto non russo, trasportato con navi metaniere per poi rigassificarlo. Ma non è operazione repentina: se lo fosse, l’avrebbero già terminata. Il prezzo del gas, infatti, ha iniziato a salire significativamente nel 2021, quando i consumi in Cina ne fecero crescere la domanda in modo così rapido da scatenare una corsa agli acquisti, in particolare tra Asia ed Europa. In quel periodo, il presidente cinese Xi Jinping ordinò ai suoi trader di comprarne a qualsiasi prezzo. Su una tendenza del genere, l’invasione russa dell’Ucraina e il ricatto energetico di Putin hanno fatto volare ulteriormente i prezzi in Europa.
Ora, siamo in questo guaio: prezzi alti, ricatto putiniano, mercato rigido. La prima risposta che l’Europa può dare è la sostituzione delle fonti: il governo italiano si è mosso con l’Algeria e con altri Paesi africani e asiatici; la Germania ha preso in leasing quattro unità di rigassificazione flottanti e la prima sarà operativa in gennaio; altri vanno in direzioni simili. Tempi lunghi e comunque non basterà, perché alcuni Paesi, in particolare quelli dell’Europa Centrale e dell’Est potrebbero, causa approvvigionamenti alternativi a quelli russi per loro più difficili, subire una recessione molto più alta, fino al 6%, di quella dell’Europa occidentale, che invece si restringerebbe di circa l’1% – ha calcolato il Fondo monetario internazionale. Sarà dunque fondamentale una condivisione di gas, per evitare che la recessione provochi una rottura politica e sociale in Europa. Se si supereranno i nazionalismi energetici, la recessione media nella Ue potrebbe essere nell’ordine dell’1,8%, calcola l’Fmi. Non poco ma meno che durante la crisi finanziaria: dolorosa ma sopportabile se funzionerà la solidarietà europea.
Saranno comunque tempi duri. Come dice Emmanuel Macron, siamo alla «fine dell’abbondanza»: anche di gas. I consumi andranno ridotti. Le fasce più deboli della popolazione sostenute economicamente non solo negli acquisti di energia ma in generale a fronte dell’inflazione. E attivare, da parte dei governi, una serie di meccanismi a sostegno delle imprese è imprescindibile. Ma tutto ciò è attenuazione di un cambiamento che è strutturale e ha ragioni geopolitiche: è un inganno sostenere che si possa uscire dalla trappola con facili misure nazionali. Nel medio periodo, le industrie europee si adegueranno a un utilizzo più virtuoso dell’energia, come accadde nella crisi degli Anni Settanta; nuove tecnologie aiuteranno a risparmiare; la sostituzione del gas russo con quello di altri Paesi sarà completata. A quel punto, Putin sarà davvero nelle pesti, un gatto che ha perso il topo. Per arrivarci, occorre però un’Europa unita su politiche realiste. Senza illusionismi.