la Repubblica, 26 agosto 2022
Gli influencer guadagnano ma non pagano le tasse
Anche gli influencer evadono le tasse? Sembrerebbe proprio di sì, a giudicare da un’operazione della Guardia di Finanza di Ravenna, che ha denunciato tre “influencer e content creator” che nel giro di due anni avevano evaso imposte su redditi che ammontano a circa 400 mila euro. Uno dei tre è risultato anche percettore di reddito di cittadinanza per circa 16 mila euro (visto che ufficialmente risultava nullatenente) che ora dovrà restituire all’Inps.Professione nuova, tanto che ancora sui social si tengono animate discussioni per stabilire se quello dell’influencer è un vero lavoro oppure no, ma anche regole vecchie, o perlomeno riconducibili alle leggi già in vigore. E quindi quella di influencer, secondo commercialisti e addetti ai lavori, va considerata a tutti gli effetti una libera professione. Secondo le Fiamme Gialle che hanno condotto l’indagine di Ravenna va in quadrata come «un’attività di lavoro autonomo di tipo artistico professionale» e tassata di conseguenza. E il fatto che non esista un albo professionale, che non ci siano regole specifiche non significa che si debba ignorare il fisco e tanto meno che ci si possa dichiarare nullatenenti. Tanto più quando si tratta, come nel caso scoperto dalle indagini della Gdf, di attività abbastanza redditizie.Le possibilità di inquadrare questa nuova professione offerte dalla legge sono molte: si va dalla prestazione occasionale di lavoro autonomo a quella con partita Iva alla cessione di diritto d’autore, e in quanto attività professionale se non si superano i 65 mila euro lordi annui si può anche applicare la flat tax del 15%. Quello che non si può fare invece è ignorare il fisco.Le indagini sono partite, spiega un comunicato della Guardia di Finanza, a seguito di «una segnalazione di operazioni bancarie sospette di riciclaggio trasmessa dal Nucleo speciale di Polizia valutaria di Roma», relativa a «ben 21 soggetti che risultavano aver movimentato cospicue disponibilità liquide o aver ricevuto frequenti bonifici esteri, seppur formalmente disoccupati».Alla fine le investigazioni si sono concentrate su tre soggetti che non solo «ricevevano i corrispettivi a loro spettanti dalle sedi amministrative estere dei social network» su cui operavano, ma anche «altri compensi, anche mediante ricariche di carte Postepay, da parte dei propri follower e fan per l’acquisto di contenuti vari (foto, video, chat, dirette streaming e altro) rigorosamente in nero, in totale evasione di imposte». Stimati «circa 400.000 euro per le sole annualità 2020 e 2021» di redditi «illecitamente sottratti a tassazione».