Corriere della Sera, 26 agosto 2022
Troppo poco autistico per le Paralimpiadi
Luca ha sempre amato la corsa. «Quando era piccolo gli piaceva farsi inseguire». Mamma Cristiana non si era accorta solo della passione per l’atletica: «Aveva pochi mesi – ricorda oggi —, ma non ci guardava e non voleva essere preso in braccio». A due anni e mezzo la diagnosi di autismo. Luca ora si racconta così: «Ero un Hi-Fi molto sofisticato e arrivato senza il libretto di istruzioni. Poi i miei genitori hanno capito il mio modo di pensare e di cosa avessi bisogno». Anche grazie alla loro sensibilità di artisti: Cristiana è pittrice, Fabrizio, agente di commercio per lavoro, un virtuoso del violino. Anni di corsi e programmi da seguire. Con miglioramenti importanti. Tanto che oggi, 18 anni appena compiuti, Luca Venturelli, romagnolo di Bellaria (Rimini), è più che una promessa dell’atletica e ha un profilo Instagram con migliaia di follower.
Lo sport ha una parte importante nella sua vita. Vola sull’Adriatico con il sup insieme con la sorella Lisa, che è campionessa italiana under 12. Agli assoluti di atletica paralimpica ha vinto l’oro in 800 e 1500. Da ieri è in ritiro con una selezione regionale della Federatletica a Castelnovo ne’ Monti, sulle colline reggiane. Nelle scorse settimane sarebbe dovuto partire per gare internazionali paralimpiche e alle Paralimpiadi di Parigi 2024. «Mi hanno fermato – si sfoga —. La mia categoria non era contemplata. Per ora c’è solo quella degli atleti con un quoziente intellettivo inferiore a 75». Quello di Luca sfiora i 100. «In quei giorni mi sono sentito come se mi avessero portato via sogni, esperienze, possibilità. Ma voglio fare di tutto per poter continuare a sognare. Probabilmente sarà molto difficile e lungo, ma sono abituato a faticare per ottenere anche il più piccolo risultato». Alla Paralimpiade non vi sono gare della classificazione sportiva per persone nella sua condizione, un autismo di livello 1 (il più grave è il 3). Luca ha una forte sensibilità ai suoni. Allo sparo dello start prima usava i tappi, ora alla partenza tiene le mani sulle orecchie.
Si batte però per cambiare le cose. Ha incontrato Sandrino Porru, campione paralimpico in anni lontani e oggi presidente della Fispes, la Federazione a cui fa capo l’atletica paralimpica: «Mi ha ascoltato come fa un papà con un figlio», dice Porru. «Vogliamo essere la casa di tutti. Con il presidente Luca Pancalli ci impegniamo per ampliare le possibilità anche a livello internazionale». Luca non si ferma: «Sono onorato di poter parlare per gli atleti che stanno vivendo la mia stessa situazione – dice —. Quello che oggi posso fare è far sentire a tutti la mia voce sperando che da una, possano diventare molte di più. Il mio sogno è correre, comunicare, aiutare. E correre è il mio modo per volare, il mio stile di vita e tutto quello che ho per esprimere la forza che ho dentro».