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 2022  agosto 25 Giovedì calendario

In morte di Lorenza Carlassare

È stata senza volerlo una prima donna, Lorenza Carlassare. Prima donna nell’accedere a una cattedra di diritto costituzionale nel 1978. Erano passati 171 anni dalla prima ed effimera istituzione di quell’insegnamento all’Università di Ferrara, al tempo della Repubblica cisalpina, e 127 dalla cattedra istituita nella Torino liberale. Il mondo del diritto è stato nei secoli appannaggio degli uomini e il diritto costituzionale lo è stato anche a maggior ragione, essendo contiguo alla politica, a sua volta dominio maschile. Avrebbe potuto a buon diritto atteggiarsi a paladina, a farsene un vanto come un’antesignana nelle battaglie per l’uguaglianza “di genere”.Non l’ha mai fatto. Voleva essere, ed era, stimata come una persona dedita allo studio e non altro, continuatrice fedele, insieme ad esempio a Sergio Bartole, di un’illustre tradizione accademica che faceva capo a maestri come Vezio Crisafulli e Livio Paladin. Il sesso non c’entrava. Se ricordava le traversie incontrate nel farsi largo in un ambiente ostile per ragioni di genere, non era affatto per vantarsi d’averle affrontate e superate. Ne avrebbe avuto ben donde, ma l’ostentazione di sé non era nel suo carattere. Se accennava alle traversie era per ricordare l’arretratezza culturale che dominava ancora negli anni ’70 in un ambiente, il diritto costituzionale, che avrebbe dovuto essere il più sensibile di tutti alle ragioni dell’uguaglianza.Pagò lo scotto d’essere donna vincendo il concorso a cattedra diversi anni dopo il tempo normale, ma mai recriminò per questo. Semmai, erano i suoi colleghi che ne conoscevano il valore e l’avevano sorpassata nel tempo della carriera, a vergognarsi un poco, in sua presenza, per avere approfittato di quella che era un’indiscutibile ingiustizia.Era una prima donna anche quando saliva in cattedra e, senza atteggiamenti studiati, diffondeva il fascino che è solo di chi, parlando, porta testimonianza di competenza scientifica unita a passione e ad assoluta onestà intellettuale. È stata un’incantatrice. Lo dimostra l’affetto e la riconoscenza dei tanti suoi studenti e allievi di Ferrara e di Padova, dove ha insegnato, e dei frequentatori delle conferenze di cultura costituzionale aperte a tutti che assiduamente ha organizzato nel corso degli anni, fino all’ultimo: affetto e riconoscenza che avvertiamo tanto più grandi ora che, “la Lorenza”, non l’abbiamo più tra noi.Prima donna fu anche quando per poco mancò il traguardo più ambito e naturale di tutti gli studiosi del diritto costituzionale: la nomina a giudice della Corte costituzionale. È stata lì lì. Tutti noi la davamo per fatta e lei stessa ha raccontato di quella che pensava sarebbe stata la sua ultima lezione con i suoi studenti che amava e da cui era riamata. Senza retorica, ma con abbondanti lacrime agli occhi. Quella nomina sfumò. Come testimoniato da alcuni che parteciparono a quella vicenda, fu perché venne considerata “non affidabile” da qualcuno che contava. Questo giudizio non è una macchia, ma un titolo di merito. Affidabile significava pieghevolezza alle ragioni della politica. Da questo punto di vista era davvero inaffidabile. L’idea che per opportunità o convenienza si potesse tradire le proprie idee formate nello studio della Costituzione era lontanissima da lei.Questo aspetto della sua concezione dei doveri di studiosa e la sua impermeabilità a ogni “ragion politica” è ciò che, nei suoi innumerevoli interventi sulle vicende di questi anni, l’ha talora fatta apparire rigida, sorda ai compromessi. Per lei, quando si trattava di cose costituzionali c’era solo la Costituzione. Le strumentalizzazioni e le manipolazioni di cui i giuristi “di mondo” sono espertissimi non le andavano a genio.Credeva nella Costituzione come il documento più politico che esiste, e proprio per questo la collocava al di sopra della politica d’ogni giorno.Questi sono primi pensieri di gratitudine, oltre che di dolore, per la perdita di uno degli ultimi esponenti della grande scuola dei costituzionalisti del nostro Paese. Non mancheranno le occasioni per mantenerne vivo il pensiero giuridico, prolungare il suo impegno civile e coltivare tra noi il ricordo d’una persona fuori del comune.