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 2022  agosto 25 Giovedì calendario

India e Usa temono le navi della Cina

Lo scorso 22 agosto, la nave cinese Yuan Wang 5 ha lasciato il porto di Hambantota, nello Sri Lanka, dopo giorni di polemiche tra Pechino, New Delhi e Colombo. L’imbarcazione è dotata di una strumentazione per il rilevamento e il tracciamento di satelliti: il governo indiano sosteneva che potenzialmente si trattasse di un’operazione di spionaggio condotto dall’isola appena a Sudest del suo territorio e chiedeva alle autorità di Colombo di vietare l’attracco; la Cina parlava di una sosta di rifornimento. Lo Sri Lanka, dopo qualche giorno di rinvio, ha permesso l’attracco. Dietro questa disputa all’apparenza minore, c’è la sfida che si sta sviluppando nell’Oceano Indiano. Il porto di Hambantota è diventato famoso qualche anno fa, quando fu costruito con capitali cinesi e poi, dal momento che Colombo non riusciva a pagare le rate del prestito, fu concesso in uso per 99 anni ai cinesi. Un caso di «trappola del debito». Delhi ha sempre temuto che il porto potesse essere usato da Pechino per scopi militari e nella controversia dei giorni scorsi ha ritenuto di trovarne conferma. Ma c’è di più. La Cina ha enormemente aumentato la sua flotta navale, negli anni scorsi, e questo sta creando allarme nella regione e negli Stati Uniti. Un rapporto del Dipartimento della Difesa americano pubblicato l’autunno scorso ha ammesso che l’Esercito Popolare di Liberazione cinese ha ora la maggiore flotta navale al mondo: 355 imbarcazioni che arriveranno a 420 nel 2025 e a 460 nel 2030. Imbarcano un personale di 235 mila unità: non strano che gli indiani, che arrivano a  67 mila tra marinai e ufficiali, si preoccupino. Tra Pechino e Delhi le tensioni sono sempre consistenti, sia per la crisi aperta su questioni di confine nell’Himalaya, sia perché l’espansione navale cinese cambia gli equilibri nell’Oceano Indiano. Washington non è meno preoccupata di Delhi: oggi ha in funzione 297 imbarcazioni che l’Amministrazione Biden intende ridurre a 270 (mediamente più efficienti di quelle cinesi). In gioco c’è il fatto che – storicamente Gran Bretagna e poi gli Stati Uniti – una potenza che vuole essere globale tende a essere potente, se non dominante, in almeno due dei tre grandi oceani. L’espansione navale cinese, che comprende portaerei e sommergibili nucleari, conferma che questa dimensione globale è l’obiettivo di Pechino.