Corriere della Sera, 25 agosto 2022
L’eterno Scilipoti di nuovo candidato
Il suo telefono è costantemente occupato. Quando risponde la replica è sempre la stessa: «Mi scusi ma sono impegnato, richiamerò io tra un po’…». Domenico Scilipoti è già in modalità campagna elettorale. Questa volta non farà parte delle liste di Forza Italia, ma ha trovato spazio in un listino proporzionale dei centristi del centrodestra. Ovvero, il cartello messo a terra da Giovanni Toti, Luigi Brugnaro, Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi. È al secondo posto. Ce la farà? Improbabile, ma intanto lui gareggia. Piccolo esercizio di memoria: Scilipoti, per tutti Mimmo o Mimmuzzo, è il principe dei parlamentari «responsabili». Classe ’57, siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto, medico specializzato in ginecologia, già tifoso di Antonio Di Pietro, diventa famoso per il salvataggio del quarto governo Berlusconi nel dicembre del 2010, dopo aver lasciato il gruppo parlamentare dell’Italia dei Valori. «Ma io non ebbi alcun tornaconto personale. Nel corso del quarto governo Berlusconi non ebbi incarichi di governo...». Grazie alla sua mossa il medico prestato alla politica si garantisce la rielezione al Senato alle Politiche del 2013. Con un seggio in Calabria. «Il mio destino è nelle mani del Cavaliere», disse. «Sto pensando di aprire due segreterie, una al Nord della Calabria, l’altra al Sud. Poi mi preoccuperò anche di trasferire la residenza». Per tutta la legislatura sarà devoto al leader azzurro. Non cambierà più casacca. Eppure l’etichetta di voltagabbana gli rimarrà affibbiata per sempre. Ogni qualvolta un parlamentare cambia casacca si evoca il nome di Scilipoti. «Gli Scilipoti sono solo persone libere» si difende lui. Addirittura nel dizionario Treccani compare la voce «scilipotismo». «È sinonimo di libertà, non di trasformismo». Prova a farsi blindare anche alle Politiche del 2018, senza risultato. «Sono stato il più fedele di tutti, l’unico senatore di Forza Italia in Calabria a non aver cambiato partito. E poi ho fatto tanto in Senato. Trenta proposte di legge, centinaia di comunicati stampa, le battaglie per la medicina alternativa, anche la legge sull’omicidio stradale è mia, e poi la passione per la medicina olistica, le terapie alimentari, l’agopuntura». Nulla da fare. Sparisce dai radar, diviene presidente di Unione cristiana, per tre anni va in Burkina Faso per rivestire un incarico ricevuto dalle Assemblee di Dio, dando «consulenze anche in campo sanitario, ho pure aperto un dialogo con il Parlamento locale». Resta tuttavia la nostalgia del Palazzo: il saluto dei commessi, la buvette di Palazzo Madama, «il buongiorno senatore». E così ogni qualvolta c’è una crisi di governo si palesa in Senato per esaltare il ruolo dei responsabili. «Nessuno parli di loro, fanno il bene del Paese», dirà nelle ore della fine del governo Conte II. E lo stesso farà nei giorni della crisi del governo Draghi, arrivando a consigliargli le dimissioni. E adesso rieccolo. D’altro canto, ripete sempre, «l’importante è metterci sempre la faccia e difendere le proprie scelte politiche alla luce del sole». E, va da sé, nel segno della responsabilità.