La Stampa, 24 agosto 2022
A Imperia un rabdomante per vincere la siccità
Anche il rabdomante, per combattere la siccità. Nell’estremo Ponente ligure questa antica conoscenza della tradizione non si è persa, c’è chi la pratica e, in questa estate senza pioggia, con i torrenti quasi a secco e le falde che calano in maniera preoccupante, perfino i Comuni decidono di chiamare in soccorso chi, concentrazione e strumenti alla mano, «sente» l’acqua in profondità nei terreni e, magari, indica dove si può trovare una fonte nascosta o dove si può scavare un pozzo.
«Di scientifico non c’è nulla, lo so – racconta Remo Moraglia, sindaco di Bajardo, piccolo centro sopra Sanremo, poco più di 300 anime – ma due delle nostre cinque sorgenti si sono seccate negli ultimi mesi. Le variazioni climatiche ci sono e purtroppo dobbiamo pensare anche al futuro. Fino ad ora abbiamo avuto le autobotti dei vigili del fuoco che ci hanno portato l’acqua. Ho saputo che anche in passato ci si era rivolti al rabdomante e l’ho chiamato. Un po’ come quando si ha una malattia e si è disperati: si prova a percorrere tutte le strade». Il portatore di questa conoscenza antica e misteriosa è Renato Labolani, 74 anni, residente peraltro a una manciata di chilometri da Bajardo, in un altro piccolo centro dell’entroterra del Ponente ligure, Apricale. «Capisco lo scetticismo – ancora il sindaco Moraglia – e se per caso la Corte dei conti dovesse avere da ridire, sono pronto a pagarli di tasca mia i 300 euro spesi per il rabdomante. Ma Apricale lo aveva già chiamato a luglio con successo e per questo ci siamo decisi. Ha trovato da noi cinque punti di acqua, tra i 120 e i 250 metri di profondità. Ora valuteremo di chiamare i tecnici per carotaggi e trivellazioni, magari prediligendo il punto meno profondo, sperando che lì ci sia acqua davvero».
Con i torrenti secchi o ai minimi storici, l’unico grande invaso dell’entroterra ridotto a una pozzanghera, il fiume Roja, principale risorsa idrica dell’Imperiese, già devastato dalla tempesta Alex di ottobre 2020 che ha modificato le falde e creato grossi problemi, il rabdomante alla fine può essere una opzione da tenere a mente.
Il Cicap (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze, fondato nel 1989 su iniziativa di Piero Angela) definisce «la rabdomanzia un’arte divinatoria che non ha alcuna efficacia dimostrata» e mette in guardia le istituzioni pubbliche. Anzi, invita il rabdomante a «un esperimento di verifica delle sue abilità sensitive». Renato Labolani, che preferisce definirsi esperto di radioestesia piuttosto che di rabdomanzia, raccoglie la sfida e rilancia: «La mia non è una scienza e lo so. Ma è reale e i risultati ci sono. Vorrei incontrare qualcuno del Cicap per un confronto diretto: prendiamo un terreno e vediamo chi trova l’acqua e chi sbaglia». Poi racconta la sua storia: «Ho iniziato tra il 1985 e il 1990. Mia nonna aveva doti particolari e io le ho ereditate. Ogni cosa emette vibrazioni che possono essere colte soltanto dalla nostra parte inconscia. Io con il pendolo, in passato usavo il bastoncino ma l’ho abbandonato, le riesco a percepire. Sembra strano ma funziona». E infatti a luglio ha trovato una fonte d’acqua nascosta sottoterra appunto ad Apricale, piccolo comune dove il sindaco aveva dovuto chiudere l’acqua alcune ore al giorno proprio per la siccità. «Quella fonte è da 250 metri cubi al giorno», spiega. Il suo modo di parlare è calmo e senza esitazioni, tranquillo nell’affrontare scetticismo e critiche: «Una volta in tanti avevano queste doti, poi sono andate perse. Questo è il mio più grande timore: non riuscire a trasmettere quello che so. Ho perso un nipote che stava imparando in un incidente. Ora ripongo le mie speranze in una nipotina di 18 anni. In tanti possono sentire l’acqua, ma bisogna essere in grado di capire quanta ce n’è e a quanta profondità, altrimenti è inutile».