La Stampa, 24 agosto 2022
I funerali di Darya Dugina
Una "martire" in nome della quale le truppe russe devono cercare "la vittoria" nell’atroce invasione dell’Ucraina: nella cerimonia funebre in sua memoria, politici e oligarchi filo-Cremlino hanno descritto così Darya Dugina, la propagandista russa assassinata alle porte di Mosca sabato notte, quando un ordigno ha fatto saltare in aria l’auto su cui viaggiava. Parole spesso impregnate di nazionalismo e dell’inconfondibile propaganda di Putin, e che certo non spengono i timori di alcuni osservatori che il terribile delitto di cui è stata vittima questa giovane donna - da chiunque sia stato commesso - possa contribuire a un inasprimento degli attacchi dell’esercito russo in Ucraina.
A dare l’estremo saluto a Dugina - che era sotto sanzioni di Washington e Londra perché accusata di "disinformazione" sulla guerra in Ucraina - c’erano centinaia di persone: amici, colleghi, familiari, e alcuni noti politici e imprenditori russi. Nella camera ardente allestita al centro televisivo Ostankino di Mosca, in una sala volutamente oscurata, tra le corone di fiori decorate col tricolore russo, tra le rose rosse i gigli bianchi, spiccava un ritratto in cui la 29enne sorrideva: una grande foto in bianco e nero illuminata e posta alle spalle della bara. Seduti davanti al feretro c’erano i genitori della ragazza, vestiti a lutto, provati, a cominciare dal Aleksandr Dugin, il filosofo conservatore e ultranazionalista che appoggia apertamente la sanguinosa aggressione militare contro l’Ucraina. Alcuni lo considerano una sorta di ideologo dell’autoritarismo del Cremlino, per quanto la sua reale influenza sul presidente russo sia oggetto di discussione.
C’è chi ipotizza che in realtà fosse lui il vero obiettivo degli attentatori. Il controspionaggio russo sostiene invece che nel mirino ci fosse proprio la figlia, Darya Dugina. Lunedì, a nemmeno due giorni dall’omicidio, l’Intelligence russa ha infatti puntato il dito contro «i servizi speciali ucraini» e li ha accusati di aver commesso il crimine servendosi di una loro agente che viaggiava con una Mini cooper. La versione delle autorità russe - sfoderata in tempi record - è ovviamente tutta da dimostrare e da parte sua l’Ucraina afferma di non avere nulla a che fare con questo tremendo delitto e sostiene che dietro ci siano semmai proprio i servizi russi. «L’Fsb ha fatto questo e ora suggerisce che sia stato qualcuno dei nostri», ha detto alla tv ucraina il segretario del Consiglio di sicurezza di Kiev, Oleksiy Danilov.
Sull’omicidio di Dugina si sa in realtà davvero troppo poco per trarre delle conclusioni. La tv russa comunque ripete la versione di Mosca senza metterla in dubbio e proprio il giorno dopo che la Russia ha accusato l’Ucraina per il delitto, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha tuonato che Mosca non avrà «nessuna pietà» per chi ha ucciso Dugina.
La televisione russa ha dedicato ampio spazio ai funerali della ragazza, a cui non erano presenti membri del governo ma durante i quali un delegato di Putin ha consegnato a Dugin la medaglia dell’Ordine del Coraggio, assegnata alla memoria a sua figlia. «L’enorme prezzo che dobbiamo pagare può essere giustificato solo dal risultato più alto, la nostra vittoria», ha detto emozionato Dugin tra retorica e nazionalismo durante i funerali affermando che sua figlia «viveva per la vittoria ed è morta per la vittoria». Dichiarazioni dello stesso tono sul sanguinoso conflitto in Ucraina sono arrivate anche dall’oligarca Konstantin Malofeev. «Non è morta invano. Con il sangue dei nostri martiri diventiamo più forti», ha affermato Malofeev aggiungendo poi che «con questa morte prematura della nostra cara e amata Dasha» l’esercito russo «vincerà sicuramente la guerra». Leonid Slutsky, leader del partito nazionalista Ldpr e presidente della Commissione Esteri della Duma, è arrivato addirittura a dichiarare che una piazza di Kiev potrebbe essere dedicata a Dugina una volta «completata la denazificazione» dell’Ucraina, ripetendo così le accuse infondate della propaganda di Putin secondo cui il governo di Kiev sarebbe un covo di fascisti: una menzogna con la quale il Cremlino cerca di giustificare l’ingiustificabile invasione dell’Ucraina.