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 2022  agosto 23 Martedì calendario

Intervista allo scrittore Lawrence Osborne

«Dobbiamo essere pronti a difendere la libertà. Non solo, l’intera società deve schierarsi in modo compatto a tutela degli artisti e degli scrittori, lo considero un fatto scontato, inevitabile. Ma quando ciò non accadrà più, se non ci indigneremo più per un attacco violento, significherà che ci troveremo in una dittatura!». Con queste parole il 64enne scrittore inglese Lawrence Osborne commenta il vile attacco dello scorso 12 agosto contro Salman Rushdie, rispondendo all’intervista dalla Thailandia, il Paese in cui ha scelto di vivere da oltre dieci anni. Giustamente considerato l’erede letterario di Graham Greene, Lawrence è capace come nessun altro di raccontare lo scontro culturale fra Occidente e Oriente e nei suoi romanzi dalle grandi atmosfere, ci sentiamo in bilico, appesi a poche certezze, in un mondo più grande di noi con un mix esplosivo fra l’oblio del lusso e una miseria sconcertante. Dopo il successo al Toronto Film Festival, nelle sale cinematografiche è appena uscito The Forgiven, il film tratto da Nella polvere con Ralph Fiennes e Jessica Chastain - e lui torna in libreria con Il regno di vetro (traduzione di Mariagrazia Gini), una azzeccata commedia umana nel clima torrido thailandese con una donna in fuga con una valigia piena di soldi, in un intreccio di bugie e misteri. E Apple Tv ne ha acquistato i diritti, con il premio Oscar Alfonso Cuarón in veste di produttore.
Da dieci anni vive a Bangkok in un condominio, proprio come quello che descrive in queste pagine. Com’è nata l’idea?
«Lentamente, a furia di vivere giorno dopo giorno in questo strano edificio dal fascino antico. L’atmosfera che si respira qui è così unica e così sinistra durante i monsoni che l’ho trovata un’ambientazione perfetta per un certo tipo di storia di suspense».
Cosa l’ha convinta a restare in Thailandia?
«In parte, credo che tutti arrivino a un punto in cui l’energia necessaria per gli sconvolgimenti diminuisce. Si vuole solo sistemarsi e vivere la propria vita. Inoltre, non è facile trovare una città accogliente. Ad esempio, ho sicuramente chiuso con Londra e New York».
Davvero? In tanti le sognano ad occhi aperti
«Per me non sono affatto congeniali».
E dopo l’Oriente?
«Se lasciassi la Thailandia sarebbe solo per l’Italia. Ma come sa, l’Italia ha le sue complessità burocratiche».
Ma cosa cerca nell’idea del viaggio?
«Non saprei ma credo che la voglia di viaggiare sia un istinto umano primordiale».
Ovvero?
«Gli esseri umani sono nomadi, o almeno, lo sono stati per migliaia di anni. Altrimenti non avremmo colonizzato il pianeta. Come diceva Bruce Chatwin, l’istinto di base è quello di camminare...».
Nel frattempo, Taiwan è contesa dalla Cina. Cosa pensa che succederà? La Cina si arrenderà o prenderà l’isola con la forza?
«È una domanda complicata. Penso che prima o poi la prenderà con la forza perché non può perdere la faccia con la sua popolazione dopo essersene vantata per anni. Tuttavia, dubito che sarà così facile come pensano. Conosco molto bene Taiwan, comprese le isole come Kinmen dove sono state combattute le battaglie originali del 1950. I taiwanesi hanno ora una propria identità, un proprio destino sovrano. L’85% della popolazione ha sempre votato per non ricongiungersi alla madrepatria comunista».
Dunque?
«Si può fare solo con la violenza, l’omicidio, la repressione e il terrore. L’attuale regime di Pechino non ha mai governato Taiwan, nemmeno per un giorno, e le sue rivendicazioni si basano fondamentalmente su quelle dell’Impero Qing. Se hanno un po’ di saggezza la lasceranno in pace - ma ovviamente Taiwan è la minaccia di un buon esempio, di un cambiamento possibile. Più ricca, più libera, più democratica, più pulita, più tollerante e meno bellicosa».
Cosa prevede?
«Probabilmente la Cina la invaderà».
Lei scrive dalle 10 di sera alle 4 del mattino. Quando ha capito che la scrittura era il suo destino?
«Non ricordo di aver mai desiderato altro se non, durante l’adolescenza, essere un chitarrista classico. Ho tenuto un unico saggio durante il quale le cinque signore anziane presenti si sono addormentate. A quel punto ho deciso che era meglio scrivere».
Cosa può dirci del progetto su Cacciatori nel buio?
«Stiamo discutendo con un grande regista, quindi non posso ancora rivelare nulla. Ma speriamo che sia in dirittura d’arrivo...».
Il premio Oscar Alfonso Cuarón sarà parte del progetto Apple su Il regno di vetro. Cosa vedremo?
«Cuarón sarà il produttore, affiancato da Teresa Kang per Apple. La sceneggiatura dell’episodio pilota è stata scritta da un giovane e brillante drammaturgo di Londra. Credo che sarà un progetto ambizioso».
Tutti i suoi romanzi stanno diventando progetti televisivi e cinematografici. Come è successo?
«Casualmente, ci vogliono anni e può essere molto frustrante lavorare ad un progetto per lo schermo ma i soldi veri arrivano da lì. Sono molto influenzato dall’aspetto visivo nel mio modo di scrivere, come si muovono e come parlano i personaggi nello spazio. Ma accadeva già in Omero, no?».
Il suo legame con l’Italia è forte tanto che negli anni 50 sua madre era a Napoli per intervistare Lucky Luciano. Come andò?
«Non l’ha mai detto! Era il 1953 e si trovava a Napoli, per lei era davvero il massimo. Come darle torto?».