la Repubblica, 23 agosto 2022
Il Rosatellum è come il gioco della pentolaccia
ROMA— Il Rosatellum non è una legge elettorale. È come il gioco della pentolaccia: vinci se sei sotto quella piena, perdi se sei sotto le altre. La differenza con il gioco è che si sa in anticipo dove stanno quasi tutte le pentole fortunate. Per questo i leader di partito non hanno dovuto far altro che posizionare sé stessi e gli amici nei posti giusti e augurare buona fortuna a tutti gli altri. Il problema è che i posti giusti sono meno degli altri anni, per via della riforma costituzionale che ha tagliato il numero degli eletti. Doveva cambiare anche il Rosatellum, anzi il Pd aveva chiesto ai propri elettori di votare sì al referendum sul taglio dei parlamentari proprio in cambio della promessa che il nuovo Parlamento sarebbe stato reso più equilibrato e rappresentativo dalla riforma della legge elettorale. Se la sono tenuta, la legge elettorale, ma per tenersene tutti anche i vantaggi, cioè la possibilità dei capi partito di nominare d’ufficio la gran parte dei parlamentari, hanno dovuto aumentare il tasso di nomadismo dei candidati.Fenomeno non nuovo, li chiamavano paracadutati, agli albori della Seconda Repubblica, perché spediti a prendere voti in territori lontani e tuttavia pronti a eleggere fedelmente i predestinati. In queste ore è come se i cieli d’Italia fossero pieni di paracadute aperti e aspiranti deputati e senatori in discesa controllata verso terre più o meno ignote. Non ci sono eccezioni. Nel Pd le ex sindacaliste uniscono Nord e Sud con la ligure Annamaria Furlan spedita in Sicilia e la lombarda Susanna Camusso in Campania, come del resto il ministro Dario Franceschini e il leader di Articolo uno Roberto Speranza, la marchigiana Laura Boldrini in Toscana, Matteo Salvini – già improbabile senatore uscente della Calabria – si sposta in Basilicata al pari della padovana Maria Elisabetta Casellati, Maria Elena Boschi è capolista in Calabria dopo l’esperienza esotica a Bolzano, notevole anche la gita a Marsala della quasi moglie di Berlusconi, Marta Fascina, e quella di Maria Vittoria Brambilla a Gela, persino Rita Dalla Chiesa viene spedita non si sa perché in Liguria da Forza Italia. Il veterocentrista Lorenza Cesa e il patron della Lazio Claudio Lotito si prendono gli unici due collegi uninominali del Molise, a dimostrazione che il Molise non esiste ma dà due seggi sicuri ai fortunati forestieri del centrodestra. Sono solo alcuni esempi. Del resto, il meccanismo è così spudorato che i sommersi, per rabbia contro i salvati, rifiutano le destinazioni sgradite, come la senatrice uscente del Pd Monica Cirinnà, che hadefinito «territori inidonei ai suoi temi» quei lembi di hinterland romano dove alla fine ha accettato di presentarsi. Chissà con che spirito la voteranno anche i cosiddetti idonei.Comprensibile l’amarezza degli indigeni. I sindaci sono inferociti. Antonio Decaro, primo cittadino di Bari e presidente dell’Anci, si è sfogato ieri in un colloquio con i colleghi di tutti gli schieramenti, destra, sinistra e centro, interpretandone l’umore collettivo: «I capicorrente usano il loro potere per imporre candidature plurime fuori territorio. Loro stessi escono dal loro territorio per cercare luoghi più sicuri per essere eletti».Poi c’è il fenomeno delle candidature plurime e incrociate tra collegi uninominali e proporzionale. Una volta funzionava così: i leader e gli esponenti di maggior peso dei partiti correvano in un collegio con il proprio nome e poi, dato che nei collegi passa solo il più votato e il rischio di esclusione è alto, avevano un posto garantito nei listini bloccati. Ora la maggior parte di loro ha rinunciato pure a correre in un collegio: sono tutti primi in lista. Meno rischi, nessuna macchia sul curriculum in caso di insuccesso. Non hanno un collegio Matteo Salvini ed Enrico Letta, ma neanche Matteo Renzi e Nicola Fratoianni. Fanno eccezione Giorgia Meloni a L’Aquila e Silvio Berlusconi a Monza, Carlo Calenda che sfiderà Emma Bonino nel collegio di Roma centro, e Luigi Di Maio che correrà in un collegio campano. Naturalmente hanno tutti un paracadute in altre parti d’Italia.Nel prossimo Parlamento gli eletti non saranno solo meno, saranno entità virtuali, ancora più slegate dal territorio. Pur di togliere persino l’ultimo possibile legame tra eletti ed elettori, il Rosatellum non prevede che chi è eletto in più collegi plurinominali possa optare a sua scelta. No, decide un complesso e imprevedibile calcolo se un candidato alla Camera eletto, per dire, a Genova, Bari e Catanzaro sarà il deputato della prima o di una delle altre due. Tanto, che differenza fa? Male che vada il lavoro in Parlamento, al prossimo giro si cambia città, si cambia gita, si cambia pentola.