Corriere della Sera, 23 agosto 2022
Per la morte della Dugina Mosca accusa Kiev
Il padre chiede non solo vendetta per l’attentato che sabato sera gli ha portato via la figlia Darya morta nell’esplosione della sua auto. Ma «soprattutto vittoria», vale a dire il completamento dell’Operazione militare speciale iniziata a febbraio con la cancellazione dell’Ucraina come Paese. E l’Fsb, principale erede del Kgb, annuncia di aver già individuato l’attentatrice o, meglio, le attentatrici visto che si tratterebbe di una cittadina ucraina e di sua figlia dodicenne. Un comunicato diffuso dai media russi pieno di dettagli ma, soprattutto di incongruenze e di particolari che, se veri, mettono in dubbio le capacità degli investigatori. Come il fatto che la donna sarebbe entrata in Russia a luglio mentre già da mesi era indicata negli archivi dello stesso Fsb come appartenente a gruppi militari ucraini. Gli agenti che in poche ore avrebbero svelato il mistero affermano di sapere che l’ucraina è arrivata con una auto dotata di tre targhe che venivano usate a rotazione. Sanno che abitava nello stesso palazzo di Darya Dugina. Hanno pubblicato la foto della tessera di appartenenza della donna al famigerato reggimento Azov. Ma se la sono lasciata sfuggire: a loro è rimasto solo il filmato dell’auto, una Mini, che varcava la frontiera con l’Estonia.
Putin ha conferito a Darya l’ordine «del coraggio» e, in un telegramma, ha espresso le sue condoglianze a Dugin, per il «crudele e vile» assassinio: la ragazza era una persona «solare, piena di talento, con un vero cuore russo gentile, caritatevole, sensibile e aperto». Da molte parti, dopo l’annuncio dell’Fsb, sono partite richieste di immediate ritorsioni nei confronti di Kiev e del regime «nazista» che è al potere. E molti si sono recati in pellegrinaggio sotto la casa dove abitava la ragazza. Dall’Ucraina si smentisce qualsiasi coinvolgimento nei fatti.
Ma torniamo al clamoroso annuncio dell’Fsb. L’assassina viene identificata come Natalya Vovk, entrata in Russia il 23 luglio assieme alla figlia sull’auto che in quel momento aveva una targa della Repubblica indipendentista di Donetsk. Avrebbe poi affittato una casa nello stesso palazzo di Darya, come si vede da un video diffuso. Sabato sera sarebbe arrivata assieme alla figlioletta al convegno dove la Dugina si trovava con il padre e sarebbe poi ripartita dopo aver messo l’esplosivo sotto il suv della Dugina, sempre a bordo della Mini (questa volta con targa ucraina). La Vovk, che aveva a disposizione anche una targa del Kazakistan, sarebbe stata filmata mentre lasciava la Russia alla frontiera con l’Estonia. L’Fsb ha diffuso la tessera militare della donna, rilasciata nel 2020 con il cognome Shaban, che sarebbe quello del marito. La tessera certifica l’appartenenza all’unità militare 3057 della Guardia nazionale ucraina nella quale è inquadrato il reggimento Azov. Diversi siti d’inchiesta hanno messo in evidenza numerose incongruenze. Intanto il fatto che dal 2016 la donna usa il nome da nubile, Vovk, in quanto avrebbe divorziato dal marito. Da documenti ucraini, risulta che la donna ha lavorato nel settore bancario. Il ministero degli Interni ucraino ha subito sostenuto che la tessera è falsa.
L’auto, che da luglio sarebbe stata in Russia, è apparsa invece su un sito di compravendite ucraino ad agosto. Tra fine luglio e agosto la stessa vettura risulterebbe assicurata in Crimea da un’altra persona, una certa Yulia Zezera di Kaliningrad. È assai strano poi che la Vovk abbia eseguito l’atto terroristico portandosi dietro una bambina.
La beffa
La donna sarebbe entrata in Russia a luglio mentre già da mesi era segnalata
Di quello che è avvenuto sabato sera, quando Darya Dugina è rimasta uccisa nell’esplosione della sua vettura alle porte di Mosca, ha parlato l’ex deputato d’opposizione in esilio (a Kiev) Ilya Ponomarev. Prima ha detto che gli autori apparterrebbero a un fantomatico Esercito nazionale repubblicano che lo avevano autorizzato a rivendicare l’atto. Poi, in serata, ha parlato della Vovk: «Non ha avuto un ruolo diretto» nell’assassinio. Ma, secondo il deputato, «non è una persona estranea» ai fatti. «Non è l’esecutrice dell’attentato ma è una persona che merita protezione». Ponomarev aggiunge di averla aiutata a uscire dalla Russia. Sul suo canale Telegram ha poi specificato di averlo fatto «su richiesta degli amici russi». Ma non ha spiegato a quali amici si riferisse.
Le sue affermazioni, in sostanza, sembrerebbero sorprendentemente confermare che, in un qualche modo, la donna sia coinvolta nel crimine.