Specchio, 21 agosto 2022
Reportage sui topi di Parigi
Mi è passato sopra il piede!». Ad urlarlo, all’improvviso, una ragazza, mentre una piccola ombra nera schizza via a rintanarsi in un cespuglio. Intanto, uno dei suoi amici stappa l’ennesima birra senza neanche ascoltarla, sdraiato sul lungosenna dell’Ile-de-la-Cité, l’isola dove una tempo sorgeva Lutezia, l’antenata di Parigi. Il giovane, poco più che ventenne, segue con lo sguardo uno degli ultimi bateaux mouches della giornata. Il battello solca le tranquille acque del fiume carico di turisti impegnati a fotografare quel che resta della cattedrale di Notre Dame, ancora in ricostruzione dopo l’incendio del 2019.
A caccia di rimasugli
Una scena come tante, soprattutto nelle calde serate estive, quando al crepuscolo i quais del fiume cominciano a svuotarsi, diventando territorio di caccia dei ratti in cerca dei resti di cibo lasciati a terra o nei cestini della spazzatura. Rimasugli dei tanti pic-nic improvvisati ogni giorno da chi cerca refrigerio sulle rive della Senna e lascia inconsapevolmente dei fast food a cielo aperto per i roditori, che la notte escono dalle fogne per approfittare di quel ben di dio. Quando ad una certa ora cominciano a sfrecciare impunemente a destra e a sinistra, la maggior parte delle persone si dà alla fuga disgustata. «Che schifo...», sussurra stizzito un signore raccogliendo in fretta e furia le sue cose, con quella che probabilmente è la sua compagna già scappata lontano. I più giovani restano accampati sulle banchine a chiacchierare e ad ascoltare musica fino a tardi, senza nemmeno farci caso. Di giorno, poi, tutto sembra tornare alla normalità, almeno a sentire chi sull’isola ci lavora da più di venti anni. «Mai visto topi nel mio negozio o nei dintorni», garantisce il proprietario di una vecchia cartoleria. «Con il tribunale accanto, qui vengono avvocati, notai e qualche giudice: nessuno si è mai lamentato di questo problema», spiega il cinquantenne, forse per non fare cattiva pubblicità a una delle zone più turistiche del mondo.
Triste primato
Ma a Parigi ormai è difficile non rendersi conto di una presenza che diventa sempre più ingombrante. Stime precise sul numero di esemplari che popolano le fogne della capitale francese non ce ne sono, anche se l’Accademia della medicina ne calcola tra 1,5 e 1,75 a persona. Un tasso che porta la Ville Lumière dritta nella top ten delle città più infestate del pianeta. Un fenomeno amplificato dai recenti scioperi della nettezza urbana, dai tanti lavori pubblici degli ultimi anni che hanno portato in superficie i ratti e dall’incuria di alcune zone. All’Hotel de Ville, sede del municipio guidata dalla sindaca socialista Anne Hidalgo, ricordano le massicce campagne di derattizzazione e gli investimenti già sbloccati. Tuttavia qualcuno preferisce vedere il problema da un’altra prospettiva, aggiungendo polemiche su polemiche.
Il dibattito lessicale
Come la consigliera animalista Douchka Markovic, che rispondendo alle critiche dell’opposizione durante una riunione del Consiglio di Parigi a inizio luglio ha scatenato un putiferio proponendo l’utilizzo del termine "surmolotti" al posto di ratti, per dare una «connotazione meno negativa» all’animale. Una bomba lanciata in un campo di battaglia già abbastanza infuocato: sui social sono fioccati i commenti, tra chi ironicamente si è raccomandato di non «urtare la sensibilità» dei roditori e chi invece ha chiesto «un po’ più di serietà e di efficacia». Le opposizione, invece, sono insorte costringendo il vice-sindaco Emmanuel Gregoire a prendere le distanze.
"Rimandarli nelle fogne"
«Stiamo parlando di un tema politico, spesso strumentalizzato dalla destra», si difende la co-presidente del Partito Animalista, spiegando che è stato estrapolato il passaggio «meno importante» del suo intervento. «Gli uomini hanno sempre cercato di sterminare i ratti senza mai riuscirvi», adesso è necessario un «cambio di paradigma» nell’affrontare la questione. Insomma, se non puoi batterli magari non unirti a loro, ma almeno impara a conviverci. Per questo Markovic preferisce impiegare il «nome scientifico» per evitare quelle «fobie e tensioni» che in genere emergono ogni volta che si tratta l’argomento. L’obiettivo, garantisce la consigliera, è quello di «rimandarli nelle fogne, dove sono più utili», anche se a suo dire i rischi sanitari sono «bassissimi».
La scelta del XVII
«È una posizione aberrante! Significa disconoscere le regole della biosicurezza per la salute pubblica», secondo la veterinaria Jeanne Brugère-Picoux, che ha partecipato alla stesura di un comunicato diffuso dall’Accademia della medicina, di cui è membro, subito dopo le dichiarazioni della consigliera animalista, dove si condannava «l’ingenuità» delle sue parole. E mentre il dibattito continua, nel XVII arrondissement, uno dei più borghesi della città, c’è chi si rimbocca le maniche e si organizza nelle "Brigate cittadine": un’iniziativa nata quattro anni fa da un’idea di Sylvain Clama, che nella vita fa l’attore ma nel tempo libero gira nel suo quartiere insieme ad una decina di altri "colleghi", tutti volontari, per ripulire i giardini e i palazzi infestati. «Non ne potevo più di vedere questi animali scorrazzare liberi nelle strade, così mi sono rivolto al sindaco dell’arrondissement, Geoffroy Boulard, che ha sostenuto il progetto e ha lanciato l’applicazione signalerunrat.paris (segnala un ratto, in italiano), dove i cittadini possono indicarci i luoghi più infestati nei quali intervenire», racconta durante una delle sue ronde.
Mille e una trappola
Con Sylvain c’è Jacques D’Allemagne, esperto di trappole, che durante il giro butta un occhio tra le aiuole per controllare che non ci siano nuove tane. La tecnica utilizzata è quella del ghiaccio secco, per evitare alle bestie una morte meno brutale: «Una volta individuato il buco nella terra ne inseriamo una quantità sufficiente, che con il calore torna alla sua forma gassosa andando in fondo fino a far perdere i sensi al ratto prima di ucciderlo». Ogni tanto qualche commerciante li ferma per salutarli, qualcuno è preoccupato dalla situazione: «Può capitare che i clienti seduti ai tavoli all’esterno del locale si vedano passare queste bestiole tra le gambe mentre stanno cenando», riconosce Florian, proprietario di un bistrot. Il giro continua fino a quando Jacques non trova nascoste dietro ad un cespuglio alcune cassette di frutta e verdura. «Sono dei venditori abusivi, le abbandonano qui a fine giornata con dentro quello che è andato a male, i ratti ne vanno ghiotti». Neanche il tempo di finire la frase, che un topolino schizza via da un mucchio di mele marce, come un Ratatouille qualsiasi.