il Fatto Quotidiano, 21 agosto 2022
Amori, eccessi e fortune di Riccardo Fogli
“Maestro, buongiorno”.
Nel caso, tra i due, il vero maestro è lei, Riccardo Fogli.
Ognuno è maestro di qualcosa.
Saggio.
Il vero capostipite dell’appellativo è Al Bano: dieci anni fa ero con lui e a ognuno che incontrava regalava un sorriso e lo appellava ‘maestro’: in realtà non si ricordava il nome di nessuno.
Bell’escamotage. Allora grazie.
Quando hai tra i quaranta e i cinquanta concerti all’anno, e a ogni tappa incontri manager, sindaco, imprenditori e altri ancora, alla fine la memoria va in crisi.
Ognuno vuole un pezzetto di voi…
Per fortuna, altrimenti sarebbero guai; (pausa) sono in un bell’hotel, c’è la piscina, una cucina fantastica, mi coccolano…
Tutti la amano.
Non so se è un bene.
Perché?
Quando morirò parleranno di me come di un bravissimo ragazzo, uno che ha scritto belle canzoni.
Bellissime canzoni.
Giusto, bravo; (silenzio) sono stato pure campione di tennis da tavolo, anno 1963.
Insomma, dopo la morte cosa vorrebbe si dicesse?
Che ero uno sgarrupato, un contadino; (ci pensa e sorride) in fin dei conti sono un cantante che fa compagnia. Sono un testimone.
Cioè?
Se uno guarda gente come Batistuta, Del Piero o Maldini non vede il dirigente o l’uomo in cravatta, ma il giocatore che correva sul campo e magari commenta “Questo signore tanti anni fa mi ha regalato un sogno”.
E lei?
Ancora c’è chi mi chiama Riccardino.
E invece…
Sono dovuto diventare grande, mi sono tramutato in capocomico, uno che amministra la macchina, fa i conti, è responsabile. E a 58 anni ho preso il diploma da ragioniere.
Le tocca decidere.
Per forza; (pausa) il più saggio e il più bravo in questo è sempre stato Roby Facchinetti.
Le dà del noioso.
(Ride) Non intendo litigare con lui, è un fratello: lo sento tutti i giorni.
Facchinetti è sempre stato così giudizioso?
Prima dei Pooh no, ma nel gruppo si è trasformato nel membro più preparato.
Il suo di ruolo?
Un predestinato metalmeccanico: a casa mia nessuno ha mai suonato uno strumento.
Nessuno?
Solo mia madre, mentre inseriva gli occhielli alle maglie, canticchiava; noi eravamo realmente una famiglia di operai che viveva in una stanza e io un gommista.
Proprio rispetto alle auto la leggenda racconta che lei era pericoloso.
Questione statistica: nei primi tempi dei Pooh guidavo quasi sempre io, ed ero un ragazzo di campagna con un’auto sotto il culo; (pausa) il foglio rosa mi è durato quattro anni.
Com’è possibile?
Non avevo tempo di presentarmi all’esame.
Insomma, sono false leggende…
In realtà una volta si spaventarono perché mentre guidavo leggevo un numero di Tex Willer.
Perfetto.
Tanto c’era la nebbia.
E che vuol dire?
Quelli seduti dietro aprirono gli occhi e gridarono: “Che cazzo fai!”. “Tranquilli, tanto non vedo nulla anche se guardo la strada”; comunque non leggevo, piuttosto sbirciavo.
Allora tutto a posto.
Un’altra volta, sempre in autostrada, nevicava. La macchina sbanda. Io perdo il controllo. E con il mio solito culo finiamo su un cumulo di neve fresca.
Niente danni.
Solo una borchia staccata, sa quante ne ho staccate quando ero gommista?
I suoi fratelli Pooh sempre felici e sereni.
Una volta fermi sulla neve li ho guardati: “Ragazzi è una grande cosa: queste avventure uniscono, fortificano!”. “Tu sei scemo!”.
Lei è pericoloso.
In un’altra occasione li ho portati a vedere Piombino dall’alto, solo che stavamo finendo in un burrone; anche lì l’ho risolta alla grande, alla Tarzan; (pausa) Tarzan è il mio nomignolo.
Guadagnato sul campo.
Posso salire con una mano sola su un albero e nell’altra tenere una sega elettrica; (sorride) sono sopravvissuto anche all’Isola dei Famosi.
Una super prova.
Sono figlio della guerra, non abbiamo certe paure, siamo degli incoscienti, siamo pieni di lividi.
Cosciente di sé.
Per questo quando lavoro sono molto serio, soprattutto per reggere il confronto con gli altri.
Tradotto.
Non sono nato con il talento, per questo mi sono concentrato, ho lavorato duro per diventare il più puntuale, il più simpatico, il più bravo; (pausa) il terreno artistico non era nel mio destino.
Lo pensa ancora?
Certo, però nei miei concerti porto 20 brani di grandissimo successo e offro serate indimenticabili. Sono fisicamente in forma, sono un maratoneta.
Bene.
Mi sento come Dustin Hoffman quando nel Maratoneta inizia a correre e con calma e costanza semina i suoi nemici; (cambia tono) i maratoneti hanno una crisi al trentesimo chilometri, io ho una crisi al dodicesimo pezzo in scaletta.
Soluzione?
Inserisco un pezzo dove posso respirare.
Quale?
Ora non lo so.
In questi anni quale collega l’ha mandata in crisi?
Nessuno, perché se sono in gruppo evito atteggiamenti da figo, preferisco assecondare gli altri; se invece sono il capo, allora do il doppio.
Come a Sanremo nel 1982, quando ha vinto con Storie di tutti i giorni.
Ma lì ero obbligato a non mollare: avevo tre mutui da pagare e un matrimonio da recuperare; casa mia era più o meno tutta della banca.
Era elegantissimo, la foto di allora è il suo profilo WhatsApp.
Andai da Alfredo Cerruti (produttore) con le idee chiare: “Vorrei cambiare look, basta con queste spalline imbottite. Vorrei qualcosa alla Christian De Sica o alla Julio Iglesias. Mi presti cinque milioni di lire?”.
E Cerruti?
“Ricca’ già mi devi sette milioni!”
Dolore.
Alla fine mi indicò il giusto sarto napoletano; presi uno smoking, due camicie e un paio di scarpe con la fibbia. Poi contattai qualche modella per degli scatti.
Ecco le donne.
Lo so, ho la fama dello sciupafemmine, ma non è proprio così.
Vabbè.
(Sorride) Per anni, quando conoscevo una ragazza, sentivo la voce di mia madre: “Attento a quello che fai”..
E seguiva quella voce?
Ogni tanto.
Assodato: seduttore.
No, ero gentile. Sempre stato gentile. E per la mia gentilezza ero molto richiesto.
Per educazione non si negava.
Lei è un demonio.
Non faccia così.
Ero gentile.
E bello.
Non ero come Jim Morrison, però ero dolcissimo e ho avuto meno storie di quello che raccontano; (ci pensa) qualcuna l’ho trovata nel letto.
Ed è stato gentile.
Altri l’avrebbero assalita.
Lei, no.
Le ho chiesto: “Cara, cosa ti serve?”.
Frase ambigua.
(Sospira) La ragazza mi ha guardato: “Senta…” “No, dammi del tu”. “Il mio ragazzo mi ha lasciata”. E da lì mi ha raccontato la sua storia, tra le lacrime.
Il gossip l’ha più aiutata o danneggiata?
Nessuno dei due, è un aspetto che uno subisce; quando stavo con Nicoletta (Patty Pravo, ndr) i fotografi ci aspettavano sotto casa, erano ovunque, rappresentavano un mondo parallelo a me sconosciuto.
Alla fine quel mondo è diventato conosciuto.
(Imita la Pravo in modo fantastico) Nicoletta mi ripeteva: “Bisogna abituarsi. Anzi, ci si abitua”; (cambia tono) sa quanti “famosi” chiamano apposta i fotografi?
Anche voi?
Non ne avevamo bisogno; (ora è molto serio) pochi anni fa Fabrizio Corona si è nascosto dietro un falso gossip, quando in realtà è stata un’aggressione a mano armata (quando Fogli stava all’Isola dei famosi, Corona sostenne che l’attuale moglie dell’ex Pooh lo avesse tradito, ndr).
Ha mai fatto a pugni?
La mia specialità era lo schiaffo con la mano destra.
Proprio la destra?
Da gommista lavoravo tutto il giorno con la chiave a croce e sul palmo si era formata una placca di callo. Era durissimo. Spesso. Talmente spesso e ruvido che gli amici ci accendevano gli zolfanelli.
Si narra di una rissa durante la partita di calcio tra cantanti e giornalisti.
Protagonisti io e Sandro Giacobbe contro gli altri; Sandro è stato il mio maestro in difesa, non lasciavo spazio e fiato a nessuno.
In guerra e in campo non si fanno prigionieri.
Una volta mi trovai contro Eddy Merckx, uomo enorme, altissimo, pesava più di 90 chili e soprattutto soggetto a gravi problemi di sudorazione: avrebbe ammazzato le zanzare a due chilometri di distanza. Non ha toccato palla.
Torniamo a prima: perché tutti quei debiti?
I primi anni non si guadagna quasi mai nulla, tutti gli incassi vanno a chi ti ha promosso e messo sotto contratto; il paradosso è che uno inizia a guadagnare quando la parabola è discendente.
In realtà Dodi Battaglia sostiene che all’inizio avete sperperato.
Dodi mi ha insegnato gli accordi per la reunion dei Pooh, già per questo non lo posso contraddire; (ci pensa) a Dodi metti in mano un pezzo di legno e lo suona come fossero tre musicisti. È un mostro.
Qual è stato il primo sfizio?
Una Porsche di dodicesima mano, pagata 700mila lire, talmente scassata da non tenere la seconda marcia: ero costretto a bloccare il cambio.
C’è un però…
Il gusto era quello di mostrarla agli amici di Piombino, come a dire: sono stato bravo. Si chiama demenza giovanile.
Cosa si aspettava dalla musica?
Davvero, non lo so. So che ero un predestinato metalmeccanico, tutto quello che è avvenuto dopo è un regalo della vita.
In questi anni quale musicista l’ha emozionata?
Tempo fa ho visto un concerto di Paul McCartney: ho pianto per due ore.
Poi è andato a salutarlo?
Non cado in queste cose.
Chi è lei?
Uno che sta benissimo e la voce sta anche meglio.