La Stampa, 21 agosto 2022
Duplantis non sbaglia mai
Inevitabile. L’oro di Duplantis è l’unica casella che non ha variabili in qualsiasi competizione. Un mese fa lo svedese si è preso il mondiale, con un’aggiustatina al suo record in evoluzione, e ora, a 22 anni, con il secondo titolo europeo ricomincia il giro che potrà ripetere praticamente all’infinito. Fino a che gli va di saltare. È campione del mondo in carica all’aperto e al coperto, campione europeo outdoor e indoor, oro olimpico e gli avversari non lo considerano più. Lo dimenticano. Giocano dall’argento in poi se c’è Duplantis in pedana. Non è battibile e pure ieri il tedesco Lita Bahere Bo, che si è impegnato fino a 5,85, ha spiegato: «La competizione ognuno se la costruisce su misura, si fissano degli obiettivi senza confrontarsi con lui. Per dargli fastidio bisognerebbe avere nelle gambe misure oltre i 6 metri e nemmeno basterebbe». Quando gli altri si arrampicano, Duplantis si scalda, scansa qualche misura della progressione per non appesantire la schiena e poi, una volta solo, decide come gestire la scena.
All’Olympiastadion sistema il record dei campionati, 6,06 e lo supera con un’agilità che non mostra sforzo eppure si ferma lì, con un altro successo, senza chiedere che l’asticella venga messa su uno dei suoi tanti numeri speciali. È a quota 6,21, nel 2022 si è migliorato quattro volte e nel gelo della serata bavarese non ha voglia di insistere. Colleziona, amministra, difficilmente sorprende. Non è il suo stile. È un campione a sangue freddo.
Quattro anni fa, a Berlino, ha incassato il primo titolo internazionale da professionista, i l primo Europeo. Si aggirava per lo stadio con gli occhiali, di solito in silenzio, timido e con le spalle strette. Poi è cresciuto, anzi è salito e ha capito come occupare lo spazio. Non solo in volo. Con i centimetri che ha grattato al cielo ha acquistato anche consapevolezza, si è fatto più brillante e spavaldo, ha messo su muscoli per spingere il talento. Il bambino leggermente balbuziente si è trasformato in un fenomeno unico nel suo genere. Non mostra limiti e non ha rivali. Persino Bubka, il suo esempio, se non altro nel calcolo dei miglioramenti da offrire, ogni tanto inciampava in una serata storta, aveva dei punti deboli ed era, a tratti, meteropatico. Duplantis al massimo evita di salire dove può fare troppo freddo, come ha deciso di fare in Germania, ma non si disorienta se i gradi scendono e il vento sale. Persino Bolt ha paralizzato il pubblico con una falsa partenza, in un mondiale in Corea, ci ha persino riso su, «sono umano». Duplantis può pure rifiutare il salto dopo una rincorsa, non che capiti, ma avrebbe altre possibilità, un margine di errore che nemmeno sfrutta. Procede sui percorsi netti. E non deve dosare la fatica: ha una tecnica studiata sul suo fisico, che cambia con il suo fisico e un’abitudine che nessuno può vantare. Salta con l’asta da quando è bambino e ama gettarsi, stare in equilibrio, dondolare su uno skate. Ha una sua teoria della relatività, non è stabile e non è in bilico, si muove secondo il sistema Duplantis che comprende una certa dose di minuti per aria.
Ha già in cassa il prossimo centimetro, lo tirerà fuori nella serata giusta. Con capriole a seguire, in un gioco tutto suo, in un cielo che gli altri possono solo guardare.