Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  agosto 21 Domenica calendario

Atene dice addio alla troika

La foto di Giorgos Chatzifotiadis, 77 anni, in lacrime, seduto sull’asfalto, appoggiato alla vetrata di una banca di Salonicco dove provava a ritirare la pensione della moglie, o meglio la parte razionata giornaliera incassabile pari a 120 euro, ha fatto il giro del mondo. Come simbolo del fallimento di un Paese, la Grecia. Asfissiato da debiti e corruzione e per questo messo sotto tutela della Commissione Europea, Fmi e Bce. Ma anche simbolo delle politiche di austerity che quella troika ha imposto con una durezza mai vista a uno dei Paesi forse più deboli dell’Unione.
Faceva male vedere quelle scene. Sono passati dodici anni dal primo piano di aiuti e da ieri la Grecia esce dal regime di tutela, non è più osservata speciale della Ue, non è più il malato d’Europa. «Oggi è l’ultimo giorno della sorveglianza economica rafforzata della Grecia. Grazie alla determinazione e alla resilienza della Grecia e del suo popolo, il Paese può chiudere questo capitolo e guardare al futuro con fiducia. L’Ue sarà sempre al vostro fianco», twitta la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Parole che bruciano per molti che come Giorgios, con un passato lavorativo (ironia della sorte) in Germania a sgobbare in una miniera di carbone e poi in tintoria da cui deriva la pensione sua e della moglie, hanno visto il loro Paese bruciare sotto le regole di un’Europa inflessibile.
Da allora molte cose sono cambiate a Bruxelles. L’Unione si è ritrovata unita con la pandemia. Ha perfino accettato di fare debito comune per sostenersi e rilanciarsi, con il Recovery Plan tradotto nell’italiano Pnrr. «Grazie ai sacrifici e alla resilienza del suo popolo e alla determinazione delle autorità, la Grecia chiude oggi un capitolo difficile della sua lunga e orgogliosa storia», scrive il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni. Ma a quattro anni dall’ultima rata di aiuti del fondo Mes ad Atene, nel 2018, dopo tre piani di salvataggio (2010, 2012, 2015) e 274 miliardi di prestiti a condizioni favorevoli e oltre 70 miliardi tra tagli drastici alla spesa pubblica e tasse, la Grecia oggi ancora stenta. Ha un Pil calato di un terzo rispetto al 2008, un debito pubblico stellare al 190%, povertà e disoccupazione specie dei giovani – ai massimi Ue.
«La fine del monitoraggio avrà un impatto limitato», osserva Nick Malkoutzis, direttore e cofondatore del sito di analisi economica e politica Macropolis. «Salvataggi e crisi economica hanno irrimediabilmente ostacolato le vite e le prospettive di almeno un paio di generazioni di greci. Il divario di competenze esacerbato dalla fuga dei cervelli, dall’elevata disoccupazione, dall’alto debito e dagli obiettivi fiscali esigentisi protrarranno per decenni».