la Repubblica, 21 agosto 2022
Alessia Zecchini racconta i record in apnea
Si sente sempre il bisogno di tornare verso il mare. Per perdersi. Per ritrovarsi.
Soprattutto d’estate. Così èaccaduto anche all’apneista trentenne Alessia Zecchini quando nel 2021 si è andata a tuffare in una voragine azzurra al di là dell’Oceano. Ha battuto tre record mondiali e uno italiano. E ha vinto la medaglia d’oro insieme al campione russo Alexey Molchanov.
Zecchini, sul mondo sottomarino ci sono mille leggende a cui si guarda con timore e attrazione. Perché si immerge?
«Mi affascina il mare, guardare sott’acqua. Mi piace il blu. Scendere per fare i record è solo una conseguenza, un modo per rimanere in quel mondo lì».
Ai primi di giugno 2021 è andata alle Bahamas. A metà luglio si sarebbe svolto il Vertical Blue, una sorta di Wimbledon dell’apnea. Come ci è arrivata?
«Per il Covid le tratte aeree erano cambiate. Ho fatto scalo a Panama, poi da lì a Nassau. Infine, con un volo locale, un aereo davvero piccolino, tutto scassato, fino a Long Island».
Le gare si svolgevano al Dean’s Blue Hole, una voragine profonda oltre duecento metri. Una baia protetta. Era la prima volta?
«No, era il terzo anno. Ero pronta psicologicamente. Il Blue Hole è profondo e stretto. Dopo trenta metri di discesa comincia a essere buio e dopo i sessanta non si vede niente».
Si è allenata a lungo, il 14 luglio in gara è scesa a 101 metri con la monopinna. Poi il 15 luglio il record del mondo nella disciplina più complicata. Doveva scenderesenza attrezzi e in assetto costante. Fino ad allora il record era di 73 metri della giapponese Sayuri Kinoshita. Cosa ha fatto prima del tuffo?
«Colazione due ore e mezza prima.
Poi, per cinquanta minuti, stretching muscolare, respiratorio e toracico. Solo dopo, sono andata sulla baia. Era un giorno particolare. Era l’anniversario proprio della morte di Sayuri Kinoshita, una delle avversarie più forti al mondo, scomparsa nel 2019. Era suo, il record da battere».
Ci può descrivere l’attrezzatura di allora?
«Avevo una muta su misura, molto idrodinamica, sottilissima perché in quei mari l’acqua è calda. Poi gli occhialetti allagati d’acqua con lenti particolari che mi permettono di vedere sott’acqua. Poi, ovviamente, il tappanaso e illanyard ,il cavetto di acciaio che mi collegava alla cima, così che in caso di inconvenienti il corpo potesse essere riportato in superficie. E poi un profondimetro».
L’istante prima del tuffo, quando ha preso aria, quanto è durato?
«Avevo tre minuti e in quei tre minuti era importante ventilarsi nel modo più rilassato possibile, poi ho effettuato l’ultimo respiro e immagazzinato tanta aria».
Poi, senza più respirare, si è tuffata. Cosa ricorda?
«Nei primi metri ho dovuto spingere tanto, il corpo, ancora in assetto positivo, tende a galleggiare, l’impegno muscolare è massimo».
E andando più giù?
«Man mano che scendevo si dimezzava la quantità d’aria neipolmoni. Verso i quaranta metri, l’assetto diventa negativo e si tende a affondare. Tutta l’aria del corpo è compressa. Ho cominciato a cadere».
Ovvero?
«Senza fare niente scendevo un metro al secondo. Volavo verso l’abisso».
Ho visto quando ha toccato il piattello fissato alla profondità di 74 metri. Senza strumentazione non c’era arrivata nessuna donna.
«Lì è iniziata la fase più difficile che a me piace tantissimo: la risalita».
A cosa è stata più attenta?
«A spingere e allo stesso tempo aessere economica.
Perché la strada era lunga.
Niente panico.
Dovevo mantenere la giusta velocità, ma non potevo neppure andare troppo piano perché altrimenti la narcosi diventava troppo forte».
Di cosa si tratta?
«Sei come ubriaco, è un’ebbrezza che si prova sott’acqua. La provano i subacquei a quaranta metri, gli apneisti più a fondo, ma molto più forte. Si vedono cose che non esistono e si perde l’attenzione su ciò che stai facendo».
Durante la risalita, a un certo punto, il corpo torna di nuovo positivo e il mare quasi accompagna verso la superficie.
Eppure gli ultimi venti-trenta metri sono i più difficili.
«Negli ultimi metri c’è una sovra distensione polmonare. Però l’ossigeno l’avevo consumato. C’è una drastica riduzione della pressione e il corpo subisce di più la carenza di ossigeno».
Poi è uscita fuori. È stata immersa 3 minuti e 2 secondi senza prendere fiato. Ha dedicato la sua impresa proprio a Sayuri Kinoshita. È stato come chiudere un cerchio. Era molto legata a lei?
«Era un’atleta solare, disponibilissima con tutti. La più forte in tutte le discipline, ogni volta confrontarmi con lei è stato bellissimo. Ricordo che nel 2018 ogni giorno ci superavamo in un nuovo record del mondo. Nel 2019 aspettavo arrivasse quando invece ho ricevuto la notizia della sua scomparsa».
I suoi ricordi d’estate sono sempre collegati al mare?
«Sì. Da piccola, i miei genitori mi portavano al mare e in montagna, finché quando a neppure dieci anni, capirono che dovevano portarmi solo al mare».
Ma cosa mangia per mantenersi in forma?
«Seguo la dieta mediterranea. Non mi piacciono i dolci e quindi non faccio fatica a rinunciare a dolci o ai fritti».
Non mi dica che non ha una debolezza?
«Non posso rinunciare alla pizza del forno. Bianca o rossa».
L’amore per il mare l’ha cambiata?
«Sicuramente mi ha spinta a trasmettere questo amore a tutti. A trasmetterne il rispetto. Perché quello che vedo sotto acqua, in questi ultimi anni, per colpa dell’inquinamento, è veramente tragico. Tutto è in pericolo, i pesci, i coralli, la vita. Bisogna fare qualcosa. Subito».