il Giornale, 18 agosto 2022
Intervista a Pasquale Petrolo in arte Lillo
Anche da questo film la Calabria esce come terra vittima della malavita. Sì, però se il cattivo è Corrado Guzzanti e si scherza sui narcotrafficanti pasticcioni, ci si fa sopra una risata. Del resto Lillo, all’anagrafe Pasquale Petrolo, ha origini calabresi: suo padre è di Siderno, in provincia di Reggio. Ospite abituale del Magna Grecia Film Festival che si è tenuto nei giorni scorsi a Catanzaro Lido, è stato premiato come miglior attore per la commedia Gli idoli delle donne, di cui è regista (insieme a Eros Puglielli) e protagonista con il compagno di sempre Greg. E i suoi fan non si offendono certo per come viene dipinta la loro terra nella commedia proiettata su un maxischermo davanti al mare.
Lillo, dopo il passaggio nelle sale, la pellicola è approdata da pochi giorni su Prime Video e, tenendo conto della crisi disastrosa del cinema italiano, ha incassato abbastanza bene.
«Sì. Siamo contenti. L’importante è fare cose che piacciono: in questo film abbiamo mischiato tutti i generi che amiamo, commedia, spy movie, grottesco, thriller, horror demenziale. È un collage di citazioni di 007, Indiana Jones, American Gigolò e delle serie sul narcotraffico sudamericano».
Un puro divertimento che, in fondo, trasmette qualche messaggio.
«Certo, che bisogna stare attenti ai pericoli della società dell’immagine. Ci sono mie conoscenti che quando le incontro non le riconosco, da come si sono rifatte pur di farsi un selfie. Il film racconta di un gigolò bellissimo (interpretato da Francesco Arca) che quando si risveglia dopo un incidente si ritrova con il mio corpo. E va a lezione dal guru dei gigolò (Greg) per reimparare il mestiere».
Insomma, nel film c’è una parte della sua vita...
«Non quella sul gigolò ovviamente... Ma quella di chi deve fare i conti con un fisico particolare, certamente. Da ragazzino ero più grasso di adesso e ne soffrivo. Allora per far colpo sulle ragazze cercavo di far ridere».
E sulla simpatia ha poi costruito il suo mestiere.
«Prendo spunto da ciò che mi capita, da quello che succede nella realtà, dai pregi e dai difetti delle persone e li rendo il più surreali possibile. Le debolezze della gente sono un pozzo di comicità».
Però si tiene lontano dalla politica.
«Perché non fa parte del mio mondo. E poi è fin troppo comica da sola».
Da più di trent’anni fa coppia fissa con Greg. Chi è per lei il suo sodale?
«È la persona con la quale ho condiviso tutta la mia carriera. Il suo pregio? La grande creatività. Il difetto? È ritardatario, mi ha fatto passare le pene dell’inferno, ma ora è un po’ migliorato».
Al Magna Grecia Film Festival ha diviso il palco con il suo mito, John Landis.
«È stato fantastico. Lui è il maestro assoluto. Ho imparato tutto da lui. The Blues Brothers è la fusione di tutto ciò che amo, la comicità demenziale e la mia musica preferita. Quel film mi ha folgorato da ragazzino, l’avrò visto 150 volte. Tutto ciò che ripropongo dal punto di vista fisico lo devo a John Belushi che vidi per la prima volta in Animal House. Una volta per imitarlo ho spaccato la chitarra di un mio amico. Per fortuna non era di grande valore...».
Ed è stato un bravo allievo: decine di film, spettacoli, programmi tv, libri, dischi, pubblicazioni, fumetti. E una popolarità ancor più grande raggiunta in età matura grazie alla serie Lol.
«Sono cose che capitano, a tanti artisti. Anche Anthony Hopkins ha incontrato una nuova popolarità quando ha interpretato Hannibal Lecter... Comunque, se ti capita a 30 anni è meglio...».
E alla vigilia dei sessant’anni (che compirà il 27 agosto), che cosa desidera ancora?
«Non ho mai ragionato in termini di età. Spero solo di avere ancora tanto tempo e tanta energia per continuare a fare questo lavoro e tutte le cose che mi piacciono. Non ho mete da raggiungere e non le ho mai avute. Da sempre vivo alla giornata. Se una cosa che mi diverte arriva al successo sono contento, altrimenti non me la prendo».
E Lol è certamente un successo. Su Prime Video ci sarà uno special per Natale, una reunion con le guest star tra cui lei e poi una serie incentrata sul tormentone «Io so Lillo».
«Sì, racconterà di uno che non sono io ma sono io. Insomma, sono in un multiverso, e vado in crisi dopo il successo ottenuto in tv. Si parla del mondo degli attori e del mondo dell’amore».
E intanto sta girando un nuovo film a Roma.
«A Piazza Vittorio, il quartiere multirazziale di Roma, e questo dice tutto».
Tra i giovani comici chi considera suo erede? Forse Valerio Lundini, che è anche nel cast di Gli idoli delle donne?
«Valerio l’abbiamo cresciuto noi, ci veniva sempre a vedere quando suonavamo con il nostro gruppo rock demenziale Latte & i Suoi Derivati: avrà avuto 12 o 13 anni. Era diventata la nostra mascotte. Fin da ragazzo era così, proprio com’è adesso, non poteva fare altro nella vita».
Con lui sta emergendo una nuova generazioni di comici.
«Ci sono dei bravissimi stand-up comedian che poi, detto in italiano, sarebbe semplicemente cabarettisti. Sanno sperimentare, hanno uno stile più moderno. Io sono rimasto affezionato a Cochi e Renato, ma vedo grande fermento in giro. Comunque Corrado Guzzanti resta il Maradona della comicità».