il Giornale, 18 agosto 2022
Quando Cafiero de Raho voleva i termovalorizzatori
Uno, il capo partito che lo ha pregato di farsi mettere in lista in un posto blindato (preghiera subito esaudita), pensa che i termovalorizzatori siano opera del demonio. Al punto che, proprio contro l’impianto che dovrebbe finalmente smaltire l’immondizia romana, ha fatto cadere il governo Draghi, aprendo gentilmente la strada al centrodestra per correre al voto (che lui non voleva manco morto, ma sono gli incerti del mestiere, soprattutto quando non lo si sa fare).
L’altro, il pm in – dignitosa – pensione, che alla classica panchina ai giardinetti preferisce i divanetti in pelle rossa del Transatlantico, pensa invece che i termovalorizzatori siano strumento indispensabile per chiudere il ciclo dei rifiuti e eliminare una gigantesca occasione di business per la criminalità organizzata.
A quanto pare, nella fretta di chiedere e accettare un seggio blindato, il capo dei Cinque stelle Giuseppe Conte e l’ex capo della Direzione nazionale antimafia ora pronto a scendere in politica Federico Cafiero De Raho non si sono confrontati sull’agenda politica. Neppure sui suoi capitoli prioritari, evidentemente, visto che il «no al termovalorizzatore» sta talmente a cuore ai grillini da aver privato l’Italia di una guida come quella di Mario Draghi per fermarne uno.
Ora, a liste quasi chiuse, il povero Giuseppi scoprirà che il suo candidato di punta, invece, è convinto che «la carenza di strutture idonee a ricevere e trattare i rifiuti crea le condizioni per l’emergenza, che a sua volta procura ai clan il terreno più adatto per infiltrarsi», come spiegò sul Mattino di Napoli nel gennaio 2019. Aggiungendo: «Bisognerebbe capire se non si decide (sulla costruzione dei termovalorizzatori, ndr) perché si perde consenso, o perché i malavitosi siano riusciti ad infiltrarsi anche tra chi si oppone ai nuovi impianti». Ahi ahi ahi, Giuseppi.
Un anno dopo, la Direzione investigativa antimafia (che dipende dalla Dna, allora presieduta da De Raho) pubblicava il suo rapporto semestrale al Parlamento sul tema. Vi si leggeva tra l’altro: «La perdurante emergenza che in alcune aree del paese condiziona e ostacola la corretta ed efficace gestione del ciclo dei rifiuti, vede tra le sue cause certamente l’assenza di una idonea impiantistica, primi tra tutti i termovalorizzatori che (...) avrebbero potuto consentire l’autosufficienza e la prossimità». A scovare il testo e rilanciarlo sui social è stato ieri Chicco Testa, già Legambiente, parlamentare del centrosinistra e presidente di Enel: «Domandona: è più incoerente De Raho, procuratore antimafia sostenitore dei termovalorizzatori a candidarsi con M5s, o M5s a candidarlo?». Silenzio di tomba in casa Conte, anche se i troll grillini vengono scatenati sui social a sostenere che il testo di De Raho era falso, o che il procuratore voleva dire tutt’altro. A rilanciare la polemica ci pensa il capogruppo di Italia viva Davide Faraone: «Un candidato di punta dei 5s, auspica correttamente la realizzazione dei termovalorizzatori, anche per stanare le mafie. Mi chiedo: i 5s lo sanno o fanno finta di non sapere?».
Resta da vedere se ora De Raho e Conte si chiariranno e quale dei due cambierà idea. L’ex procuratore sembra intanto averla cambiata sulle «porte girevoli» tra politica e magistratura: «Vanno escluse», diceva pochi mesi fa. «Quel che connota il magistrato è la sua imparzialità e equidistanza di fronte a tutti. Una cosa è il convincimento interiore, altra fare una scelta pubblica che presuppone un inserimento in una certa parte, facendo venir meno l’imparzialità». Tranne, si immagina, che l’inserimento sia in un listino bloccato.