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 2022  agosto 17 Mercoledì calendario

Intervista ad Andrea Crisanti, candidato con il Pd

È stato tra i virologi-star protagonisti della pandemia, una delle voci più critiche sulla gestione della seconda ondata di Covid-19. Cambia settore, ma il campo in cui si muoverà, garantisce, rimarrà quello della scienza. Andrea Crisanti, 67 anni, microbiologo e direttore del dipartimento di microbiologia molecolare dell’Università di Padova, già ricercatore all’Imperial College di Londra, sarà capolista per il Partito democratico nella circoscrizione Europa al Senato. 
Professor Crisanti, nel 2020, Pd e Movimento 5 Stelle le chiesero di candidarsi nel collegio suppletivo Verona Nord. Lei rifiutò, dicendo che si sentiva più utile come ricercatore. Cosa le ha fatto cambiare idea? 
«In una situazione come quella che sta vivendo l’Italia – di emergenza economica, sanitaria e sociale – penso che ci sia bisogno dell’impegno dei tecnici in politica. Nessuna decisione basata sui dati è neutrale, serve una sensibilità sociale per poterla applicare. Il parere della scienza non è stato ascoltato a sufficienza, pur in una fase in cui il suo contributo è fondamentale. È questo il motivo della mia candidatura». 
Perché con il Pd? 
«È il risultato di una reciproca stima e fiducia. Dopo tre settimane di confronto, ho accettato di candidarmi perché mi riconosco nei valori di questa formazione politica. Sono iscritto al circolo di Lon-dra da 6 anni». 
La sua è stata una voce di riferimento, e al contempo tra le più critiche, durante la pandemia, in particolare nella seconda ondata. 
«Questo perché le scelte di contenimento erano fondamentalmente sbagliate, prese senza tenere in considerazione i dati. Basti pensare che la Regione Veneto ha acquistato centinaia di migliaia di tamponi sulla base di una valutazione scientifica falsa». 
Resta centrato sul Veneto, di cui ha criticato il governatore Luca Zaia, ma scende in campo in Europa. 
«L’attenzione rimane anche a livello locale. Mi sento onorato dal collocamento in Europa, perché racconta molto della mia storia familiare. Ho vissuto per 30 anni all’estero e non sarei chi sono oggi senza il contributo che mio zio, partito per l’America, mi diede, permettendomi di studiare». 
Ha contestato anche le decisioni del ministero guidato da Speranza, che ora fa parte del suo stesso campo. 
«Sull’operato di Speranza non ho mai fatto polemica. Penso che sia stato vittima di un sistema fatto di tecnici scelti prima del suo arrivo sulla base di appartenenze politiche e lottizzazioni».  
Quale giudizio dà alla riforma sanitaria che ha avviato? 
«Penso che l’Italia abbia bisogno di una riforma sanitaria strutturale. Le università e gli istituti di ricerca scientifica dovrebbero essere dissociati dal sistema sanitario nazionale. Perseguono obiettivi diversi: il sistema sanitario nazionale deve fornire a tutti i cittadini assistenza tempestiva, efficace e in linea con linee guida nazionali e internazionali; l’università investigare e sperimentare nuovi approcci terapeutici. In Italia ancora non si fa ricerca clinica all’avanguardia». 
L’infettivologo Matteo Bassetti si è detto disponibile a fare il ministro, ma non a candidarsi. Che cosa ne pensa? 
«Bassetti è una brava persona, non commento le sue scelte. Penso però che chi ambisce a fare il ministro con un ruolo tecnico debba mettersi in gioco e cercare i voti». 
C’è chi la accusa di sfruttare la visibilità acquisita con la pandemia. Matteo Salvini ha commentato la sua candidatura con un tweet in cui la chiama «tele-virologo». 
«Penso che Salvini sia un tele-mistificatore, con tutte le bugie che ha detto agli italiani. Coloro che lo votano sono come galline che vanno a pranzo con la volpe. Io non ho sfruttato nulla. Ho preso sempre posizioni che riflettevano personali convinzioni, avendo come unico punto di riferimento la mia integrità professionale». 
Per quali battaglie si mette a disposizione? 
«Penso di poter dare un contributo importante con l’esperienza maturata in campo sanitario, scientifico e nella ricerca. Ci sono poi tematiche che riguardano il livello di rappresentanza degli italiani residenti all’estero, davvero ridicolo. È un dato a cui va posto rimedio. Ma la vera sfida è il recupero delle persone che si sentono emarginate e non hanno speranza nel futuro». 
Alle comunali, a Padova, suo figlio si è candidato con una lista civica di centrosini-stra. Anche lui l’ha spinta a scendere in campo ora? 
«In questa scelta convinta sono supportato da mia moglie Nicoletta e naturalmente da mio figlio Giulio. A loro mi unisce un profondo sentimento di solidarietà e di valore verso la cosa più giusta».