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 2013  ottobre 20 Domenica calendario

Le donne di Mussolini

«Questo è un uomo il cui più eminente contributo al Paese durante il decennio in cui ha prestato servizio come primo ministro è rappresentato dall’inventività delle sue avventure sessuali». Così un autorevole commentatore italiano (Gianni Riotta) su un autorevole periodico americano («Foreign Affairs»). La data: 1º ottobre 2013. L’uomo: Silvio Berlusconi. E un recensore che stesse allora leggendo l’ultimo libro di Mimmo Franzinelli, Il duce e le donne, era condannato a non togliersele dalla mente, le parole di Riotta. Tanto si attagliano – decennio più decennio meno – a quest’altro protagonista della storia italiana contemporanea, il duce del fascismo.
Le Avventure e passioni extraconiugali di Mussolini (è il sottotitolo di Franzinelli) assumono un significato storico tanto maggiore, quanto più riflettono un certo modo di incarnare il potere nell’Italia dell’ultimo secolo. Non una costante, quel modo. Piuttosto, una variante. O una funzione, più o meno legata al coefficiente di carisma del potere incarnato. Fatto sta che i rapporti di Mussolini e di Berlusconi con le donne contengono i medesimi ingredienti. Una stessa concezione sessuata della politica. Uno stesso approccio predatorio alla femminilità. Uno stesso impiego di fiduciari pubblici o privati a gestire la sicurezza e la contabilità dell’harem.
Per un insieme di ragioni che noi possiamo riconoscere oggi come variamente sociali, culturali, legali, le maggiori differenze tra le avventure sessuali di Mussolini e quelle di Berlusconi consistono nelle condizioni al contorno e negli effetti collaterali: rispettivamente, nel diverso statuto giuridico dell’extraconiugalità (a Mussolini, i codici in vigore vietavano sia la separazione sia il divorzio) e nelle diverse conseguenze procreative dell’infedeltà (contrariamente a Berlusconi, Mussolini ha generato numerosi figli illegittimi). Ma di là da questo, quanto accompagna chi legge Il duce e le donne è la sensazione di uno strano déjà vu, cronologicamente rovesciato. Se le gesta d’alcova del duce, quali ricostruite dalla ricerca archivistica di Franzinelli, non ci colgono alla sprovvista, è perché riecheggiano ciò cui le cronache rosanero ci hanno fin troppo abituato, le gesta d’alcova del caimano.
Con alcune donne, l’interpretazione virilista che Mussolini dava della seduzione ha precipitato forme di conquista quasi indistinguibili dallo stupro. Ad altre donne, sembra che il duce abbia imposto aborti clandestini. E tuttavia leggendo il libro di Franzinelli non si matura l’impressione che le avventure extraconiugali di Mussolini siano state principalmente consumate sotto il segno della coazione, o addirittura della violenza. Al contrario: si ha l’impressione che siano state principalmente consumate sotto il segno della fascinazione, o addirittura della profferta. Non soltanto, quindi, povere donne piegate dal sopruso del maschio onnipotente. Almeno altrettanto, libere donne incantate dal richiamo fisico e simbolico del capo. Spesso – d’altronde – donne sposate, e sposate a mariti disponibilissimi a trarre vantaggio politico o finanziario dall’augusta scappatella della consorte.
A eccezione di Ida Dalser, la donna trentina con cui Mussolini generò il suo primo figlio maschio, Benito Albino, e che fu poi sospinta dal duce verso un ingrato destino di disconoscimento legale e di reclusione manicomiale (è la storia raccontata in Vincere! di Marco Bellocchio), quasi tutte le altre amanti di Mussolini ricavarono dalle loro prestazioni sessuali benefici economici più o meno cospicui. In ultima istanza, il libro di Mimmo Franzinelli è una storia di mantenute. Regalie occasionali, assegni regolari, intestazioni immobiliari: grazie ad api regine, nipotine, olgettine, noi italiani del terzo millennio abbiamo perfettamente imparato come il sistema funzioni.
L’ape regina di Mussolini si chiama Cesira Carocci, è originaria di Gubbio, e dagli anni Venti agli anni Trenta – dai modesti confini di un pied-à-terre in via Rasella agli spazi fastosi di villa Torlonia e palazzo Venezia – infaticabilmente si prende cura delle donne del capo. «Le prepara, psicologicamente e igienicamente, all’incontro con Benito», spiega Franzinelli a scanso di equivoci. L’altra figura chiave nella gestione dell’harem è quella di Ercole Boratto, «fidatissimo autista per oltre un ventennio, dalla marcia su Roma sino al 25 luglio 1943». Da Boratto, da un suo memoriale autobiografico scritto tra 1945 e ’46 a beneficio dei servizi segreti americani, Franzinelli trae i dettagli più piccanti di una Duceide sessuale che rischierebbe altrimenti di riuscire stucchevole, tanto le priapiche imprese dell’eroe si somigliano fra loro.
Mussolini ha un debole per le minorenni: ma neppure questo è scoop storiografico che possa cogliere alla sprovvista il lettore-elettore italiano d’oggidì. Bianca Ceccato, una biondina che lavora come dattilografa al «Popolo d’Italia», subisce violenza quando Mussolini decide di bere (secondo le sue proprie parole) il «calice dolcissimo» della sua verginità. Ha poi una lunga storia con il duce, che dopo averla costretta a un aborto le dà un figlio, Glauco. Non risultano documentalmente accertate – in compenso – altre due liaisons con minorenni che pure Franzinelli giudica probabili. Relazioni particolarmente pericolose, se è vero che riguardano la figlia e la sorella di due amanti conclamate di Mussolini: Fiammetta è la figlia di Margherita Sarfatti, Myriam è la sorella di Claretta Petacci.