Corriere della Sera, 15 agosto 2022
Biografia di Evita Peron
Un carro funebre, il 2 settembre 1971 (era un giovedì), partì dal cimitero Maggiore di Milano. L’autista si chiamava Roberto Germani, aveva 31 anni e non era stato informato su chi stesse portando a Madrid attraverso la Liguria prima e la Riviera francese poi. Guidò più di 60 ore con pochissime soste e, al ritorno, non si capacitava del perché gli facessero tutte quelle domande sulla bara. I documenti identificavano la defunta come Maria Maggi vedova De Magistris, sorella dell’uomo che era seduto accanto a Germani. Solo parecchio tempo dopo le chauffeur avrebbe scoperto che era stato un bluff, soltanto un bluff, a cominciare dall’eccentrico personaggio che aveva accompagnato il feretro. Le carte mentivano. Perché lì dentro c’era il corpo mummificato di Evita e non di Maria. Già, Eva Duarte Perón, la madre dei descamisados, la donna che in soli sette anni divenne tutto per l’Argentina, da speranza a santa, sino a elevarsi a mistero infinito.
Era nata nel 1919; morì per un tumore a 33 anni; moglie del presidente argentino Juan Domingo Perón guidò con lui il Paese dal 1946 sino alla morte, nel 1952. Il suo corpo, conservato in una teca, sparì nel 1955. Sino a quel settembre 1971.
Elisabetta Rosaspina comincia da quest’ultima leggenda, quella delle mentite spoglie, la sua biografia, Enigma Evita (la pubblica Mondadori), per poi ritrovare tutte le altre storie, vere o presunte o millantate, scritte o dette sulla primera dama. Ma è quel primo, inedito, capitolo che cattura il lettore e lo trascina dentro la storia di una donna che affascina o respinge. Ma nessuno, ancora, aveva fantasticato sulla «parentesi milanese» che, ufficialmente, ha inizio con quella richiesta di esumare un corpo dal cimitero Maggiore di Milano. La notifica riguardava i resti di una signora bergamasca-argentina, sepolta a Musocco, campo 86, giardino 41, concessione pagata sino al 1987. È il fratello che vuole riportare in patria la sorella defunta, Maria Maggi De Magistris, lì in pace dal 13 maggio 1957: solo una croce di marmo e un vasetto con i fiori di plastica a ricordarla. Mai una visita, secondo il custode. Esumazione e trasporto via terra a Madrid (all’inizio avrebbe dovuto essere in aereo ma poi qualcuno si ricordò che lei avrebbe voluto tanto rivedere la Costa Azzurra) e poi in volo a Buenos Aires. Un viaggio strano per una salma «inquieta».
Enigma Evita, giustappunto il titolo che l’autrice sceglie. Da ottima inviata e dunque cronista e dunque cacciatrice di notizie, Rosaspina indaga e trova la storia di quell’ultimo viaggio Milano-Madrid di cui si è sempre saputo poco, forse perché, apparentemente, meno intrigante del precedente (il peregrinare della salma per anni in giro per l’Argentina) e del precedente ancora (la vita tutta di Eva Perón).
In realtà proprio in quell’episodio così surreale, più da «strano ma vero» che da «biografia di un personaggio», sono racchiusi gli ingredienti di una vita leggendaria. A cominciare dal più macabro dei dettagli dell’eterna bellezza, costata più di 100 mila dollari dell’epoca grazie al lavoro del famoso imbalsamatore, il professor Ara. «Alla stampa verrà detto che il corpo è tornato quasi nelle stesse condizioni in cui si trovava al momento del furto», scrive Rosaspina che, raccogliendo le testimonianze, accerta che chi aprì quella bara si trovò di fronte una giovane donna dai lunghi capelli biondi, che «pareva una bella addormentata, più simile a una statua di cera». Nell’occasione, dovette intervenire padre Giulio Madurini della Congregazione Compagnia di San Paolo, che era lì sapendo, a tranquillizzare gli addetti all’esumazione che non si trattava di un miracolo, ma della tradizione argentina di imbalsamare le persone importanti.
Il viaggio segreto
Il 2 settembre 1971 il suo corpo imbalsamato venne portato a Madrid dal cimitero Maggiore
Quanti dettagli già nelle prime pagine. Rosaspina non tralascia nulla: consegna al lettore – forse anche inconsapevolmente, perché il suo è un lavoro di ricostruzione che è simile a certi incredibili mosaici dove lo spettacolo è l’insieme – materiale per riflettere ad ogni riga. E davanti al tutto, le metafore riescono facili: un carro funebre che parte in sordina, attraversa non notato due Paesi, e arriva in un terzo dove ad attenderlo ci sono limousine e guardie del corpo, autorità e acqua santa.
Non era andata così ad Evita anche in vita? Figlia illegittima di un possidente terriero della pampa, povera e derisa, l’adolescente Eva se ne va tutta sola a Buenos Aires in cerca di un successo che pretende di meritare in virtù del diritto ad avere al quale tutti i poveri dovrebbero ambire, ricevendolo (o prendendolo) da chi ha, dunque i ricchi.
Altro che cortei e bande per lei, nella capitale. Ci sarà un popolo intero in maniche di camicia (il suo popolo, fatto di lavoratori, donne e vecchi) a urlare il suo nome davanti alla Casa Rosada. E si farà bionda e imparerà a vestirsi e truccarsi alla maniera europea per diventare il sogno. Rosaspina non tralascia fatti e misfatti e anche a più versioni: «Ho scelto di scrivere biografie (questa è la seconda dopo quella su Margaret Thatcher, ndr) proprio perché è un genere che si avvicina molto a quello giornalistico. Mi piace fare ricerche, seguire una pista». E in un’epoca in cui diluire i contenuti è marketing, la lettura di Enigma Evita ha bisogno di tempo e attenzione, ogni passaggio è una fotografia dell’attimo descritto. Ci sono i pensieri, i gesti, gli umori della «madre dei poveri», attricetta di dubbie qualità, amante sfortunata e/o ambigua, donna dalla parte delle donne (con la Ley Evita, la legge con il suo nome del settembre 1947, alle argentine fu dato il diritto al voto), moglie e consigliera devota (senza di lei, tutti sono sicuri, Perón non sarebbe esistito) e altro ancora.
Un input dell’autrice infine per capirne il messaggio: «In un certo senso Enigma Evita è una conseguenza della mia prima biografia, quella su Margaret Thatcher che, di Eva Perón, una volta disse più o meno: “Se una donna senza ideali come Evita è arrivata dove è arrivata, figuratevi dove posso arrivare io con tutti gli ideali che ho”. Quella “sfida” lanciata attraverso il tempo (Eva Perón morì 27 anni prima che la Thatcher andasse al potere) e lo spazio (dal Regno Unito all’Argentina) meritava di essere approfondita». Approfondita e aggiornata, aggiungiamo.