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 2022  agosto 14 Domenica calendario

Biografia di Alberto Zaccheroni raccontata da lui stesso

Pronostico basato su una certezza. “Quest’anno il campionato lo rivince il Milan. Dove c’è Ibrahimovic c’è scudetto”. Sembra uno spot pubblicitario. “Ma è così. È statistica”.
Rimpianto. “La Nazionale l’ho sfiorata due volte”.
La politica. “Qualcuno ha provato a rompere perché sono di sinistra, gli è andata male”.
Fenomeni mancati. “Che dolore Adriano”.
Alberto Zaccheroni ha tonalità felliniane, quelle goderecce (“il sesso prima della partita? Ho sempre dato il sabato libero”), giocate sui toni lenti e pastosi, come avvolti dal caldo di un perenne agosto; poi basta toccarlo sulla sua storia, le sue certezze, i suoi credo, e quelle tonalità si tramutano nelle fredde passeggiate parigine di Maigret, con le mani dietro la schiena e la testa pronta a costruire strategie.
La serie A è meno affascinante di un tempo.
Rispetto all’Inghilterra, certamente; lì sono arrivati gli arabi, i russi. Per loro il calcio non è business ma un divertimento, mentre in Italia le squadre vengono acquistate da ricchi statunitensi e non ne capisco il motivo: forse vogliono scalare i diritti televisivi; (pausa) da noi sono sparite le grandi famiglie di una volta.
I Sensi, I Moratti…
Anche Gaucci e Cecchi Gori.
Cragnotti.
Quello è un’altra storia e sappiamo com’è finita.
Il presidente per lei più complicato.
Non posso rispondere, mi sono ripromesso di non nominarlo più nella mia vita; (cambia tono) non è quello che crede lei.
Quindi peggio di Berlusconi?
Non può immaginare quanto peggio.
Torniamo al campionato: in serie A giocano molti “vecchietti”.
I calciatori durano di più, vuoi per l’allenamento, vuoi per la dieta…
Ibrahimovic ha 41 anni.
Ibra fa storia a sé: uno così non lo vedremo più e trovo assurdo che non abbia vinto il Pallone d’oro.
Come mai non c’è riuscito?
Forse per questioni politiche, per dinamiche interne al premio; da anni, all’inizio del campionato, mi chiedono un pronostico: io vedo dove gioca Ibra e indico quella squadra. Ci becco sempre.
Ripeto: anche a 41 anni?
È un guardiano dello spogliatoio, uno che cambia l’approccio della squadra al match. E poi avrà meno velocità, ma gli resta una tecnica straordinaria; prima del suo arrivo il Milan era inguardabile.
Chi è stato il guardiano del suo spogliatoio?
Quando ho allenato il Milan era Maldini, però in maniera differente da Ibra.
Cioè?
Non ha mai preso la parola in mia presenza, eppure so per certo che quando non c’ero interveniva e veniva rispettato; (pausa) lui ha sulle spalle una grandissima storia di pallone e ha saputo tramandarla.
La tradizione e la storia contano.
Tantissimo; (pausa) quando sono arrivato al Milan ho trovato Shevchenko, altro fenomeno; lui veniva dalla cultura calcistica di Lobanovsky (allenatore e colonnello dell’Armata Rossa), dove i carichi di lavoro erano folli.
Quindi?
Finite le nostre ripetute riapriva la palestra e continuava, da solo: era la sua cultura e la sua disciplina; un giorno lo chiamo: “Adesso ti riposi”. E lui: “Mister, non posso stare fermo”. “No, oggi pausa perché domani sarà dura”.
E…
Vado nella mia stanza, la numero cinque, come a suo tempo aveva imposto Nils Liedholm.
Liedholm era molto scaramantico.
Appunto, quando ha allenato il Milan in ritiro dormiva solo nella numero “5” o in stanze con numeri che la loro somma doveva essere cinque; (sorride) ho solo seguito le indicazioni del mito Nils.
Insomma, Sheva.
Apro le finestra della camera e lo vedo solo, vestito da passeggio, mentre si massacrava da porta a porta.
E lei?
Ho fatto pippa.
Calciatori pigri ne ha trovati?
Quasi nessuno; (cambia tono) si allenano tutti e tanto, mollano solo a fine carriera.
Maradona no.
Appunto, Maradona.
Cassano neanche.
Chi?
Cassano.
E infatti non gli è andata benissimo; (pausa) di calciatori dotati di tecnica pazzesca è piena la Serie B e la C: il problema è che gli manca la forma e la fisicità.
Ne ha incontrati?
Quando allenavo il Cosenza in B avevo un ragazzo bravo quanto Maradona ma senza il suo fisico e la sua costanza.
Nome?
Enrico Buonocore da Ischia: con la pallina da tennis era un funambolo.
I giocatori vanno controllati?
Ho sempre lasciato il sabato libero, solo al Milan non ho potuto: lì sono cresciuti con l’idea dell’importanza del ritiro pre-partita e quando ho dato il liberi tutti mi sono trovato davanti Maldini, Costacurta e Albertini a spiegarmi che preferivano di no.
Un presidente libertino con giocatori monacali…
(Ride e non risponde)
Con chi ha avuto problemi?
Con rammarico dico Adriano, ragazzo stupendo, ancora ci sentiamo.
Però…
Arrivava tardi, era imprevedibile, sempre con una scusa: un giorno aveva forato la macchina, un altro lo aveva fermato la polizia; (pausa) una mattina si presenta con Oba Oba Martins e dopo l’inizio degli allenamenti. Mi fermo. Li guardo. Li raggiungo e con calma gli spiego che per quel giorno erano liberi. Di tornare l’indomani; (pausa) Adriano è scoppiato in lacrime.
Adriano si è sprecato.
Se ci penso ancora mi dispiace; (cambia tono) poteva vincere da solo le partite e io di attaccanti forti ne ho visti e allenati, e penso a Bierhoff, Sheva, Vieri, Crespo: come lui nessuno.
Quanto conta l’allenatore?
Il calcio degli allenatori non esiste, esiste il calcio dei giocatori. Sono loro che vanno in campo.
Torniamo ai pronostici: la sorpresa.
Punto sulla Roma e Mourinho a patto che leghi Dybala.
Dove?
Quanto tempo è che Dybala non finisce una partita?
Molto.
Corre troppo, vaga troppo, si perde troppo: per lui ci vorrebbe un corda legata al palo degli avversari e lunga al massimo trenta metri: così non si allontana dall’area e non spreca energie.
La Juventus?
Allegri deve lavorare sulla testa della squadra e Pogba è fondamentale.
L’allenatore è pure psicologo?
Certo, ed è bellissimo lavorare su ragazzi di massimo 25 o 26 anni, dopo sono grandi e formati, con meno margini e magari hanno problemi a casa con la moglie e i figli.
Ha allenato Weah e la sua età è sempre un mistero.
Mai scoperta la verità ed è incavolato con me. Peccato.
Che gli ha combinato?
Forse proprio per l’età il secondo anno è calato fisicamente in maniera incredibile. Così lo lasciavo in panchina. Non me l’ha perdonata; (cambia tono) dopo il Milan ha girovagato altre squadre ma non ha combinato molto (e le elenca tutte).
Ha ottima memoria.
La famiglia l’ho sempre lasciata a Cesenatico.
E quindi?
Mi sono concentrato sul pallone.
Sensi di colpa?
A livello professionale dovevo vincere e per vincere dovevo restare concentrato; e poi non trovavo giusto costringerli a girare l’Italia.
Loro d’accordo.
Il sabato mi hanno sempre raggiunto per vedere la partita, la domenica sera chiudevo, ripartivo con loro e il lunedì staccavo il cellulare: non c’è una sola mia intervista rilasciata il lunedì.
Deciso.
Per la carriera da allenatore ho chiuso l’albergo dei miei genitori: dovevo seguire la passione e sono un anomalo.
Sotto quale profilo?
Siamo in pochi a non aver giocato a livello professionistico: io, Sacchi e Mourinho.
I calciatori gliel’hanno mai rinfacciato?
Davanti no, ma l’hanno pensato.
Ed è una deminutio?
Ho giocato nei dilettanti e in piccolo le dinamiche dello spogliatoio sono uguali, quindi le conosco.
Com’era da giocatore?
Non possedevo una buona tecnica, poi a 17 anni mi sono fermato per una malattia polmonare.
Dolore.
Nella mia testa sono nato con la palla tra i piedi.
Ancora ci pensa.
Al campo da calcio? L’ho fatto per anni e anni, ora per fortuna mi sono stancato.
E quando vedeva un talento sprecato come Adriano rifletteva sulla sua carriera?
Per forza e mica solo con Adriano. (quasi s’incazza) Come si può buttare via delle doti così?
Lei è di Cesenatico, celebre luogo di seduttori.
(S’illumina) Nessuno di noi disdegnava. È normale.
Quindi non pensava solo al calcio.
Lavoravo tutto il giorno in albergo, coprivo ogni falla, se necessario servivo a tavola, poi alle 11 di sera chiudevamo la cassa e iniziava la vera serata.
Dove andava?
Il tempo libero si dedicava al rimorchio.
Quanto è andato vicino ad allenare la Nazionale?
(Resta zitto. Ride. Di nuovo zitto. Poi sospira, inizia una risposta. Si ferma. E dopo un bel po’…) Per ben due volte sono arrivato lì lì, soprattutto nella seconda era tutto fatto: all’ultimo uno della Federazione è intervenuto ed è saltato l’accordo.
Rammarico.
Era la mia ambizione: in Nazionale i giocatori li scegli senza altre rotture.
Ha il procuratore?
(Stupito) No.
È uno dei pochi senza.
Sarebbe un conflitto d’interesse.
Allora lo è per quasi tutti.
Oramai il calciomercato lo dirigono i procuratori, la figura del direttore sportivo è quasi sparita.
Leggenda recita: il campione in campo lo è pure nella vita.
Costacurta e Maldini sono così; (sorride) anche loro andavano all’Hollywood(celebre discoteca di Milano) però non si infilavano nei guai.
Sesso prima dei match: sì o no?
Lasciavo il sabato libero proprio per stare con moglie fidanzate. Meglio evitare le orge.
Possibile che non ci sia nessun calciatore dichiarato omosessuale?
Effettivamente come numeri; (pausa) non ne ho mai incrociato uno, almeno credo; solo una volta mi hanno riferito di un ragazzo ma l’anno dopo il mio addio alla squadra.
Altro tabù: non si parla mai di politica.
In questi anni ho visto solo Costacurta arrivare agli allenamenti e in ritiro con Il sole 24ore. Non con la Gazzetta. E gli piaceva mostrarsi.
A lei gli ideali politici hanno creato qualche problema.
Non ho mai replicato alle accuse; una volta un dirigente mi ha consigliato: “Dichiara che non sei di sinistra”. E io: “Se sono stato preso come allenatore, allora va bene. Se sono qui per altri motivi, allora non sono la persona giusta”.
Risultato?
Sono andato via dopo tre anni (dal Milan).
Film preferito legato al calcio.
Il presidente del Borgorosso Football Club; (sorride) e poi per due anni ho allenato il Baracca Lugo.
Romanzo della vita.
L’uomo che guardava passare i treni (di Georges Simenon).
La maglia da calcio che tiene con maggiore affetto.
Quella del Giappone.
Il giocatore che rimpiange di non aver allenato…
(Ride) Secondo lei?
Andiamo oltre Ibra…
L’ho rincorso tante volte ma ho sempre sbagliato i tempi.
Oltre Ibra…
Allora due: Franco Baresi e la possibilità di continuare un anno con Adriano.
Lei chi è?
Alberto Zaccheroni