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 2022  agosto 14 Domenica calendario

Intervista a Sara Fantini

«Dal Mondiale di Eugene mi sono portata via il quarto posto e una forza interiore incredibile: adesso posso permettermi di pensare di poter prendere una medaglia all’Europeo». Certe prestazioni, oltre che di centimetri (75,77 metri è il suo record nazionale nel martello), sono questione di forma mentis. Sara Fantini da Fidenza, gorgogliante erre parmigiana, figlia di lanciatori (Corrado, finalista nel peso ad Atlanta ‘96, e la giavellottista Paola) senza che il mestiere dei genitori dovesse per forza indirizzare la sua storia («Sono cresciuta sul campo di atletica cercando una realtà che mi permettesse di essere me stessa indipendentemente dall’identità dei miei»), da questo punto di vista la sua rivoluzione l’ha compiuta. Dodicesima ai Giochi di Tokyo, splendido legno in Oregon, a 24 anni è il talento azzurro dei lanci che ha già fatto proseliti (Rachele Mori fresco oro iridato Under 20 in Colombia) e sogna in grande a Monaco. No, lanciare il martello per una donna non è più uno stigma. È pura bellezza. 
Sara, gli obiettivi per forza cambiano. 
«Sono giovane, ho tutto il tempo per potermi divertire ma sempre con i piedi per terra. Dopo il Mondiale mi sento un’atleta rivoluzionata, il livello si è alzato. L’obiettivo dichiarato a Monaco è entrare nelle otto. Non mi ritengo in obbligo di dover prendere la medaglia, però so di poterci riuscire. È diverso». 
Figlia d’arte, carabiniera, studentessa di lettere all’Università di Parma. Che altro? 
«Viaggiatrice, sognatrice, lettrice appassionata dei romanzi storici di Ken Follett. Prossimo esame storia moderna ma non porterò i libri in Germania: non avrò il tempo di aprirli. Qualificazioni martedì, finale mercoledì. Durante la settimana mi alleno al centro Carabinieri di Bologna con Marinella Vaccari, il venerdì torno a Fidenza». 
Abbracciare il martello è una filosofia di vita che comporta molte rinunce? 
«Più che altro richiede il superamento di certi vecchi tabù. Da ragazzina non volevo diventare troppo grossa, diversa dalle altre. Ci è voluto del tempo per comprendere che sarei rimasta la persona che sono. Ho abbattuto pensieri stereotipati, soprattutto miei: le martelliste non sono taglia 40, come richiedono i canoni di bellezza della società. Per lanciare serve una buona dose di autostima». 
Il martello come percorso di crescita personale, insomma. Interessante. 
«Molto. Ho scoperto un ottimo mezzo di espressione di me stessa: mi sento forte, il martello mi fa sentire bene. Sono serena, in salute, il mio corpo mi serve per uno scopo e il mio fisico è questo, prendere o lasciare: in una società per nulla inclusiva, mi accetto come sono». 
Ottimo atteggiamento. Ha dovuto affrontare lo scetticismo più degli uomini o delle donne? 
«Gli uomini non mi hanno mai ostacolata. Coloro che mi hanno consigliato di cambiare strada erano donne. Così come la persona che disse: Sara sarebbe anche una bella ragazza, se non fosse così grossa...». 
Thor del martello ha fatto un asso nella manica. 
«Anch’io: è proprio così che sono entrata in contatto con la mia forza e in connessione profonda tra mente e corpo». 
Non sembra di parlare con una ventiquatrenne, Sara. 
«Sono sempre stata più matura della mia età. E mi è sempre piaciuto coltivare una mia sensibilità: mi lascio toccare dalle cose. Più i miei pensieri sono consapevoli, più la mia realtà è ricca e soddisfacente. Ho attraversato grosse crisi che mi hanno fatto crescere, per un paio d’anni mi sono fatta aiutare da uno psicologo: non sempre sono riuscita a uscire dal buio da sola. Tutto ciò che ho, me lo porto sottopelle». 
Il sogno più grande? 
«L’Europeo è un bel progetto ma il sogno vero sono le prossime due Olimpiadi». 
Punti di riferimento? 
«I miei genitori, il mio gruppo sportivo, la mia allenatrice e Elena Vallortigara, meritato bronzo nell’alto a Eugene, ragazza seria e sensibile. Quando gliel’ho detto, abbiamo pianto insieme».