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 2022  agosto 14 Domenica calendario

In morte di Piero Angela

Aldo Grasso per il Corriere della Sera
Si è spento a 93 anni a Roma, Piero Angela, principe assoluto della divulgazione scientifica in tv, per sette decenni legato indissolubilmente alla Rai. L’annuncio è stato dato su Twitter dal figlio Alberto, per anni sua spalla sul piccolo schermo, con un semplice: «Buon viaggio papà». Da quel momento è stato un profluvio di omaggi: a partire dal Presidente Sergio Mattarella («Scompare un grande italiano cui la Repubblica è riconoscente») e dal premier Mario Draghi («È stato capace di unire il Paese come pochi») e poi tutti i leader politici, da Letta a Meloni a Berlusconi. I protagonisti della tv, Pippo Baudo, Fabio Fazio e tantissimi altri, oltre a Simona Agnes, figlia di Biagio, storico presidente della Rai negli anni di Angela. La camera ardente sarà allestita il 16 agosto, a partire dalle 11.30, in Campidoglio, a Roma. A seguire, il funerale laico.
Una volta, durante un convegno, un relatore chiese a Piero Angela perché nei suoi programmi di divulgazione non avesse mai nominato Dio. Domanda ingenua e il primo a stupirsene fu Angela stesso.
Il grande giornalista, scomparso a 93 anni, è sempre stato persuaso che la cultura scientifica, quella che discende dagli illuministi, fosse implicitamente superiore a ogni altro tipo di conoscenza, perché più «saggia» e non condizionata dalle ideologie e dalle credulità. Per questo aveva fondato il Cicap, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze, un’associazione che promuove un’indagine scientifica e critica nei confronti delle pseudoscienze, del paranormale, dei misteri e dell’insolito con l’obiettivo di diffondere la mentalità scientifica e lo spirito critico.
Tutto, infatti, ebbe inizio con «Indagine sulla parapsicologia», un’inchiesta televisiva in cinque puntate, ideata, realizzata e condotta da Piero Angela, andata in onda nel mese di aprile del 1978 sulla Rete Uno della Rai: il minuzioso lavoro di verifica e indagine condotto da Angela rompeva il giocattolo e dimostrava che le cose stavano in maniera radicalmente opposta. La divulgazione scientifica moderna e rigorosa, nella storia della tv italiana, nasce nel 1981 con Piero Angela e con «Quark», la sua rubrica di «viaggi nella scienza» che abbandona definitivamente l’afflato umanistico delle trasmissioni precedenti per conservarne intatto l’intento pedagogico e didascalico. Buona parte della trasmissione era costituita da filmati e documentari, prodotti all’estero soprattutto dalla Bbc, e introdotti in studio dal linguaggio semplice e chiaro di Angela. Lo scopo del conduttore, perfettamente raggiunto nel corso degli anni, era quello di rendere accessibili allo spettatore televisivo argomenti scientifici e tecnologici apparentemente ostici e difficili.
La grande abilità comunicativa di Angela nell’esporre anche argomenti complessi derivava proprio dal suo essere non un uomo di scienza, ma in primo luogo un giornalista che avvicinava il problema scientifico gradualmente, con la curiosità e i dubbi dell’uomo comune. Così Angela, cui nel tempo si è affiancato il figlio Alberto, è riuscito con le sue trasmissioni a rendere accessibile l’informazione scientifica e tecnologica a un pubblico di milioni di telespettatori. Ha persino teorizzato la sua formula espositiva: «Il mio linguaggio sta dalla parte del pubblico, i contenuti dalla parte degli scienziati».
Angela, nato a Torino nel 1928, era entrato in Rai come cronista e collaboratore del Giornale Radio. Dal 1955 al 1968 è stato corrispondente del Tg, prima da Parigi poi da Bruxelles; successivamente ha presentato con Andrea Barbato la prima edizione del Tg delle 13.30 e nel 1976 è stato il primo conduttore del Tg2. Dal 1971 ha cominciato a sperimentare con grande successo la strada del documentario scientifico con il programma «Destinazione uomo». Nel 1978 ha condotto «Indagine sulla parapsicologia» e nel 1980 «Nel cosmo alla ricerca della vita». Dal 1981 ha monopolizzato il campo della divulgazione scientifica con «Quark» e i successivi programmi «satelliti» («Quark economia», «Il mondo di Quark», «Quark in pillole», «Quark speciale», «Quark scienza») utilizzando tutte le risorse della comunicazione audiovisiva: dai documentari prodotti dalla Bbc e da Richard Attenborough ai cartoni animati di Bruno Bozzetto, dalle interviste con gli esperti alle spiegazioni in studio. Nel 1990 è stato protagonista di un affascinante viaggio nel corpo umano con «La macchina meravigliosa» e nel 1993 ha esplorato, con il figlio Alberto, il mondo preistorico nel programma «Il pianeta dei dinosauri». Nella stagione 1995-96 Rai1 ha iniziato la fortunata serie di «Superquark» ancora in onda in questi giorni.
Nel 2017 il Foglio aveva lanciato un appello perché Angela venisse nominato senatore a vita per salvaguardare la cultura scientifica messa in crisi «da un banda di politici rozzi e incompetenti». Esemplare la sua risposta: «Naturalmente sarebbe un onore, oltre che una grande gratificazione personale. La ringrazio quindi per aver lanciato questa idea... Io, però, faccio un altro mestiere. È un mestiere che amo, e che spero di poter continuare a fare ancora per qualche tempo. È anche questo un modo per servire il mio Paese, cercando, per quanto possibile, di diffondere quella cultura moderna così necessaria in un mondo che cambia rapidamente. Grazie per aver pensato a me, ma ritengo sia meglio che qualcun altro ottenga questa nomina così prestigiosa». È stato un affabulatore elegante, preparato, coscienzioso. Una grande perdita per tutti.

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Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera
Ci fu un tempo in cui Piero si chiamava Peter: Peter Angela. E non raccontava storie in tv; suonava il jazz. Erano i primi anni ‘50, e lui ne aveva poco più di venti. Si esibiva nella sua città, Torino, all’Hot Club, dove andavano a sentirlo altri giovani come Enzo Jannacci e Felice Andreasi e un suo caro amico che studiava filosofia: Gianni Vattimo.
Peter Angela aveva uno stratagemma per conoscere i grandi musicisti che tenevano concerti a Torino. Si informava sull’orario d’arrivo, andava a prenderli in stazione, li portava in giro per la città che come non tutti sanno è bellissima, e quando se ne guadagnava la confidenza chiedeva di poter suonare con loro: salì così sul palco con Rex Stewart e Dizzy Gillespie, il suo mito.
Piero aveva fatto il D’Azeglio, il liceo dove la generazione precedente era stata a scuola di antifascismo dal professor Augusto Monti, per poi finire nelle carceri di Mussolini o al confino. Lui aveva studiato con Pietro Citati, Edoardo Sanguineti, Furio Colombo. Si era iscritto a ingegneria, però aveva smesso dopo due anni. Allora non gli interessava la scienza, ma il giornalismo, in particolare la cronaca nera. Collaborava alla radio, scriveva musiche per i documentari e divenne amico di un funzionario dell’ufficio amministrativo che si chiamava Enzo Tortora.
«Lo ammiravo moltissimo – amava raccontare Angela -. Enzo era molto colto e intelligente, nelle ore libere scriveva i testi di un programma per nuovi talenti, “Fuori l’autore”, aveva anche inventato una trasmissione di cinema, “Carrellate su Hollywood”. Aveva bei modi e una bella voce, così a volte gli chiedevano di presentare qualche serata; ma lui rifiutava. Una volta però glielo chiese un dirigente: non poté dire di no. Solo che Enzo non aveva uno smoking, se lo fece prestare da un nostro collega della radio, Gigi Marsico».
A Torino, Angela e Tortora frequentavano gli atelier dei pittori, cenavano in trattoria, andavano al teatro Alfieri. E componevano canzoni. Nell’ottobre 1955, dopo aver scritto «Barba, capelli e baffi», un motivo che risuonerà per molti anni nei locali, Piero ottenne di andare a Parigi, ad affiancare il corrispondente della radio per qualche mese. Divenne invece corrispondente del telegiornale appena fondato, e vi restò un decennio: il figlio Alberto, il suo erede che ieri ne ha annunciato la scomparsa, è nato là.
A Parigi, Piero Angela intervistò il presidente del consiglio, Pierre Mendès-France, e un giovane emergente, passato dall’estrema destra al socialismo: François Mitterrand. «Però mi emozionò di più incontrare Yves Montand, una sera, a casa sua, all’Ile Saint-Louis. Nel soggiorno aveva un teatrino di marionette; al centro, dietro il sipario, il televisore. Parlava un buon italiano, con un accento toscano che tradiva le sue origini». Per dire cos’era all’epoca la Rai, un’altra volta Angela andò a intervistare Jean Cocteau, il poeta: «Abitava da solo con la domestica in un piccolo appartamento vicino al Palais Royal, alla parete teneva una sua foto vestito da Papa».
Piero era insomma un artista. Un uomo di grande cultura, ma tanto intelligente da non darlo a vedere. Ha inventato un genere: la divulgazione che non concede nulla alla volgarità, che non dice quello che le persone vorrebbero sentirsi dire; che è il modo migliore di rispettarle e di voler loro bene. Per questo gli italiani lo contraccambiavano, e volevano bene a lui.

(Piccola annotazione personale: queste cose che avete letto Piero Angela me le raccontò in un’intervista del 1996. Mi pareva di conoscerlo da sempre, fin da quando, bambino, guardavo in tv l’inchiesta in cui smascherò i santoni del paranormale. Ogni anno lo vedevamo al festival della Comunicazione di Camogli, dov’è tradizione che gli ospiti suonino e cantino al pianoforte dell’albergo. Ogni volta, conoscendo il suo passato da jazzista, gli chiedevamo di suonare. Lui era sempre gentilissimo, sorridente: un signore, un maestro. Ma non ha mai voluto).

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Arianna Finos per la Repubblica
Una delle prime occasioni di avvicinarmi alla scienza la ebbi quando mi regalarono l’ Enciclopedia dei ragazzi , dieci bei volumi con un mobiletto contenitore. Il mio preferito era quello dei “Perché?”. Probabilmente lì è nato il piacere di capire». Piero Angela ha saputo trasmettere la sua curiosità a milioni di spettatori, quei “perché?” sono diventati di tutti. Non si limitava a fare domande, cercava le risposte. Si è spento a Roma a 93 anni. Il figlio Alberto, sui profili social, lo saluta: “Buon viaggio papà”. Nei giorni scorsi Piero Angela ha lasciato sul sito diSuperquark l’ultimo saluto agli spettatori. Gli italiani potranno rendergli omaggio martedì, dalle 11.30, in Campidoglio a Roma.
Sempre proiettato nel futuro, pronto a parlare ai giovani, nelle scuole «perché la cosa più importante è essere curiosi e informati, affidarsi alla scienza». Uno dei primi a occuparsi dell’emergenza climatica, delle nuove tecnologie. Nel suo lungo viaggio tra preistoria e futuro, guidando il pubblico tra i segreti del corpo e del cosmo, ha preso per mano gli spettatori.
Nato a Torino nel 1928, (il padre, Carlo Angela, era medico e antifascista) inizia la carriera in Rai come cronista radiofonico, poi è inviato e conduttore del tg. «Non c’erano programmi di scienza: mi sono detto, perché non provare?». È il primo grande divulgatore, inventa e conduce programmi, da Quark aSuperquark , per citare i più importanti, che entrano nella storia della tv. Non volta le spalle al progresso, sperimenta il web, porta su RaiPlay le sue pillole diSuperquark . Rigoroso e ironico, curioso di natura, Angelaamava il jazz e suonava il pianoforte. Settant’anni in televisione senza i vizi di chi fa televisione: chiaro, autorevole, dieci lauree honoris causa, una quarantina di libri, la medaglia d’oro della cultura italiana, le onorificenze di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana e di Cavaliere di Gran Croce, riconoscimenti anche all’estero.
Al suo fianco, presenza discreta e imprescindibile, la moglie Margherita Pastore, bionda, minuta, grandi occhi azzurri, che per lui aveva rinunciato alla danza classica; studiava alla Scala. Si conoscono alla festa di un’amica comune, lei ha 18 anni, lui 24. Si mette al pianoforte. «Un colpo di fulmine, ma è accaduto inun’epoca nella quale ci si dava ancora del lei» ironizzava Angela. Nozze nel 1955, Margherita lo segue a Parigi quando Piero diventa corrispondente per il telegiornale, nel 1962 nasce il primo figlio, Alberto, che non chiama il padre “papà” ma Piero. Poi arriva Christine. Gli anni passano, l’amore coniugale resta. La complicità è forte, Margherita Pastore sorrideva raccontando i viaggi avventurosi, in giro per il mondo. E lui confessava di aver fatto tante cose grazie alla moglie «che lo aveva incoraggiato e criticato » .
Il segreto della coppia? «Il rispetto, la stima, la tolleranza, altrimenti le unioni si spezzano come grissini » spiegava Angela. «Nel rapporto non si deve mai superare un certo limite con le parole, perché sono davvero pietre. Come i pugili, uno attacca e uno si difende, se no si trascende. Poi si può passare alle vie di fatto, certe coppie si picchiano come facchini, allora è finita».
L’anno scorso aveva ideato Superquark+ su RaiPlay dedicato all’amore, dal punto di vista della scienza. «Voglio fare una premessa: quando parliamo di gelosia, coppia, attrazione, sesso, ci riferiamo anche all’omosessualità. Lo dico nella prima puntata per non ripeterlo sempre, quello che vale per gli eterosessuali vale per gli omosessuali. Nella vulgata l’omosessualità era una cosa turpe, non è così. Viene fuori un mondo fotocopia: gli omosessuali si innamorano, vogliono vivere insieme e crescere i figli, sono gelosi esattamente come le coppie eterosessuali ». La conoscenza per combattere i pregiudizi, Angela stava dalla parte dei diritti. Lo diceva in maniera chiara e pacata, come spiegava la complessità del mondo.

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Monica Serra per La Stampa
«È riuscito a portare la scienza in televisione. Ha appassionato milioni di italiani. Ma se i programmi di divulgazione scientifica dopo di lui saranno sempre confinati alla terza, alla quarta serata, rischieremo di disperdere tutto il patrimonio che in settant’anni di carriera ci ha lasciato». Nel suo addio a Piero Angela, che «ha dato vita a un genere di trasmissione televisiva in Italia guadagnandosi tutta la stima della comunità scientifica», va dritto al punto Giorgio Parisi, fisico e accademico italiano, premio Nobel nel 2021 per i suoi studi sui sistemi complessi.
Professore, con la scomparsa di Piero Angela che cosa perde l’Italia?
«Un professionista instancabile con un’abilità comunicativa non comune, che riusciva a spiegare, con precisione e rigore, cose complicate in maniera semplice. Ad appassionarsi e appassionare: credo fosse questa la sua capacità più importante».
La passione?
«Riusciva ad assorbire l’entusiasmo degli scienziati, entusiasmarsi lui stesso e poi trasmetterlo al pubblico. E questa cosa non arriva solo al cervello degli ascoltatori, anche al cuore».
In che rapporti eravate?
«L’ho conosciuto venticinque anni fa a cena a casa di amici: una persona simpaticissima, molto spiritosa, e sempre capace di osservazioni profonde».
Di persona era proprio come appariva sullo schermo?
«Esattamente».
Il suo nome e le sue trasmissioni, a partire da Quark, erano una garanzia.
«Ha avuto il merito di riuscire a conquistare l’affetto del pubblico, che oramai anche a scatola chiusa vedeva i suoi programmi senza mai restare deluso. Aveva un seguito affezionato e l’impresa non era facile, soprattutto perché la scienza viene spesso vista come qualcosa di noioso, barboso, incomprensibile. Ma è anche stato fortunato».
In che cosa?
«Ha avuto la bravura di creare un genere, di aprire a un nuovo modo di raccontare la scienza. Ma, negli Ottanta, quando ha iniziato, ha avuto la fortuna di incontrare una dirigenza televisiva che ha creduto in lui, in quello che faceva, e gli ha dato lo spazio».
Oggi non è più così?
«Proprio sulla scia di Piero Angela, la produzione di trasmissioni scientifiche non manca, a partire da quelle del figlio Alberto, e molte sono valide. Il problema è che spesso vengono prodotte al risparmio, la dirigenza televisiva non ci crede più e si vede».
C’è un problema di sottovalutazione nella programmazione?
«Molti autori sono davvero validi. Ma se poi vanno in onda alle 23 o il più delle volte all’una di notte, chi li guarda?».
Intende che non si crede abbastanza nella divulgazione scientifica in tv?
«In Italia si crede poco in generale nella scienza. Non vengono spese risorse con risultati disastrosi: quasi la metà dei nostri giovani ricercatori più brillanti vanno a lavorare all’estero, e così non si sviluppa la tecnologia».
Quanto siamo indietro rispetto al resto del mondo?
«Ci sono Paesi come la Corea del Sud e la Cina che investono in maniera impressionante. Per noi diventa difficile tenere il ritmo della concorrenza: il rischio è che l’Italia scivoli lentamente al livello del Terzo mondo».
La battaglia per la scienza l’ha avvicinata ad Angela.
«Nel 2016, quando abbiamo lanciato la campagna "Salviamo la ricerca", lui ci ha messo la faccia. Ha partecipato all’assemblea che abbiamo organizzato alla facoltà di Fisica e ha registrato un suo breve intervento, diventando il volto della petizione che abbiamo lanciato su Change. org».
Sosteneva di non credere molto nella qualità della scuola italiana. Lui stesso non si era laureato.
«Se uno è laureato in matematica, sa la matematica; in fisica, sa la fisica; in biologia, sa la biologia. Lui era dotato di grande curiosità: aveva la capacità di apprendere, di capire le informazioni fondamentali e l’abilità di trasmetterle. Sulla scuola poi bisogna aprire un altro capitolo».
Quale?
«In Italia dovremmo investire nella scienza nella scuola: dovremmo svecchiare i programmi e incominciare a riflettere su come fare educazione scientifica partendo dall’infanzia, dalle elementari. Fare qualcosa che i ragazzi possano toccare mano, che è complementare a quello che può essere fatto con la televisione».
Tanti giovani si sono appassionati alla scienza con Piero Angela.
«Anche studiosi e ricercatori hanno dichiarato in queste ore come il loro interesse per la scienza sia nato davanti alle sue trasmissioni. È questo il punto: con i ragazzi è fondamentale la capacità di fargli strabuzzare gli occhi, di stupirli, di fargli sentire il profumo della scienza. Poi andranno avanti con le loro gambe, come è già successo».