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 2022  agosto 14 Domenica calendario

I poteri in Italia

Queste prime battute della campagna elettorale hanno spaventato molti italiani e allarmato i nostri partner europei, facendo loro temere che l’Italia possa avviarsi sulla strada delle autocrazie, con l’aggravante che vacillerebbe un socio fondatore dell’Unione, che di essa è stato sempre sostenitore. I nostri partner europei conoscono le nostre debolezze, i governi sempre transeunti, le oscillazioni dell’indirizzo politico, la scarsa capacità realizzativa dell’esecutivo. Poiché un moderno governo deve godere della fiducia non solo dei suoi cittadini, ma anche dei suoi consoci (era questo che volevano i Paesi che firmarono nel 1945 a San Francisco la Carta delle Nazioni Unite e quelli che firmarono a Roma nel 1957 il trattato della Comunità economica europea), qualche improvvida uscita durante questo caldo agosto può minare la fiducia recentemente rafforzata nell’Italia. Può essere allora utile cercare di valutare quanto sia robusta la nostra democrazia e di misurare la sua maturità.
Siamo deboli quanto a partecipazione politica: l’Istat, qualche anno fa, ha calcolato che meno del 10 per cento delle persone con più di 14 anni prende parte in qualche modo alla vita politica. Questo si riflette sul numero degli iscritti ai partiti, che non superano i 700 mila. Ma altri Paesi europei non stanno meglio di noi: le iscrizioni ai partiti politici sono poche anche in Francia e nel Regno Unito (400 mila e 930 mila) e anche lì diminuiscono. Lo stesso può dirsi per la partecipazione elettorale. In Italia è diminuita di 20 punti e si attesta intorno al 73 per cento, ma è del 67 per cento nel Regno Unito e di circa il 50 per cento in Francia. Insomma, siamo messi male, ma le altre democrazie non possono vantarsi di registrare una maggiore partecipazione popolare alla politica. La forza di una democrazia è anche misurata dalla condivisione dei suoi principi da parte della classe dirigente e dalla «vigilanza democratica» esercitata dai suoi cittadini. Troppo stretti legami con la classe politica ungherese e con quella russa, nonché dichiarazioni sovraniste verso l’Unione europea, fanno dubitare molti della piena lealtà di alcune forze politiche alle regole della democrazia e ai principi delle libertà. Ma quelle forze politiche si stanno sottoponendo volontariamente all’esame, facendo dichiarazioni della cui sincerità non si deve dubitare. Tuttavia, i presidi dell’opinione pubblica sono deboli. Un sistema dei media non completamente indipendente non garantisce quel pluralismo dell’informazione sul quale il presidente Ciampi richiamò l’attenzione del Parlamento nel 2003. Rimangono legami politica-industria-media con circuiti secondari, come quello mediatico-giudiziario, che mettono in dubbio la piena indipendenza dei mezzi di formazione dell’opinione pubblica e quindi la possibilità che la sfera pubblica possa interagire vigorosamente con il potere pubblico. Intrecci di questo tipo hanno «gravi implicazioni» sulla democrazia, come osservò il presidente americano Dwight Eisenhower nel discorso di addio del 1961.
Un punto di forza della democrazia italiana è, invece, il suo pluralismo istituzionale: la democrazia nazionale è affiancata e sorretta da 8 mila democrazie locali e da 20 democrazie regionali. In questo, l’Italia è seconda solo alla Germania. Anche se spesso tante voci democratiche fanno un coro stonato e anche se non riescono a trovare la via di una collaborazione orizzontale, che le rafforzerebbe, le autonomie territoriali, una volta «insigne faiblesse» del nostro Paese, ne sono oggi l’ossatura più vitale.
Una chiara divisione dei compiti e una rigida separazione dei poteri sono importanti componenti di un robusto governo democratico. Qui il sistema politico-costituzionale italiano mostra tutta la sua debolezza. I governi rubano la funzione legislativa al Parlamento, il Parlamento pretende di diventare amministratore (i suoi membri aspirano ad approvare leggi autoapplicative), i giudici fanno la parte di legislatori e di amministratori, l’amministrazione, sempre sotto attacco, è sulla difensiva e non riesce a modernizzarsi. Si vede chiaramente che manca un controllore del traffico delle decisioni e che troppi flussi deliberativi si intrecciano, rallentandosi vicendevolmente. Siamo indietro, e molto lontani, agli altri Paesi europei.
La concorrenza tra i poteri è lo strumento per rendere mite e legittimo l’uso del potere. Montesquieu auspicava che il potere avesse la forza di fermare il potere. In Italia, c’è una vigorosa Corte costituzionale, della cui indipendenza e prudenza non si è mai dubitato, e i cui meriti si notano meglio oggi a paragone con la Corte suprema americana, che pure era stato l’esempio imitato in Italia nel 1947. Le altre istituzioni che avrebbero potuto svolgere il ruolo di contro-poteri, o non sono riuscite ad adempiere tale compito, o non hanno voluto farlo, preferendo co-gestire.
Il sistema delle libertà è una componente essenziale di una moderna democrazia: i principi democratici si sono affermati sulla base del liberalismo, di cui sono lo sviluppo storico; una «democrazia illiberale» è una contraddizione in termini. Dopo l’esperienza fascista, che le libertà ha conculcato, l’Italia ha goduto di un periodo nel quale le libertà, sia collettive che individuali, sono fiorite. Non a caso la prima parte della nostra Costituzione, quella che elenca le libertà e i diritti, è la parte più lungimirante, più apprezzata, che ha richiesto meno interventi di modifica. Ma i garanti ultimi delle libertà sono i giudici, e questi, accanto a molti meriti, hanno anche il demerito di voler svolgere troppi compiti, tralasciando quello fondamentale.
Da ultimo, anche se lentamente, in Italia si è sviluppato un patriottismo costituzionale, senza il quale una Costituzione non può sopravvivere. Alimentata dalle Corti, a cominciare da quella costituzionale, la fedeltà ai principi costituzionali rappresenta lo scudo maggiore della democrazia e delle libertà.
Per concludere, non abbiamo ragione di dubitare e di far dubitare della maturità della nostra democrazia. Qualche uscita improvvisata e improvvida di questi giorni sarà giustificata ricordando che l’Italia fu la patria della commedia dell’arte.