La Stampa, 11 agosto 2022
Trump interrogato a New York
Donald Trump si rifiuta di rispondere alle domande della procura di New York che indaga sull’operato delle aziende di famiglia, e rilancia le accuse di «caccia alle streghe» perpetrata nei suoi confronti per motivi politici e culminata lunedì con la perquisizione di Mar-a-Lago. L’ex presidente degli Stati Uniti, convocato dalla procura generale di New York, guidata da Letitia James, si appella al Quinto Emendamento. «Ho rifiutato di rispondere in base ai diritti che sono concessi a ogni cittadino dalla Costituzione», spiega in una lunga nota diffusa nella mattinata di ieri.
Gli inquirenti sospettano che Trump abbia manipolato il valore di alcuni beni patrimoniali con il fisco e gli istituti di credito per spuntare condizioni finanziarie migliori. Il tycoon respinge ogni accusa di irregolarità e attacca il governo colpevole, a suo dire, di perseguitarlo ingiustamente. «Una volta mi è stato chiesto: se si è innocenti perché invocare il Quinto Emendamento? Ora so la risposta. Quando la tua famiglia, la tua società e tutte le persone attorno a te diventano obiettivo di una infondata caccia alle streghe motivata politicamente non si ha altra scelta - tuona l’ex comandante in capo -. Se avevo qualche dubbio al riguardo, è stato spazzato via dal raid dell’Fbi due giorni prima della deposizione. Non ho altra scelta perché l’attuale amministrazione e molti procuratori in questo Paese hanno perso la decenza morale ed etica». Tra questi ultimi anche Letitia James rea, secondo Trump, di condurre una campagna diffamatoria con cui si è costruita una rapida carriera. «Non ho fatto nulla di sbagliato ed è per questo che dopo cinque anni di indagine i governi federale, statale e locale, insieme alle Fake News, non hanno trovato nulla», continua The Donald. Il quale già alla vigilia della deposizione sotto giuramento, aveva scritto sul suo social Truth: «Domani vedrò la procuratrice generale razzista di New York, ostinata a proseguire la più grande caccia alle streghe nella storia Usa. La mia società, e io stesso, veniamo attaccati da tutte le parti. Questa è una Repubblica delle banane!».
Dal 2019, Trump ha affrontato indagini penali e civili sulle sue attività con la Trump Organization relative al periodo precedente l’arrivo alla Casa Bianca. In passato, aveva acconsentito a deporre, ma per questa specifica istanza si è mostrato da subito riluttante - sottolinea il New York Times -, al punto da riuscire a rinviare fino a ieri la deposizione dopo l’ultimo posticipo avvenuto in seguito alla morte dell’ex moglie Ivana Trump, il 14 luglio scorso.
Sull’altro fronte, in merito all’operato da presidente, si sta intanto consumando un altro confronto dai risvolti politici rilevanti. La perquisizione dei federali a Mar-a-Lago rischia di trasformarsi in un boomerang per i democratici e in un trampolino di rilancio elettorale per l’ex presidente e il partito repubblicano. Il cerchio si stringe attorno al ministro della Giustizia Merrick Garland e al direttore del Bureau, Christopher Wray, ma anche il presidente Joe Biden si trova in una posizione difficile. Per Trump si è trattato di «un attacco coordinato della sinistra radicale dei democratici e delle autorità giudiziarie»: «Ieri è accaduta una cosa terribile. Non siamo meglio di un Paese del terzo mondo, questo non è altro che il proseguire delle indagini per la Russia, della bufala dell’impeachment e del rapporto Mueller», chiosa, sostenendo che Biden «sapeva tutto, così come sa tutto degli accordi di Hunter», suo figlio.
La Casa Bianca smentisce. Trump, intanto, afferma che gli agenti federali hanno vietato al suo staff e ai suoi legali di assistere al raid, e «a tutti è stato chiesto di lasciare la proprietà». «Volevano restare soli senza alcun testimone che vedesse, prendendo o, speriamo di no, piazzando delle prove», tuona il tycoon. La perquisizione è durata dalle nove del mattino alle 18.30, con trenta agenti federali che hanno passato al setaccio la residenza dell’ex presidente, controllando l’armadio dell’ex first lady Melania e trascorrendo ore nell’ufficio di Trump. Infine, hanno portato via dieci scatoloni di materiale. L’Fbi ha inoltre sequestrato il cellulare del deputato repubblicano Scott Perry, alleato dell’ex presidente, tre agenti gli hanno presentato un mandato e confiscato il telefono. L’effetto immediato del blitz in Florida, come per incanto, ha fatto ritornare il tycoon favorito del partito. Proprio quando la sua presa sul Grand Old Party aveva difficoltà di tenuta a causa delle audizioni della Commissione 6 gennaio, il potenziale campo di rivali nel 2024 si è coalizzato intorno a lui. Dal governatore della Florida Ron DeSantis, all’ex ambasciatrice all’Onu Nikki Haley, in molti sono corsi a sostenerlo senza indugi, di fatto rafforzando la sua probabile candidatura. Persino il democratico ex governatore di New York Andrew Cuomo si è unito al coro di chi chiede delucidazioni su quanto avvenuto a Palm Beach, vicino a Trump per una solidarietà trasversale nata dopo le vicende che lo hanno portato alle dimissioni. La base trumpista intanto ritrova il suo fisiologico fermento, con la polizia di Palm Beach che si prepara a ricevere uno stormo di motociclisti pro-Trump, pronti ad accamparsi intorno a Mar-a-Lago. Ed è scattata anche la caccia al traditore, riferisce Axios, ovvero «al collaboratore o aiutante che ha fornito all’Fbi ulteriori informazioni sensibili su ciò che l’ex presidente Trump nascondeva a Mar-a-Lago».
Il tutto ha infine prodotto un boom nella raccolta fondi repubblicana nelle ultime ore: «Questa è manna dal cielo», chiosano i militanti del Gop. Trump da parte sua ha mobilitato il comitato di raccolta fondi "Save America", mentre sui social, la rabbia contagiosa per quella che è ritenuta una violazione senza precedenti dettata solo da motivi politici, spinge il popolo di destra a invocare l’annuncio ufficiale per il 2024. Richiesta per la quale Trump avrebbe già pronta la risposta.