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 2022  agosto 10 Mercoledì calendario

Biografia di Serena Williams

Era la sorellina. Quella un po’ complessata, quella che con la racchetta seguiva sempre la più grande, Venus. Poi, come sempre capita a tutte le sorelline, si è affrancata. Non le importava se Venus era più magra e più bella, lei si sarebbe presa il mondo. E Serena a 21 anni lo ha conquistato arrivando in cima alle classifiche. Non era più solo il gesto tecnico, era la rabbia di chi viene dal ghetto: se Althea Gibson nel 1956 vincendo Parigi aveva dimostrato che anche le nere possono, Serena ha fatto vedere che devono. Prendersi tutto. Era un giaguaro che azzanna. Con un’anima divertente e divertita. Quella che adesso le fa dire: «Evolvo verso un’altra direzione ». Non usa la parola che inizia con la R (retirement) e che lei non ama, Serena non lascia, perché quelle come lei non si ritirano mai da sé stesse, solo combatterà in altri campi, camminerà in altre strade. Vuole un altro figlio, «non da atleta», oltre ad Alexis Olympia, 4 anni, e non lo vuole condividere con il tennis. A 41 anni (a settembre) scende dallo sport per salire nella vita, cosa che si adatta alla sua personalità e ai suoi interessi. Era ora.
È sempre stata molto di più di una giocatrice, e soprattutto la possibilità di una società e di un’estetica diverse. I suoi colpi erano ceffoni, energia allo stato puro, più ring che court. La sua racchetta era un’ascia che tramortiva, un uragano che spazzava le avversarie. Come il suo sorriso, ma era anche capace di piangere. Mantenendo però sempre una sua civetteria: abitini, tute attillate, gonne svolazzanti, quintali di braccialetti, come fosse una farfalla atomica. Destava scalpore il suo: «Mi annoio a giocare con le ragazze, datemi gli uomini». Perché Serena sul campo voleva una sola cosa: «Eccitarsi». E far vedere a tutte le ragazzine che non bisognava accettare steccati, ma abbatterli.
Non è mai stata una campionessa a una dimensione, anzi ha trovato mille voci per parlare nel mondo della solidarietà e dell’intrattenimento. Nessun imbarazzo nel dire che ha sposato un bianco, Alexis Ohanian, conosciuto a Roma nel 2015, nozze a New Orleans con una cerimonia a tema La Bella e la Bestia.
E nemmeno nel sottolineare che gli uomini come Federer possono fare quattro figli e continuare a vincere tornei mentre per le donne è diverso: «Nessuno parla dei momenti di sconforto, di quando la bimba piange e tu ti arrabbi e poi ti intristisci perché ti sei arrabbiata». Molto Serena a Wimbledon come alla Casa Bianca e a Hollywood: tv, soap opera, film, moda, musica. Il vestito azzurro, quasi da sirena, che indossa sulla copertina diVogue certifica il cambiamento: sono una donna in trasformazione, non più una tennista. Lascerà dopo l’Us Open, torneo dove si è affermata nel 1999 e dove è affondata nel 2015 (per mano di Roberta Vinci). Williams non dominava più, anzi era ormai preda, scalpo da mostrare al mondo. E quando Ion Tiriac, leggenda del tennis, nel 2021 la criticò, «a 39 anni con 90 chili è vecchia e pesante, dovrebbe ritirarsi», lei non fece una piega e non perse un etto rispondendo: «Si vergogni lui, sessista e ignorante». Serena si è allargata anche nei contratti e nell’impegno, per 14 anni ha boicottato il torneo di Indian Wells perché nel 2001 era stata vittima di uno sgradevole commento razziale e quando nel 2018 nella finale persa a New York contro Naomi Osaka aveva accusato l’arbitro Carlos Ramos di averle dato un penalty game per abuso verbale («Fossi stato un uomo non mi avresti trattato così»), per una successiva vignetta contro di lei si era mossa contro il disegnatore australiano anche J.K. Rowling, la mamma di Harry Potter: «Hai ridotto una delle più grandi atlete a una macchietta razzista e sessista».
Difficile che Serena vinca a New York, anche se le manca un titolo per eguagliare il record di 24 Slam dell’australiana Margaret Court. Ci ha provato, senza riuscirci: dopo il numero 23 in Australia nel 2017, ha giocato e perso altre quattro finali in un Major, due a Wimbledon, due negli States. Però in questi venti anni ha fatto molto altro: ha rivoluzionato il tennis, ha aperto porte, ha inventato l’intimidazione, ha attratto il business. Con servizio a più di 200 km orari, dritto potente e fiducia a mille: nessuno può battermi. Tanti anche i momenti bui: nel 2003 un’operazione al ginocchio, ma soprattutto l’uccisione della sua sorellastra Yetunde a Los Angeles, finita in uno scontro tra gang rivali, nel 2010 un taglio al piede con dei vetri, nel 2017 un parto cesareo d’urgenza e un’embolia polmonare che quasi le costava la vita. Una così non smette, semplicemente cambia campo: «Arriva un momento in cui dobbiamo decidere di muoverci in una direzione diversa, è sempre difficile quando ami qualcosa così tanto. Devo concentrarmi sull’essere una mamma, immagino che ci sia solo una luce alla fine del tunnel».
Invece di sognare di raggiungere il mito che non coincide più con i tuoi bisogni reali, scegliere di diventare quella che vuoi essere: da Being Serena, titolo del suo documentario, a Inventing Serena, titolo forse del prossimo. Comunque, un bel colpo.