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 2022  agosto 10 Mercoledì calendario

Il blitz dell’Fbi nella villa di Trump

Sono circa le dieci del mattino di lunedì 8 agosto quando gli agenti dell’Fbi si affacciano al cancello della tenuta di Mar-a-Lago in Florida, la roccaforte di Donald Trump, definita la Casa Bianca d’inverno perché l’ex presidente vi trascorreva del tempo “sottratto” al meno esotico domicilio del 1600 di Pennsylvania Avenue, a Washington Dc. Gli agenti scendono dalle vetture, un’auto e due di loro piantonano l’ingresso, gli altri si dirigono all’interno del club, l’obiettivo sono i forzieri dell’ex inquilino della Casa Bianca. Il mandato del giudice parla chiaro, occorre perquisire. Per Trump è la prova dell’accanimento giudiziario che si sta consumando ai suoi danni, è la prova del terrore degli avversari politici al cospetto del suo ritorno sulla scena politiche a stelle e strisce, e la prova di essere la vittima predestinata del «nuovo Watergate». Al punto tale che è lui stesso a darne notizia con una nota inviata alla Cnn. «Questi sono tempi bui per la nostra nazione, la mia bella casa è attualmente sotto assedio, perquisita e occupata da un folto gruppo di agenti dell’Fbi. Hanno persino fatto irruzione nella mia cassaforte!», tuona l’ex presidente nel comunicato in cui ha rivelato il blitz, parlando di una «strumentalizzazione della giustizia e un attacco dei democratici di sinistra radicali che vogliono disperatamente evitare che mi candidi alle elezioni del 2024».
In realtà la perquisizione della magione di Palm Beach, divenuta la residenza ufficiale di Trump da quando ha smesso i panni del comandante in capo nel gennaio 2021, sarebbe avvenuta nell0ambito delle indagini sui 15 scatoloni di documenti (tra cui forse alcuni secretati) che il tycoon ha portato via dalla Casa Bianca (sembra impropriamente) dopo la fine del mandato e che avrebbero dovuto essere consegnati agli archivi nazionali ai sensi del Presidential Records Act. Questa la motivazione più immediata, l’unica per cui si hanno elementi sostanziali di dominio pubblico. Non è escluso tuttavia che il blitz potrebbe avere a che fare con l’indagine sull’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, dopo che nelle settimane scorse il cerchio si è stretto attorno a Trump e il dipartimento di Giustizia ha iniziato a indagare sul comportamento del 45esimo presidente nei giorni precedenti alla rivolta. In particolare, a fine giugno dopo la deposizione (seppur parzialmente smontata) di Cassidy Hutchinson, già consigliera di Mark Meadows, ex capo Gabinetto della Casa Bianca, un falco trumpista. L’unica certezza, al momento è che gli agenti hanno portato via scatole di documenti, e secondo quanto rivelato dalla Cnn hanno perquisito anche la cassaforte.
«Dopo aver lavorato e collaborato con tutte le principali agenzie governative questo raid nella mia residenza non era né necessario né appropriato», ha aggiunto Trump. «Qual è la differenza tra questo e il Watergate? – ha chiesto – L’unica è che qui sono i democratici che hanno fatto irruzione nella casa del 45esimo presidente degli Stati Uniti. Cose del genere accadono solo nei Paesi del terzo mondo». A tuonare è anche gran parte del macrocosmo repubblicano allettato anche dall’opportunità politica che la vicenda offre. «Ho visto abbastanza, il dipartimento di Giustizia ha raggiunto uno stato intollerabile di politicizzazione armata», twitta il leader della minoranza del Grand Old Party alla Camera, Kevin McCarthy. «Quando i repubblicani riprenderanno la Camera – ha aggiunto – condurremo un controllo immediato di questo dicastero, seguiremo i fatti e non lasceremo nulla di intentato». La deputata ultraconservatrice della Georgia Marjorie Taylor Greene, domanda persino l’impeachment del presidente Joe Biden, accusando i democratici di «radicalizzare le forze dell’ordine federali per eliminare i nemici politici». Quindi posta l’immagine di una bandiera americana capovolta seguita da un grido di battaglia in maiuscolo: «Defund the Fbi!», sulla scia del «Defund the police» sostenuto dal Black Lives Matter e altri movimenti di sinistra dopo l’uccisione di George Floyd. L’ex direttrice delle comunicazioni della Casa Bianca Alyssa Farah Griffin (presidenza Trump) dice invece che se l’indagine non dovesse riguardare qualcosa di più del fatto che Trump non rispetta alcune leggi sull’archiviazione, il dipartimento di Giustizia avrà «consegnato» a Trump la nomination repubblicana e forse le prossime elezioni presidenziali.
In passato del resto le indagini contro il tycoon (già messo sotto accusa due volte) non hanno fatto altro che aumentare il suo consenso tra i sostenitori. Il diretto interessato, intanto, cogliendo da subito l’eventuale opportunità, ha pubblicato un video sul suo social media Truth in cui afferma: «Siamo una nazione in declino, una nazione che sta fallendo, che per molti versi è diventata uno scherzo. Ma presto torneremo ad essere grandi».